Capitolo 44

1.2K 96 97
                                    

Levi's pov.

10:28 p.m

Varcammo la porta della mensa senza dare troppo nell'occhio, sapevo quanto avessimo rischiato parlando così apertamente, non potevamo permettere di farci cogliere in un momento tanto delicato a parlare di simili argomentazioni, non in quel periodo tanto difficile.

Raggiungemmo la sua camera poco distante dalla mia, il buio avvolgente iniziò ad insinuarsi fin dentro le abitazioni donando un'aria scura e malinconica al campo. Arrivati davanti alla sua porta, il biondo riuscì a mala pena ad inserire le chiavi all'interno della serratura da quanto gli tremarono, gli puntai uno sguardo preoccupato tentando di scorgerne qualche indizio per poterlo aiutare, ma nulla, il suo sguardo apparve vacuo e vuoto come il fondo di una bottiglia.

Mi sentii un peso sul petto, in quel momento mi ritornò alla mente la prima spedizione al fronte che dovemmo affrontare, il sangue che schizzava a fiotti dalle teste esplose dei soldati, l'odore nauseante che penetrava all'interno delle narici provocato dalla carne viva e il suo sguardo perso e distaccato, per quanto fosse un uomo allegro e senza preoccupazioni era allo stesso modo delicato e sensibile e certi traumi si portano dietro fino alla fine dei propri giorni, lo sapevamo bene.

Gli presi le chiavi dalle mani inserendole al posto suo, non lo feci con prepotenza ma con decisione, come a fargli comprendere che non era da solo e che non avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi come fosse stato l'ultimo uomo sulla Terra.

Una volta in camera mi accorsi che il soldato di quel pomeriggio obbedì ai miei ordini portando i bagagli nella sua stanza ed ordinandoli in modo impeccabile affianco al letto, tirai un sospiro di sollievo, non mi sarei dovuto infuriare per una volta e ne fui piacevolmente sorpreso.
Nel frattempo l'uomo raggiunse il suo giaciglio sedendovi sopra in modo sconnesso, come se non si fosse reso conto di dove realmente fosse e io lo affiancai cautamente tentando di non svegliarlo in modo brusco dalla sua realtà distorta.

"Ti va di raccontarmi che cos'è successo?"
Tentai con un approccio calmo e rassicurante, non mi era semplice assumere quello specifico tono, ma con gli anni imparai a regolare la mia voce in modo manipolatore e calcolatorio.

L'uomo mi guardò traendo un corposo respiro che gli gonfiò il petto e gli portò il capo leggermente indietro.
"Eravamo sulla nave, sembrava stesse andando tutto per il meglio, avevamo appena ricevuto l'ordine di rientrare in patria dopo neanche un mese, era un sogno."
Iniziò lui puntando lo sguardo verso le sue mani, erano tremanti e intrecciate fra loro, come avessero voluto reggersi l'una all'altra per infondere maggiore forza.
Lo ascoltai attentamente e senza interromperlo, per un attimo mi venne istintivo pure trattenere il fiato da quanta preoccupazione avessi che qualsiasi passo falso lo avrebbe fatto smettere.

"Eravamo quasi fuori dalla linea di tiro quando un soldato ha iniziato a dare di matto, Levi avresti dovuto vederlo, era come impazzito, aveva addosso una giacca pesante che scostò poco dopo..."
S'interruppe stringendo i denti, non avevo bisogno di finire di sentire il racconto per intuire che cosa successe, ma decisi ugualmente di lasciargli il tempo per spiegarmi e realizzare una volta per tutte, perché sì, la prima parte per superare un trauma è metabolizzarlo, e non sicuramente tenerselo dentro come un veleno silenzioso che ti logora all'interno.

"Si è tolto la giacca mostrando un intreccio di fili e luci ad intermittenza, ho capito subito di cosa si trattasse."
Solo in quel momento mi rivolse uno sguardo, lo squadrai, questa volta ne riconobbi la sua solita lucidità, vi era solo stanchezza all'interno, come se fosse stato esausto di tutto quello che vide, come se i suoi occhi non potessero reggere ulteriori immagini per quella giornata ed io annuii comprensivo.

Avrei voluto fermarlo dal continuare ma non feci in tempo a riferirgli nulla che riprese a parlare.
"Era chiaro si trattasse di una bomba, l'uomo si sarebbe fatto esplodere, ed ha aspettato il momento esatto, quando fossimo stati fuori dalle linee di tiro, si è preso la premura di raggiungere la mia cabina, quella dell'Ufficiale per farsi esplodere."
Avrei voluto davvero farlo smettere, sapere quelle cose era sempre distruttivo, frantumava l'animo pensare come ci fosse un uomo ritenuto tanto sacrificabile da addossargli una miriade di bombe e farlo esplodere in modo così semplice e sbrigativo.

𝘼 𝘿𝙖𝙣𝙜𝙚𝙧𝙤𝙪𝙨 𝙂𝙖𝙢𝙚 ➢ 𝘌𝘳𝘦𝘳𝘪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora