Capitolo 59

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Mina aveva pranzato sotto lo sguardo vigile del padre, che non l'aveva mollata nemmeno un attimo, attento a non sembrare troppo invadente ma appurando, con i suoi occhi, che la figlia finisse tutto. Non capitava da anni, e quella piacevole sensazione di sazietà risollevò la ragazza, che ormai da ore rideva di gusto.

«Verranno parecchie persone oggi, ma se non ti va...» azzardò il padre, premuroso e impacciato. Lei alzò un angolo della bocca, sorridendogli appena.

«Non preoccuparti, mi va» lo tranquillizzò. «La dottoressa dice che non devo vergognarmi»

«Non devi» intervenne subito Carlos.

«E non lo faccio» lo tranquillizzò ancora. «E mi va di vedere gente...». Carlos le sorrise di nuovo, liberandola da quel vassoio scomodo e ormai vuoto che la limitava nei movimenti. Lo ringraziò con lo sguardo e finì in un fiato quasi un'intera bottiglietta di acqua. Le avevano detto che avrebbe dovuto bere molto, e lei aveva deciso che avrebbe seguito alla lettera i consigli dei medici.

Quando Micol spuntò sulla porta della stanza ospedaliera, interrompendo quell'impacciato scambio padre-figlia, Mina si aprì in un sorriso luminoso. Micol, vedendola stare bene, scoppiò in un pianto liberatorio di gioia, buttandosi tra le braccia dell'amica e stringendola come mai aveva fatto prima. Vedendo le ragazze così unite, Carlos le salutò silenziosamente, felice che non si fossero mai perse, nonostante tutto. Carezzò dolcemente il capo di entrambe e le lasciò sole, ritagliandosi qualche minuto per un caffè.

«Come stai?» chiese subito Micol sciogliendo l'abbraccio e sedendosi accanto a Mina. Le strinse la mano, evidentemente bisognosa di quel contatto. Anche Mina ne aveva bisogno.

«Bene» rispose sincera. «Insomma, forse sono pazza, ma credo sia stato un bene. Avevo bisogno di toccare il fondo, o non sarei mai risalita» ammise.

Micol distolse lo sguardo, nascondendo il volto. Non voleva farsi vedere piangere e, soprattutto, voleva a tutti i costi nascondere la crescente vergogna che si faceva spazio senza nemmeno chiedere permesso. Aveva giudicato Mina così tante volte, velatamente, che faticava a guardarla negli occhi. Erano amiche da sempre, eppure in quel momento capì di non aver mai davvero compreso la ragazza. Era stata superficiale, come quel gruppetto di figli di papà che aveva criticato per anni. Era davvero tanto diversa da Wilma?

«Che hai?» chiese Mina, confusa.

«Niente» balbettò Micol, asciugandosi in fretta qualche lacrima e tornando a guardare l'amica con un sorrisino tirato. «Mi dispiace, Min» sussurrò.

«Non è colpa tua», quasi la rimproverò. Lo pensava davvero. Incolpava tante persone, ma non Micol.

«Avrei dovuto capirti... lasciarti almeno parlare».

Mina si strinse nelle spalle, mordicchiandosi il labbro inferiore, martoriato da mesi e che aveva completamente perso la morbidezza a cui tutti erano abituati.

«Fossi stata al tuo posto non l'avrei fatto. Ti avrei abbandonata molto prima di quanto l'hai fatto tu. Il tuo comportamento, come quello di Colin, sono conseguenze al mio modo di essere. Ma cambierò... davvero» promise. «Ho chiesto scusa alla Burke, ho parlato con mio padre... ho chiesto scusa anche a mia madre, e spero davvero le siano arrivate, in qualche modo. Parlerò con tutti, nei prossimi giorni...»

«Colin è stato qui tutta la notte...» bofonchiò Micol con una certa malizia nella voce.

«Sai che è nei Lupi?» L'improvviso rabbuiarsi del volto di Micol, suggerì a Mina che, sì, l'amica sapeva tutto. Micol le raccontò dell'ultimo periodo, di quanto fosse sfuggente, della lite della sera prima. Di Lip.

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