Capitolo 12

227 39 123
                                    

Dopo la discussione con Mina, la giornata scolastica di Colin era andata avanti nel migliore dei modi. Quello scambio di battute aveva risollevato e smosso l'animo del ragazzo che, finalmente, vedeva a Moonlight qualcosa di veramente interessante. Mina lo attirava, come fosse una calamita. L'aveva attirato dal primo momento, da quando le aveva rubato la borsa, da quando inaspettatamente se l'era ritrovata in casa, bellissima ed eterea come solo lei, in città, riusciva ad essere.

Quello scontro aveva catturato del tutto la sua attenzione che, durante il pranzo, faticò a star dietro alle parole incessanti di un logorroico Leo, preso a raccontare di un californiano con cui si era visto in estate e che, inaspettatamente, l'aveva ricontattato. A Colin non importava molto, non era mai stato un pettegolo, e concentrarsi su Mina sembrava certamente più interessante. La vide lì seduta, con quel suo solito sorriso tirato e annoiato, circondata da ragazze vuote che provavano a imitarla e ragazzi pompati e troppo vanitosi per apprezzarne davvero la bellezza. Colin studiò quel tavolo minuziosamente, mentre le voci intorno gli arrivavano ovattate. Era troppo concentrato su Mina, intenta a bere acqua mentre giocherellava con una mela, lasciata a metà nel piatto. Era l'unica cosa che aveva mangiato la ragazza, e questo suscitò in lui una preoccupazione fastidiosa e del tutto inaspettata. A Colin non stava simpatica Mina, e dopo la discussione di qualche ora prima la sopportazione verso la ragazza era scesa vertiginosamente, eppure qualcosa di invisibile lo attraeva. Quando la vide alzarsi, circondata da decine di persone eppure così maledettamente sola, capì che non era solo l'aspetto fisico, ad attirarlo. Erano quegli occhi vuoti e stupendi, quel sorriso finto e malinconico. Mina nascondeva un mondo che forse Colin aveva giudicato troppo in fretta, pensò mentre Leo provava a risvegliarlo dal suo torpore.

«Mi ascolti?» urlò infastidito il ragazzo. Colin ridacchiò appena, annuendo, mentre Micol scrutava ogni sua espressione, ogni suo sguardo.

«Sì, il californiano... dicevi?» rispose tranquillamente, voltandosi verso il suo nuovo amico e fingendo interesse. Gli occhi di Micol, sempre attenti e curiosi, continuarono ad osservarlo, con fare penetrante e indagatore, tanto da provocargli un disagio difficile da mascherare.

«Cosa pensi che voglia? Perché scrivermi dopo avermi detto chiaramente che sarebbe finita lì?» Colin alzò le spalle pensieroso. Non era bravo nelle questioni di cuore. Non sapeva gestire le sue, di crisi sentimentali, figurarsi dare consigli ad altri. Per questo, aveva preferito sempre rinunciare alle implicazioni, divertendosi senza troppi drammi.

«Non ne ho idea» disse semplicemente, tornando ad adocchiare il gruppetto dei ragazzi popolari che, con fare sicuro e arrogante, si facevano largo in sala mensa, finito il pranzo. Il brusio incontrollato degli studenti colmava l'intera, immensa, stanza. Erano tutti persi nei loro discorsi, ognuno con qualche problema apparentemente insormontabile tipico degli adolescenti, eppure il gruppo di Mina riusciva a catalizzare ogni attenzione, in ogni momento. Tutti li guardavano, ammirati e leggermente invidiosi. Tutti li seguivano con lo sguardo, agognando un posto tra loro.

Quando arrivarono vicino al tavolo di Colin, nell'angolo più remoto della sala mensa e adiacente all'uscita, Steve fermò quella sfilata. Colin lo vide osservare beffardo Leo. Lo derideva anche nei modi. A Steve Hamilton bastava un semplice sguardo, per far emergere tutto il disappunto e lo sdegno verso quel compagno di scuola con cui non aveva più nulla a che fare ormai da anni.

Prima di aprire bocca, Steve strinse a sé Wilma, nel solito modo appariscente e volgare che contraddistingueva la loro relazione. La baciò in modo provocante, quasi a voler infastidire qualcuno. Come se davvero qualcuno invidiasse quella coppia. Era Mina, quella invidiata. O Andrew. Steve e Wilma, d'altro canto, erano disprezzati dall'intera scuola.

Finito quel disgustoso gioco di lingue, Steve Hamilton puntò gli occhi su Leo, un ghigno fastidioso e indolente sul viso.

«Sei ancora gay?» chiese, sperando di suscitare l'ilarità di qualcuno. Solo Wilma rise, in modo sguaiato e finto.

MoonlightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora