Capitolo 27.

1.6K 107 100
                                    

Eren's pov.

Dopo l'ultima affermazione da parte del corvino la mia espressione s'incurvò di delusione.

Eren ma ti senti? Cosa ti è saltato in mente?
Cosa ti aspettavi rispondesse? È ovvio che non provi nulla oltre a del banale istinto animale.

Annuii quasi fra me e me, lo sguardo puntato a terra quando afferrai la maglia lanciata qualche metro oltre il letto.

Vi infilai entrambe le braccia, per poi sollevarla e imbucarci pure il capo. Con svariate manate ben poco eleganti, iniziai a stirarne il tessuto lungo tutto l'addome.

Il silenzio creatosi fu imbarazzante e a tratti intristito.

Continuai imperterrito ad affondare i canini della mia guancia interna, come per autoinfliggermi inconsciamente del male per punirmi dell'azione sconsiderata che feci.

"Eren..."
La sua voce fattasi più calma mi richiamò.
Girai prontamente lo sguardo sul suo, addosso si rimise i boxer insieme ai pantaloni, rimanendo scoperto però per tutto il busto.
Se ne restò seduto sul letto, a gambe divaricate e con le braccia che vi erano appoggiate sopra.
Abbassai lo sguardo a disagio.

"Non volevo intendere-"
Riprese.

"Ho capito, buonanotte signore"
Finii io, troppo rattristato per permettergli di finire una frase che probabilmente mi avrebbe distrutto il doppio.

Il Caporale evidentemente comprese le mie intenzioni non provando a continuare la frase, mi guardò soltanto. Si passò la mano sopra le labbra, come per asciugarsele nonostante fossero estremamente asciutte.

Afferrai la maniglia uscendo a passo svelto da quella cabina.
Mi ritrovai in mezzo al buio più totale, se non fosse stato per delle piccole illuminazioni poste sopra dei lampioncini mi sarei senz'altro perso.

Raggiunsi la mia camerata tentando di essere il più cauto e silenzioso possibile, ci mancava solo farsi beccare dai propri compagni.
Mi accasciai sotto le coperte con il viso rivolto verso il soffitto.

Perchè devi sempre essere così stupido?

La vocina nella mia testa sbucava solo ogni qualvolta vi fosse una situazione di estremo disagio, a ricordarmi di quanto poco riuscissi a capire, non era certo la più incoraggiante.

Mi girai prontamente su un lato per scacciare dalla mente quella fastidiosa coscienza, la mano sotto la guancia e il mio sguardo che iniziava a farsi lucido.

Levi's pov.

2/04/1945 - 5:25 a.m.

I primi raggi del sole li potei percepire in modo diretto sulla pelle, erano caldi e una volta posatasi adosso non facevano altro che avvolgerti e coccolarti nel proprio calore.

Mi trovavo già fuori dalla mia camera, i fatti accaduti la sera prima mi tolsero ben volentieri il sonno, rassegnandomi al fatto che non avrei chiuso occhio per le prossime ventiquattro ore.

Mi trovai a ridosso di una collinetta, proprio davanti al boschetto dove le anime dei giustiziati stavano probabilmente vagando all'impazzata e senza meta.
Guardai estasiato gli alberi e gli arbusti, nel quale difficilmente riuscirono a filtrare i raggi di luce all'interno.
Le mie golden bat in tasca e una avidamente appoggiata alle labbra, con un rivolo di fumo che vi usciva dall'estremità.

Sentii una mano poggiarmisi sulla spalla, il tocco era familiare, ma il mio corpo si smosse ugualmente in modo istintivo voltando lo sguardo dietro la mia figura.

"Che ci fai qui?"
Farlan era appena piegato, in modo da poter appoggiare la mano sulla mia spalla premuta ai piedi di un grande albero.

"Mi piace la quiete mattutina"
Risposi aspirando il giusto da far gonfiare i polmoni.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora