Eren's pov.
08/08/1945 - 8:40 p.m.
"Eren... sei un americano, non è vero?"
I nostri occhi a contatto risultarono passivi gli uni negli altri all'udire di quelle parole che continuarono ad echeggiare sospese nell'atmosfera per un tempo che parve interminabile.
Il battito sembrò accelerare vorticosamente quasi a volermi aprire la cassa toracica, fino a percepirne le vibrazioni fin dentro le orecchie, fino farmi seccare la gola avvertendola come carta vetrata.Rimanemmo immobili, incapaci d'affrontare una domanda tanto ardua alla quale però rispondemmo già attraverso lo sguardo, il suo, privato di ogni reattività, stanco, stanco di niente, stanco di tutto, stanco del peso di un mondo che non aveva scelto di sopportare; ed il mio, afflitto da un lancinante peso nel petto che spinse fino a togliermi il fiato, come a volermi uccidere ed io non avrei certo opposto resistenza, la collera diretta verso me stesso fu incolmabile.
Iniziò appena a scuotere il capo in un gesto di dissenso, come se non fosse stato in grado d'accettarlo, come se pronunciarlo a voce alta avesse scatenato l'inferno nella sua anima tormentata quanto innamorata.
Tutto attorno vi fu il caos, uomini che corsero da una parte all'altra in preda all'isteria ed al terrore a differenza nostra che continuammo ad osservarci riflessi uno nelle pupille dell'altro, come a voler scorgere l'ultima parte riconoscibile di quei lunghi mesi d'assuefazione.Ci spintonarono in molti, le spalle di decine di uomini si scontrarono con le nostre in un momento di smarrimento generale, i nostri corpi nonostante urtati, non vennero smossi di un centimetro, come se vi si fosse creata una bolla ovattata all'interno della quale vi soggiornarono due uomini per la prima volta messi l'uno davanti l'altro senza più maschere.
Il suo sguardo vacuo come se nulla dall'esterno gli arrivasse, la pura essenza del nulla che ti strangola dall'interno ma senza mai ucciderti, ecco che cosa scorsi dai suoi occhi appesantiti, le mani abbandonate lungo la sua figura senza l'apparente forza per reagire, per sollevarle, per controbattere, per stringermi, per toccarmi...
Solo quando entrambi riuscimmo a metabolizzare la situazione la nostra reazione fu repentina ed istintiva. Afferrammo con le stesse mani con le quali attimi, giorni, settimane e mesi prima ci sfiorammo, un fucile a testa. Ce lo puntammo addosso, le mie mani poste nel punto corretto proprio come mi insegnò, rimembrando gli attimi in cui mi avvolse dolcemente da dietro impugnandolo assieme, come ad infonderci maggiore coraggio.
Le dita mi tremarono incessantemente al punto da perdere la mira, l'incredulità e lo sgomento mi pervasero fino a rendermi privo di lucidità. Ci sbirciammo a vicenda dal mirino dei rispettivi fucili, i nostri occhi a contatto come se non si fossero mai mangiati a vicenda servendosi del corpo dell'altro in attimi fuggenti di notti proibite.
Come siamo arrivati a questo Levi? A guardarci come sconosciuti dopo esserci confessati l'inconfessabile...
Strinsi maggiormente l'arma fra le mie titubanti dita come a darmi una mossa, tutto ciò a cui presi parte sarebbe stato impossibile sotto qualsiasi aspetto fin dall'inizio, perché stupirmi tanto? Perché vacillare davanti ad un nemico pronto a sparare?
Forse semplicemente perché quel nemico infondo non è poi così nemico.Feci per abbassare il fucile ma il corvino mi precedette gettandolo a terra, la polvere che innalzò fu densa e dispersiva. Le sue mani ancora a mezz'aria si abbandonarono lungo la figura, stanche di dover continuare ad essere le artefici di tanto dolore, stanche di dover asciugare ancora una volta quel viso stremato dalla vita. I suoi occhi infossati quanto stravolti mi pregarono di farla finita, di toglierlo di mezzo una volta per tutte perché quello fu il colpo finale, la goccia che fece traboccare un vaso già colmo di sofferenze e disgrazie.
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𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪
Fanfiction𝘛𝘳𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘥𝘢𝘭 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘰: «...Voltai uno sguardo verso l'Ufficiale affianco a me, i suoi occhi duri e fissi tradirono le sue mani tremanti giunte dietro la schiena intente a stringere un rosario. Sapevo stesse pregando, lo faceva sempre prima...