Inesorabilmente Noi

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Hai le braccia in cui voglio morire e gli occhi in cui voglio abitare.

«Bea, sei pronta?» urlò Harry dalla cucina.

Odiavo quando qualcuno mi metteva fretta, anche perché ero solita non essere mai in ritardo, e non lo ero nemmeno in quel momento.

Harry, invece, era un eterno ritardatario, ma quando si trattava di qualcosa che lo interessava particolarmente, come il basket, doveva essere sempre in anticipo.

«Un secondo! - urlai esasperata - mi dai almeno il tempo di mettere i pantaloni, o vuoi che esco senza?».

«Ok» concluse sbuffando.

Sette minuti d’orologio dopo eravamo fuori dall’appartamento di Harry, che sfrecciavamo verso la palestra a bordo della sua auto, sulla quale adoravo viaggiare ogni volta di più. Amavo tutto di quella macchina, non solo perché era la macchina dei miei sogni, ma perché anche quella parlava di lui. 

Adoravo l’odore che m’investiva ogni volta che mi sedevo sul sedile del passeggero, adoravo il piccolo portachiavi a forma di nave che pendeva dallo specchietto retrovisore, ma la cosa che adoravo di più era vedere lo sguardo di Harry alla guida; impazzivo per quella sua espressione concentrata sulla strada, assorta e pensierosa.

Anche quella volta non potei fare a meno di osservarlo.

Gli si era formato un cipiglio sul volto, come se stesse pensando a qualcosa in particolare, qualcosa che lo preoccupava.

«Che hai?» gli chiesi, quasi senza pensarci.

«Cosa - si girò di scatto verso di me, come se lo avessi appena svegliato da un sogno - ah, stavo pensando che ora conoscerai molti dei miei amici».

«Sei preoccupato?».

Non avevo effettivamente pensato al fatto che avrei conosciuto i suoi amici, ma in quel momento la cosa cominciò a preoccuparmi. Non sapevo se sarei piaciuta ai suoi amici e, sicuramente, non si sarebbero mai aspettati un tipo come me accanto al loro amico.

Ma soprattutto, quanto aveva parlato di me a loro?

«Ei - mi sentii chiamare, mentre sentivo la mano di Harry, prima sul cambio, poggiarsi sulla mia - non ti mettere idee strane in testa. Stavo solo pensando alla reazione che avranno vedendoti arrivare con me. Diciamo che non sono abituati a vedermi arrivare in compagnia».

«Ah, ok» risposi, facendogli un sorriso.

Non potevo però potevo evitare di far formulare al mio cervello mille domande senza risposta, mille dubbi che non potevo risolvere.

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Ci fermammo davanti ad una palestra, che aveva un piccolo cortile sul davanti, con aiuole piene di fiori colorati. Scendemmo dalla macchina e Harry venne subito verso di me e mi prese per mano, portandomi verso il campo da gioco poco distante da noi.

M‘irrigidii leggermente quando vidi dei ragazzi scambiare qualche palleggio ed iniziare a riscaldarsi. Ridevano e scherzavano, rubandosi la palla come dei bambini, ma in fondo tutti i maschi restavano bambini, almeno un po’.

Non potei fare a meno di ridere a quella scena, e notai lo sguardo di Harry posarsi su di me. Mossi il mio sguardo verso di lui e lo vidi guardarmi sorridente.

«Vieni, ti presento i ragazzi» disse portandomi verso di loro, senza mai lasciare la presa della mia mano.

«Ragazzi!» urlò Harry una volta arrivato al centro del campo, dove ancora gli altri si stavano riscaldando.

Non Passerai//H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora