Capitolo 49

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La notte era passata senza che Mina se ne accorgesse. Piena di euforia e di un'insensata voglia di vivere, aveva trascorso ore a ballare da sola, sudando come non faceva da giorni. Si era divertita, chiusa in quella stanza che aveva visto ogni sfaccettatura di lei. Quelle due pasticche, che sembravano quasi due pilloline magiche, l'avevano portata in cima al mondo. Si era sentita felice, appagata. I morsi della fame non l'avevano annientata. Non li aveva nemmeno percepiti, troppo presa da quell'estasi.

Aveva visto l'alba e aveva deciso che, comunque, non avrebbe tardato a scuola. Si era buttata sotto la doccia, facendosi avvolgere da quel getto caldo. Non aveva sonno, nonostante la nottata insonne. Si era vestita in tutta fretta, scendendo prima del solito per colazione.

Trovò una scena che non vedeva da tempo: suo padre seduto a tavola. Accanto a lui Eva, che fingeva di mangiare un toast mentre in realtà sorseggiava il suo solito caffè amaro.

Si sedette sussurrando un semplice buongiorno. Passò qualche secondo, prima che i due alzassero gli occhi e si accorgessero di lei. La guardarono sbigottiti.

«Che diavolo hai fatto ai capelli?» urlicchiò Eva disgustata.

«Avevo voglia di cambiare» rispose lei, noncurante. Bevve in fretta una tazza di caffè e senza ingerire nient'altro li salutò di corsa e uscì. L'idea di non tardare a scuola presto la abbandonò. Pensò a Margot, a quelle pasticche. Ne voleva ancora, non era mai stata meglio.

Sorpassò il Moonlight High School senza nemmeno farci caso. Non aveva idea di dove trovare la ragazza, non aveva il suo numero di telefono. Arrivò al lago che ormai il sole era alto nel cielo. Chiuse l'auto, raggiunse il bar, comprò la sua solita bottiglietta d'acqua e andò a sedersi sotto l'albero dove aveva trovato Steve poche settimane prima.

Iniziò ad armeggiare col cellulare. Voleva contattare Margot, così la cercò su Instagram. Non fu complicato. Senza aggiungerla, aprì il profilo della ragazza e le lasciò un messaggio privato. Pensava ci sarebbe voluto di più. Dai racconti di Micol, né Lip né Margot erano mattinieri, eppure la ragazza rispose subito. Si misero d'accordo per vedersi sull'altra sponda del lago, così Mina lasciò quell'albero, riprese la macchina e andò dove Margot l'aveva trovata il giorno precedente.

Aspettò silenziosamente, vagando sul lago con lo sguardo. Era una bella giornata, nonostante il freddo. In giro non c'era nessuno, nemmeno uno studente svogliato che aveva deciso, come lei, di marinare la scuola. Quello scorcio di città era silenzioso e deserto. L'effetto delle due pasticche stava scomparendo. Mina se ne rese conto nell'esatto momento in cui iniziò a percepire un po' di fame e una leggera stanchezza.

Non era dipendente, non aveva il bisogno fisico di prenderne altre, ma la sensazione provata quella notte già iniziava a mancarle. Voleva stare bene, voleva provare a essere felice, non le importava in che modo.

Avvertì i passi decisi di Margot, che disturbarono quel silenzio perfetto. Si voltò appena, notando subito il ghigno soddisfatto sul volto ancora assonnato della ragazza.

«Già non puoi farne a meno?» chiese divertita e gongolante, sedendosi accanto a lei. Mina si strinse nelle spalle.

«Mi piace fare beneficenza, e tu sei una a cui serve» rispose a tono, facendo sghignazzare Margot, che non aggiunse altro e si limitò a passarle una bustina simile a quella del giorno precedente. Dentro, però, di pillole ce n'erano cinque. Mina la squadrò e Margot incrociò le braccia.

«Non ho voglia di vederti ogni giorno» spiegò. «Con queste dovresti stare bene per un po'» aggiunse. Mina annuì, passandole i soldi. Nessuna delle due era preoccupata che qualcuno potesse vederle: in quel luogo dimenticato da Dio, a quell'ora, c'erano soltanto loro. «Vacci piano, comunque», continuò Margot, mossa da uno strano moto di compassione e preoccupazione, «sei gracilina, potrebbe finire male».

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