Capitolo 70.

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Levi's pov.

30/06/1945 - 9:15 p.m.

"Domani?"
Chiesi senza esternare apparente stupore, le mie braccia conserte fecero in modo da attenuare il mio accentuato tremolio lungo gli arti. Le mie dita intente a stringere la stoffa della divisa in una stretta spasmodica.

"Sì, abbiamo pensato sarebbe stato meglio affrettare il tutto, se non firmeremo un armistizio, ci servirà allora recuperare posizione in prima linea"
Mi spiegò il Colonnello con un tono di rammarico e sguardo tendente al basso.

Annuii comprensivo, sapevo di cosa stesse parlando, la mia fama come stratega era ormai famosa in tutto oriente e non sarei certo riuscito a sfuggire al fronte ancora a lungo. Temporeggiammo anche troppo negli ultimi mesi, comprendendo in quel momento di non aver altra scelta se non quella di eseguire. Non avremmo vinto la guerra, ma sicuramente ci saremmo potuti distinguere per la determinazione e valore.

A che scopo continuare ad uccidere ed essere uccisi se la conclusione sarà sempre la stessa?

"Avete avuto notizie della Marina Imperiale?"
Domandai dopo qualche secondo di silenzio, il mio sguardo fisso su tutti gli uomini lungo la tavolata all'interno della struttura adibita alle assemblee. Capii solo in quel momento quanto potere esercitasse Yamamoto da quella poltrona, capotavola del Mondo, tutti i punti focali riportavano a quella mastodontica sedia posta il più lontano possibile dalla porta d'ingresso.

Passarono una manciata di secondi prima che qualcuno prendesse parola, gli sguardi di tutti si distolsero in automatico dal mio come per evitarmi, omertosi di dispiacere e timore.
"Non ancora signore"
Mi rispose un Tenente con tono fermo e deciso, nonostante riuscii a scorgergli notevole disagio nel rispondermi.

Apprezzai la sincerità dell'uomo ricambiando lo sguardo in modo comprensivo ed annuendo, conoscevano la mia intimità con il biondo, e proprio per quella consapevolezza rimasero sempre molto cauti nel riferirmi determinate notizie.

"Mi farete sapere se avrete notizie"
Riferii in tono risoluto trascinando indietro il trono adornato da responsabilità in un suono cupo che rimbombò in tutta la stanza. Mi alzai aiutandomi con le mani poggiate al tavolo in grado di far cessare temporaneamente il tremolio.

Ero un Caporale, non sarei mai finito a combattere faccia a faccia con un altro uomo, al contrario, sarei stato colui che avrebbe preso le decisioni, che avrebbe attuato le strategie migliori per portare alla vittoria i miei soldati, ma ciò non significava comunque un'immunità dalla morte, ne avrebbe solo rallentato l'arrivo.

Uscito dalla sede mi precipitai nella mia cabina con l'intento di preparare il borsone con all'interno gli oggetti di prima necessità, ma come arrivai con passo frenetico, venni destabilizzato dalla figura sorridente del moro intento ad aspettare la fine della mia riunione, per lo spavento sobbalzai appena, tentando di nascondere invano il mio nervosismo che si fece ben notare dalle mie mani tremanti.

"Caporale, la stavo aspettando"
Mi accolse il ragazzo con entrambe le mani giunte dietro la schiena e sguardo innocente in volto, come se non avesse aspettato altro che quel momento in tutta la giornata.
Ricambiai lo sguardo in modo rammaricato, storsi le labbra per il disagio. Come avrei potuto riferirgli uno stravolgimento tanto repentino?

Presi un corposo respiro studiando i suoi occhi e scorgendoli più belli del solito sotto la luce lunare della notte.
"Seguimi dentro, ti devo parlare"
Iniziai non scomponendo la mia figura. Se vi era una cosa che appresi durante quegli anni, era sicuramente la capacità di autocontrollo in situazioni delicate, non vi era spazio per dei sentimentalismi in quei luoghi e riuscii capirne ben presto il perché.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora