Capitolo 21

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Come il giorno precedente, le ore a casa Marshall erano volate senza che Mina se ne rendesse conto. La leggerezza con cui riusciva a viversi quei momenti con Colin la portava a non pensare. Era tranquilla e rilassata, mentre il ragazzo le proponeva i più svariati giochi pur di farla divertire. Di nuovo, non parlarono minimamente del progetto scolastico, il loro rapporto era decisamente più importante. In realtà, dopo le scuse e qualche momento di silenzioso imbarazzo, riuscirono a lasciarsi andare senza parlare troppo. Come il giorno prima, giocarono a Jenga e a qualche ignoto gioco con le carte da poker che Colin insegnò alla ragazza, fingendosi esperto. Mina rise, tanto. Come, forse, non aveva mai fatto in vita sua. Toccò con mano la spensieratezza della sua età, e per un momento pensò che non voleva abbandonarla. Quella sensazione riusciva a inebriarla, facendola sentire leggera e libera.

L'arrivo del padre di Colin interruppe la magia. Colin non lo aspettava così presto, e per un attimo pensò fosse tardi, molto tardi, e che i due si fossero persi dietro quei momenti ludici e pieni di gioia. Paul salutò entrambi sorridente, spiegando al figlio che dopo giorni passati ricurvo sul legno, aveva bisogno di una cena con lui. Invitò anche Mina a rimanere, ma lei rifiutò. Aveva saltato la cena a casa anche la sera prima, e non poteva assolutamente rifarlo. Fu più una scusa, che Colin capì. La ragazza non si sentiva a proprio agio, non con quell'uomo mai visto, non a invadergli casa dopo una sfiancante giornata di lavoro. Salutò Paul dolcemente e uscì in fretta, accompagnata da Colin che la scortò fino alla macchina.

«Hai fatto bene a venire» disse, un po' imbarazzato. Nemmeno lui capiva il motivo di quell'imbarazzo, dopo un pomeriggio tranquillo. Erano i saluti a creargli imbarazzo, sempre. Come se non avesse mai molto da dire, come se non fosse mai abbastanza. Mina lo guardò, sorridendo appena. Le gote vistosamente arrossate, gli occhi che faticavano ancora a reggere lo sguardo penetrante di Colin.

«È stato un bel pomeriggio» ammise. Colin annuì sicuro, accarezzandole una guancia con un gesto involontario che la fece tremare. Lei non seppe come rispondere, e decise di limitarsi a un ciao sussurrato, prima di salire in auto, attivare lo stereo e mettere in moto. Colin aspettò di vederla scomparire prima di tornare in casa. Lo sguardo curioso del padre fisso su di lui, mentre quel sorrisetto sornione che sembrava sapere troppo lo investì.

«Non commentare» lo avvertì subito il ragazzo, e Paul alzò le braccia come a volersi difendere.

«Non ho detto nulla» si scusò. Colin lo guardò con gli occhi serrati in due fessure, arricciando le labbra e portando entrambe le mani sui fianchi.

«No, ma hai fantasticato, sicuramente» lo ammonì, con un indice rivolto a lui. Il padre ridacchiò di gusto, grato che finalmente il rapporto col figlio stesse migliorando. Giorno dopo giorno, riuscivano ad avvicinarsi. Una conquista dopo l'altra per Paul che, all'inizio, pensava non avrebbero mai fatto passi avanti. Il ghigno di scherno per la situazione con Mina si trasformò presto in un sorriso sincero e soddisfatto verso quel figlio che sembrava davvero essere un bravo ragazzo, di cui andare fiero.

***

«Ti sembra l'ora di tornare?» la voce adirata di Eva non aspettò nemmeno che Mina chiudesse la porta d'ingresso per travolgerla. La ragazza si ritrovò subito faccia a faccia con la matrigna, e la fioca speranza di un intervento del padre sparì nel momento esatto in cui riuscì a intravederlo, distratto come al solito, sulla sua fidatissima poltrona a leggere il quotidiano di Moonlight, come ogni sera prima di cena.

«Scusa, ho tanti progetti per la scuola. L'ultimo anno è un delirio» provò a giustificarsi Mina, toccandosi nervosamente i morbidi capelli. Eva la guardò, quell'espressione severa e imperturbabile che tanto riusciva a metterla in soggezione. Mina spostò lo sguardo in un gesto meccanico, quasi di difesa.

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