Capitolo 13

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Margot Sullivan era una diciottenne spigliata e menefreghista. Cresciuta da Jim Nelson, aveva ricordi vaghi del padre, morto che lei aveva appena due anni, e non aveva mai conosciuto la madre, scappata di casa dopo il parto, terrorizzata dalla vita che Gordon, il padre di sua figlia, avrebbe potuto offrirle. Quando Jim aveva deciso di prendere con sé Margot, Lip aveva tre anni. I due erano cresciuti insieme, condividendo ogni prima esperienza: la prima sbronza, la prima canna, il primo furto, la prima striscia di coca, la prima volta. Margot era cresciuta accompagnata dalla certezza che lei e Lip sarebbero rimasti insieme per sempre. Che prima o poi si sarebbero sposati e avrebbero creato una famiglia tutta loro. Certezza che aveva visto crollare quando Micol Adams era entrata nella vita del ragazzo.

La storia tra Micol e Lip sembrava una fiaba. Lei, la ragazza di buona famiglia inesperta e curiosa. Lui, il ragazzaccio implicato in brutti giri, più grande e più consapevole, pronto a cambiare per amore. Margot aveva passato l'ultimo anno a boicottare quel rapporto, secondo lei pericoloso per Lip. Forse, pericoloso lo era davvero, ma Margot non era certo la ragazza altruista che voleva mostrare. Era gelosa, logorata da un'invidia che mai aveva provato prima. Una malvagia strega dell'Ovest, a cui mancava soltanto la pelle verde. Per anni erano stati soltanto lei e Lip. Per anni il ragazzo non aveva guardato nessuna. Per anni quel sogno nato in Margot da bambina, era stato alimentato. L'arrivo di Micol le aveva scombinato i piani. E Margot Sullivan odiava che qualcuno le scombinasse i piani.

«Sai, ultimamente ti vedo meglio. Raggiante» sussurrò Oliver vedendo la ragazza canticchiare di fronte all'enorme specchio che aveva in camera, coperta soltanto da un minuscolo asciugamano blu notte. I lunghi capelli mogano le ricadevano bagnati sulle spalle, mentre qualche gocciolina raggiungeva la moquette grigiastra. Margot ricambiò lo sguardo famelico di Oliver, non ancora sazio nonostante le ore passate insieme, e sorrise soddisfatta. Era davvero raggiante, ormai da mesi. Lip continuava a non considerarla, ma lei sapeva che l'avrebbe riconquistato. Sapeva che Micol non era più un problema, e che era solo una questione di tempo.

Gli occhi di Oliver, ambrati con qualche striatura verde bosco, viaggiarono sul corpo ormai nudo della ragazza, fermandosi sul dragone tatuato sulla schiena.

«Non vuoi ancora dirmi il significato?» chiese il ragazzo curioso. Lei scosse il capo decisa. Aveva fatto quel tatuaggio a quindici anni. Il suo primo tatuaggio, quello a cui teneva di più. Rappresentava Lip, il suo amore per lui, la forza di quel sentimento. Non aveva intenzione di parlarne con Oliver, l'ultima ruota nel carro dei lupi, utile esclusivamente per un piacere carnale a cui lei avrebbe rinunciato presto. Oliver era bello, dannatamente bello: occhi impastati d'oro, barbetta fintamente incolta, labbra sottili, espressione dura e un fisico da far invidia a un modello. Era così bello, che Margot sperava davvero di riuscire a suscitare in Lip la giusta gelosia, quella che l'avrebbe riportato da lei. Eppure a Lip non sembrava importare. Li vedeva insieme ed era sollevato. Finalmente Margot aveva trovato qualcun altro con cui sfogarsi. Certo, le frecciatine della ragazza a Micol non mancavano, segno che l'amore per quell'amico d'infanzia non era scomparso, ma ignorandola, Lip sperava davvero che le sarebbe passato.

«Dove vai?» chiese ancora Oliver. Margot lo guardò per un attimo, prima di concentrarsi sul guardaroba. Prese un paio dei tanti jeans neri appesi, sfilò una t shirt bianca dalla pila e raccattò i primi calzini che le capitarono a tiro, indossando tutto. L'aria era ancora calda, eppure non aveva intenzione di rinunciare ulteriormente ai suoi cari e amati anfibi.

«Ho da fare con Lip» minimizzò, facendo ridere di gusto Oliver, conscio che, quando si trattava di Lip, non c'era mai da minimizzare. Non per Margot.

«Sempre con Lip» la schernì appena, facendola voltare furiosa.

«Vuoi venire tu?» chiese lei di rimando e lui alzò le spalle. Non rispose, così continuò la ragazza, annodando i capelli in una treccia confusionaria: «Non puoi. Jim non si fida ancora, devi sgobbare» lo ammonì, tornando improvvisamente tranquilla. Il rumore di chiavi nella toppa la avvisò dell'arrivo di qualcuno in casa. Lip, senza dubbio.

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