Capitolo 40

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Quel lunedì sembrava interminabile. Mina voleva soltanto uscire dall'aula e correre da Micol prima che Colin le raggiungesse, ma il noioso professore di biologia non aveva alcuna intenzione di lasciarli andare. La campanella che segnava l'inizio della pausa pranzo aveva squillato fastidiosa da ormai cinque minuti. La ragazza continuava a fissare l'orologio della classe con fare teatrale, buttando qualche occhiataccia anche a all'insegnante che, dopo pochi secondi e con ancora qualche compito da assegnare, li liberò dalla tortura.

Mina non aspettò nemmeno le ultime raccomandazioni, raccattò in modo frettoloso e disordinato tutta la sua roba e uscì dall'aula correndo. Vide l'amica ferma di fronte all'armadietto, intenta a sistemare i libri delle lezioni precedenti per alleggerire la borsa. Accanto a lei c'era Leo, con un viso inebetito e piagnucolante. In qualsiasi altro momento avrebbe aspettato che fosse sola, ma dalla mattina non l'aveva mai vista sola, e non poteva più rimandare. Mise da parte tutta la sua spocchia, avvicinandosi ai due. Il ragazzo la fissò sorpreso. Mina non si avvicinava mai, nonostante l'amicizia con Micol. A scuola i territori erano sempre stati ben separati, fatta eccezione per quelle ultime settimane precedenti alla festa, e vederla lì, con quel sorriso tirato e accomodante, lo fece ridacchiare.

«Che vuoi?» chiese Micol, fissando ancora l'armadietto. L'aveva vista con la coda dell'occhio e aveva sbuffato sonoramente. «Non ho niente da dirti, come non avevo niente da dirti ieri quando ho ignorato le tue mille chiamate» aggiunse seccata voltandosi, finalmente. Non aveva mai avuto problemi a reggere lo sguardo di Mina, l'aveva sempre sfidata in pubblico.

«Ti devo parlare, è importante» azzardò la ragazza, sperando che i suoi occhi già lucidi scuotessero quella freddezza.

«Non voglio sapere nulla. Hai una spiegazione, me l'hai già data, non mi interessa» rispose Micol infastidita dall'insistenza di Mina. La conosceva bene, sapeva che non avrebbe mollato, ma sperava che, per una volta, avrebbe rispettato la sua volontà.

«Non si tratta di me» bisbigliò allora con voce tremante. Micol scorse in quegli occhi sempre fieri, una vena di paura che la immobilizzò. Capì che qualcosa non andava quando Mina, incurante della curiosità dell'intera scuola ferma a osservarle, la prese per un braccio sussurrando a denti stretti un ti prego. Avrebbe ceduto, se non fosse arrivato Colin come un uragano a rovinare quel momento.

«Ancora implori compassione? Sparisci» ghignò sprezzante rivolto a Mina, facendo trasalire Micol e Leo che mai avevano percepito tanta cattiveria in quella voce soffice e avvolgente.

«Non sto parlando con te» ribatté Mina, provando a non farsi influenzare dal ragazzo. Lui sembrò non ascoltarla. Guardò i due amici, prendendo la mano di Micol e sganciandola dalla presa della mora.

«Andiamo, sta provando a far pena a tutti, l'ha fatto anche con me stamattina» spiegò, trascinando poi Micol che, confusa, lo seguì quasi per inerzia. Provò a fermarsi, ma la furia del ragazzo non glielo permise. Arrivarono quasi a fine corridoio prima che ci riuscì, bloccandosi in mezzo alla folla.

Mina continuò a guardarli esasperata capendo, nonostante non li sentisse, che stavano litigando. Appoggiò esausta la schiena all'armadietto appena chiuso, chiudendo gli occhi e provando a trattenere le lacrime. Sentì due mani stringerla. Era Andrew, solo lui l'avrebbe abbracciata così. Aprì gli occhi per accertarsene e il ragazzo la salutò con un bacio a fior di labbra che lei ricambiò a fatica, con gli occhi sempre puntati su Micol e Colin.

La reazione di Colin era l'ennesima dimostrazione di quanto le sue convinzioni fossero vere. Stava spacciando e non voleva che Micol lo scoprisse. Per questo l'aveva allontanata in malo modo, nascondendosi dietro la scusa del carattere pessimo di Mina.

«Deve ascoltarmi» sussurrò a sé stessa, bloccando i viscidi baci di Andrew, che la guardò con leggero disappunto.

«Io ti bacio e tu pensi a quelli?» chiese piccato. La ragazza sospirò, guardandolo male.

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