Capitolo 5.

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Giappone - 10/03/1945                  12:15 a.m.

Levi's pov.

La frase che pronunciò quel soldato tedesco mi fece uno strano effetto segnandomi particolarmente.
Non era l'unico a sentirsi morto dentro come persona, non mi sentivo vivo da troppo e quel colpo basso per quanto mi fece infuriare, d'altra parte mi fece anche percepire un'insolita scarica d'adrenalina.
Ci ragionai parecchio arrivando alla conclusione che fosse proprio quel ragazzo a farmi uno strano effetto.

Ci addestrammo, ma solo metà giornata dato che l'altra metà l'avremmo passata a scaricare della merce importata.

Mi stavo dirigendo ai camion portamerci quando una voce fin troppo fastidiosa mi fermò.
"Signor Ackerman, la prego, posso rubarle qualche minuto?"
Mi voltai con disinteresse sapendo già chi avrei avuto davanti.

"Siamo molto impegnati Generale come può ben vedere, ma va bene, le concederò parte del mio tempo"
Risposi ad Erwin.

"Per caso stamattina abbiamo detto qualcosa che non le quadrava?"
Iniziò con fare volutamente ingenuo, sapeva fosse una strategia da cani e non riuscivo a comprendere il perchè appoggiasse una tale stupidaggine, lui non ne avrebbe tratto vantaggio, non riuscivo a capire.

Guardai il camion e gli uomini che ne stavano lavorando attorno.
"Soldati torno subito, voi continuate con il vostro lavoro"
Annuirono senza alzare il volto, dediti al loro incarico.

Afferrai il braccio del tedesco portandolo pochi passi più avanti.
"Le parlo francamente, lei non mi piace, non mi convince e non mi fido, sa bene che la strategia da voi stamane adottata è una gran puttanata e non mi venga a dire il contrario perché so riconoscere l'efficienza di un Generale quando la vedo, e questa non è la sua, di conseguenza mi dica cosa sta cercando di fare perché in caso contrario lo verrò a sapere da solo."
Gli sputai tutto addosso non distogliendo lo sguardo dal suo nemmeno per un secondo.

"Ma lei sa parlare benissimo il tedesco, mi permette?"
Fu l'unica cosa che riuscì a rispondere sorridendomi.

"Che vada al diavolo"
Gli augurai in modo pacato per poi tornare a lavoro.

Eren's pov.

Mi trovavo nell'ala ovest, stavamo sistemando dei documenti, purtroppo i soldati erano costretti a fare anche quello, non era solo un corpo a corpo continuo.
Trovai poi delle lettere in dei cassetti.

Levi Ackerman
La scritta prendeva un piccolo spazio in alto della busta, una bella calligrafia, avrei giurato fosse stata di una donna, ma donne capaci di scrivere ce ne erano ben poche.

Levi...
È un nome ebraico, eppure è di origini giapponesi..
Pensai, quell'uomo non ci riferì mai il suo nome e il fatto che io riuscii a scoprirlo da solo mi elettrizzò parecchio.

Mi guardai intorno, tutti erano indaffarati dai loro compiti, così decisi di sbirciare all'interno.
La lettera iniziava con una data.

Caro Levi,
Il lavoro che stai affrontando ora non è facile, anzi, è uno dei più difficili affidati ad un uomo solo, che in fin dei conti così solo non è. Hai una squadra di uomini pronti a servire il Paese e non sai quanto orgoglio provi verso i tuoi confronti. Non preoccuparti di niente, svolgi il tuo lavoro meglio che riesci, tua madre ne sarebbe fiera e vorrebbe vederti il più tardi possibile.. lo sai com'era d'altronde.
So che stai facendo un fantastico lavoro e so di non dirtelo spesso, ma sono fiero di te e in qualunque modo la storia andrà a finire io ti supporterò.
Fin da piccolo volevi essere colui che avrebbe rivoluzionato il mondo, e sono sempre più convinto che possa essere così.
Ricorda sempre: non preoccuparti di come andrà, la storia la scrivono i vincitori, qualsiasi cosa verrà detta sarà sempre storpiata e viverla in prima persona è la cosa principale. Buona fortuna ragazzo mio.
- Kenny

Non capii molto della lettera, ma d'altronde non era mia e sopratutto non ebbi nemmeno il permesso di leggerla, misi tutto a posto velocemente e richiusi il cassetto. Non erano affari miei, ma nella mia mente iniziò a presentarsi l'immagine del Caporale da bambino, intento a sognare in grande e da una parte ne ebbe tutto il diritto se poi si andava a vedere fin dove fosse arrivato.

"Eren, vieni ad aiutarci con questi scatoloni?"
Chiese Reiner con una leggera nota di fatica sul ciglio della porta, per poi proseguire verso una stanza che era l'archivio.

Tornai alla realtà.
"Sì certo, sto arrivando"
In quel periodo mi sentii fin troppo sovrappensiero e non era una cosa ammissibile, eppure più mi raffiguravo l'immagine di quell'uomo dai mille sogni in testa, più una morsa mi stringeva tutto il petto, li stavamo imbrogliando e io mi sentii immancabilmente perdere fiato.
Un attacco di panico mi pervase facendomi respirare in modo pesante.

Mi appoggiai con la schiena al muro, ci avevano già insegnato a gestire certe situazioni, ma delle sensazioni mai provate prima si insinuarono in me rendendomi terribilmente debole.

"Jeager, cosa diamine stai facendo?"
Vidi il corvino affacciarsi dalla porta, io ero in un momento estremamente delicato, lo vidi corrugare le sopracciglia.

"Jeager?"
Chiese per la seconda volta entrando in stanza.

Lo guardai negli occhi e ancora più sensi di colpa iniziarono a pervadermi, non ero una persona cattiva, non capivo perchè finii per essere coinvolto in una situazione del genere, la guerra nemmeno mi piaceva.

"D'accordo respira ora"
Mi riportò alla realtà.
Mi teneva le spalle con decisione e più mi parlava e più le sue parole mi arrivavano ovattate.

"Porca troia"
Lo sentii imprecare in giapponese.

Mi sostenne per i fianchi accompagandomi a terra, si accovacciò affianco alla mia figura, mi prese il viso con una mano e lo girò nella sua direzione senza troppa grazia.
Vidi tutti puntini neri offuscarmi la vista, fu una sensazione terribile.

"Stai avendo un attacco di panico Eren devi respirar-"
Non lo feci finire, forse troppo incosciente per capire.

"Lei si ricorda il mio nome.."
Dissi debolmente.

L'uomo affianco a me smise di parlare accennando un lievissimo e brevissimo sorriso mettendomi una mano fra i capelli.

"Sei il ragazzo che per qualche minuto mi ha fatto sentire vivo, come potrei dimenticarmene il nome?"
Aggiunse poi guardandomi negli occhi.

Gli sorrisi di rimando iniziando a calmarmi iniziai a fare respiri profondi.

"A me nemmeno piace la guerra"
Dissi dopo qualche secondo di silenzio snervante.

Lo sentii sbuffare sarcasticamente.
"Che bel paradosso soldato"
Mi disse in modo scherzoso.

Appoggiai la nuca al muro dietro e risi debolmente, il pomo d'Adamo si accentuò parecchio.

"Quanti anni hai Eren?"
Mi chiese poi, mettendosi affianco a me, con la schiena appoggiata al medesimo muro.

Mi voltai verso la sua direzione.
"Ventidue signore"
Risposi cercando di riprendere la serietà di un soldato.

Lui annuì in modo consapevole abbassando lo sguardo.
"È normale tu voglia fare altro nella vita a quest'età, ma purtroppo siamo qui, non possiamo di certo tirarci indietro."
Mi rispose.

Sapevo che quello che disse fosse la verità, ma lo trovai così ingiusto.

"Caporale, la ringrazio davvero tanto per... si insomma, prima"
Mi vergognai parecchio a dirlo a voce alta.

Ci alzammo.
"Capita spesso?"
Chiese neutro.

"N-no in realtà no"
Risposi grattandomi la nuca.

"Ed è successo per caso ora?"
Chiese più preciso.

"In realtà..-"
Iniziai.

"Caporale! È arrivata la nave cargo!"
Un soldato si affacciò alla porta.

Vidi le sopracciglia del signor Ackerman alzarsi leggermente in segno di attenzione, non mi calcolò minimamente uscendo dalla stanza.

Storsi impercettibilmente la bocca.
"Mh.. bene"
Dissi fra me e me, facendo oscillare le braccia in modo imbarazzato una volta solo in stanza.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora