Capitolo 66.

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Eren's pov.

10/06/1945 - 6:40 p.m.

Il Caporale tentò di rassicurarmi con una mano tremendamente ferma ed insanguinata che mi fece scorrere lungo tutta la schiena. D'istinto lo allontanai a malo modo con uno scatto del braccio, i miei occhi ancora contaminati dalla scena ed incapaci di chiudersi si ritrovarono fissi sui suoi, vuoti e senza un'apparente lucidità.
Rabbrividii a quella vista.

Mi ripulii gli angoli della bocca con il pollice non distogliendo lo sguardo da quello del corvino, terrorizzato dall'uomo che mi ritrovai davanti.
"C-come ha potuto chiamarmi per questo?"
Gli chiesi assottigliando appena gli occhi contraendo il mio viso in una smorfia di disgusto che non fece altro che aumentarmi la nausea.

Lo vidi corrugare le sopracciglia ritirando definitivamente la mano rimasta a mezz'aria.
"Che vuoi dire? Hai già assistito a scene del genere e avresti già dovuto sparare ad un uomo, non è nulla di nuovo"
Mi rispose in modo acido e stizzito come se lo avessi offeso. L'ombra nei suoi occhi prese una sfumatura più scura di quanto mi aspettassi rendendolo tetro e deluso allo stesso tempo.

Strinsi i denti sedendomi a terra e trascinandomi di poco, lontano dalla sua figura ancora in stato di shock.
"Quell'uomo era stato accusato di molestie su bambini e ragazzi... lei mi ha portato lì per un motivo specifico, dico bene?"
Domandai sconvolto con un filo di voce nel mentre che tentai di sgattaiolare via a gattoni.

Continuò a fissarmi accigliato e nervoso.
"Non mi sembra di avertelo nascosto, ti ho subito presentato l'identità di quell'uomo"
Controbatté lui con tono sicuro.
Il mio respiro prese ad accelerare facendomi mancare il fiato.

Levi... dove sei finito?

"È un molestatore! Mi ha portato con lei solo ed esclusivamente per farlo confessare!"
Gli sbottai addosso ancora estremamente agitato, la mia voce tremò sotto i miei occhi ancora spalancati e macchiati di rosso cremisi.

"Era"
Puntualizzò l'altro ignorando volutamente la mia affermazione.
Iniziai a perdere la pazienza stringendo i denti, tentai di alzarmi incespicando nei miei stessi arti e lo stesso fece l'uomo guardandomi stranito. 

Compresi come il corvino dovesse aver avuto necessariamente due personalità distinguibili solo ed esclusivamente dalle gesta e dagli occhi, come se fossero appartenuti a due uomini completamente differenti.

"N-non la riconosco! Non mi avrebbe mai fatto svolgere un simile compito!"
Sbraitai attirando l'attenzione di alcuni sottoposti intimiditi da tutta la scena.

"NON TI HO DATO IN PASTO A QUELL'UOMO, FINISCILA!"
Rispose alzando altrettanto il tono di voce facendomi raggelare. Il suo timbro apparve aggressivo e tremendamente maturo, quella fu una delle uniche volte nel quale lo scorsi e ringraziai il cielo per ciò, perché mi fece ritirare immediatamente come avessi poggiato i piedi nel carbone ardente.

"NON È QUELLO-"

"TACI"
Mi ammonì lui alzando due dita, il necessario per zittirmi completamente, la mia bocca si serrò incapace di pronunciare altro.

"Nel mio ufficio... adesso"
Scandì bene l'ultima parola puntandomi uno sguardo da brividi, annuii a testa bassa iniziando ad incamminarmi verso il luogo ordinatomi seguito da quest'ultimo, il quale si prese la premura di richiudere la porta in metallo provocandone un forte stridio.

Una volta varcato il ciglio ed accomodatomi nel suo studio, l'uomo mi passò in modo taciturno degli asciugamani per ripulirmi il viso dal sangue fattosi ormai secco ed incrostato.
Lo vidi accomodarsi sulla sua sedia accendendosi una sigaretta in tutta tranquillità dopo essersi cambiato gli abiti precedentemente portati da un soldato.
Appoggiò gli scarponi sul tavolo sistemandosi il più comodo possibile al contrario mio, trovando la sedia scomoda come fosse stata costernata di chiodi.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora