Capitolo 79.

1.1K 94 192
                                    

Eren's pov.

26/07/1945 - 8:25 a.m.

Il sole alto ma ancora incapace d'infondere il suo pieno calore abbracciò in modo aggraziato ed accogliente tutti noi soldati già dediti al lavoro da diverse ore. Passarono parecchi mesi dall'inizio della nostra missione in Giappone e da allora tutti riuscimmo in un modo o nell'altro a dimenticare anche solo per un istante il fatto che fossimo infiltrati e che tutto all'interno di quell'enorme teatrino non fosse altro che un'ottima interpretazione del soldato modello.

Io ed i ragazzi del gruppo 12 aspettammo pazienti l'arrivo dei camion colmi di prodotti alimentari da scaricare, quando io ed Armin fummo richiamati da un soldato per ordine del Generale Smith. Ci scambiammo un'occhiata che bastò a sostituire mille parole, i suoi occhioni tendenti all'ingiù scivolarono sui miei prima ancora che il ragazzo davanti a noi pronunciasse il nome del mittente.

"Accidenti, cosa pensi sia accaduto adesso?"
Chiesi a metà strada, le mie braccia riposte sulla nuca tentando di stirare i miei muscoli indolenziti dalla notte appena passata. Notai con rammarico come le nottate passate nella mia camerata finissero per farmi svegliare inevitabilmente con torcicollo e mal di schiena, al contrario di quelle trascorse assieme al Caporale, dove il mio risveglio venne sempre inaugurato dal dolce profumo di quell'uomo per cui avrei donato tutto me stesso.

Il biondo che continuò a guardare davanti a sé, corrucciò lo sguardo iniziando ad assumere un'espressione di completa concentrazione, gli occhi appena assottigliati.
"Non ci chiama mai assieme se non per questioni d'estrema importanza"
Asserì stringendo la mandibola sotto la morsa dei suoi denti in un evidente gesto di preoccupazione.

Guardarlo in quello stato tanto fermo quanto angosciato finì per agitare anche me, che nel riportare lo sguardo al terriccio mi afferrai fra i canini lembi di guancia in un chiaro segnale di un'abitudine compulsiva.
Raggiungemmo l'ufficio di Erwin nel giro di un minuto, lasciando al biondo l'onore di bussare all'interno. Il suo modo spigliato nei confronti del Generale negli ultimi tempi mi fece storcere il naso. Non che ne fossi stato geloso, che Armin fosse il suo pupillo era ben noto a tutti, ma non riuscii a decifrarne l'entità.

"Prego entrate soldati"
Ci accolse con voce calma e carezzevole.
Ubbidimmo scorgendolo seduto al di sopra della sua poltrona, le mani poggiate lungo i braccioli.
"Vi devo parlare"
Continuò fissandoci con i suoi occhi glacialmente fermi.

Avanzammo fino a raggiungere la distanza di un metro dalla scrivania, entrambi con schiena diritta, sguardo fermo e mani giunte dietro la schiena. Nonostante la mia apparente stabilità, un magone prese a farsi spazio nel mio petto rendendomi difficoltoso persino deglutire.

"Ho diverse questioni da riferirvi, quindi prego, riposo soldati"
Ci intimò l'uomo, che nonostante la pacatezza nelle sue parole non mancò di rigidezza nella postura e nello sguardo.

Che sta succedendo?

Puntai uno sguardo al mio compagno sulla sinistra scorgendolo ombrato in volto, i suoi occhi esageratamente grandi apparvero infossati e di un blu di Prussia che mi fecero rabbrividire.

Possibile io sia sempre l'unico fra i tre a non capire che cosa stia accadendo?

"Eren, tu non ne eri a conoscenza, ma il sedici luglio nelle basi di Alamogordo, in Nuovo Messico, hanno testato il prototipo di una bomba... una bomba a plutonio"
Iniziò l'uomo come se stesse descrivendo un fatto di cronaca, dalla sua intonazione o mimica non lasciò trasparire alcun tipo di pensiero soggettivo o emozione, nulla della sua figura riuscì a suggerirmi cosa tutto ciò avesse voluto dire.

"U-una bomba a plutonio?"
Domandai volgendo uno sguardo distratto al ragazzo affianco a me che immediatamente reclinò il capo verso il basso. Corrugai le sopracciglia iniziando a comprendere di che cosa si fosse trattato.
"Stiamo parlando di una..-"
Non riuscii a terminare la frase che Armin mi precedette, i pugni stretti lungo la sua figura e gli occhi chiusi a tal punto da corrugargli le palpebre, la sua gamba destra prese a muoversi in un tic sempre più nervoso.
"Una bomba atomica, stiamo parlando di una bomba atomica"
Spuntò infine tutto d'un fiato. Continuai a puntare i miei occhi terrorizzati quanto sconvolti sulla sua figura, mi sporsi appena verso di lui.
"Che cosa significa?"
Domandai con aria distaccata, la mia mano andò a serrarsi sul braccio gracilino del soldato, sentendo il labbro inferiore tremarmi involontariamente.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora