Brunch

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"Speciale è chi ti prende per mano e, nonostante tu ogni giorno gli dia mille motivi per lasciarla, ogni giorno la stringe un po' più forte."

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Agne Rumi

Trascorsi le cinque ore di sonno più rigeneranti della mia vita, mi sentivo nuova, sveglia, ma soprattutto felice.

Stanotte l'avevo sognato, ma questa volta il sogno era magnifico e mi ero sembrato così reale, che al sol pensiero mi venivano i brividi. Eravamo nella casa dove c'eravamo baciati, seduti sul prato e facevamo un picnic su un classico telo a quadri bianchi e rossi. Sembravamo proprio una coppia: due persone che si amano incondizionatamente, che si sacrificherebbero l'un l'altro. Forse il mio risveglio era stato così dolce grazie al sogno.

Mi girai nel letto, Elis era accanto a me con il suo viso angelico, ancora addormentato, così le feci una carezza e lei iniziò a stiracchiarsi.

«Oggi è il gran giorno» disse ancora assonnata, come fosse una cantilena.

«Mi sa di si» sorrisi.

Poco dopo eravamo già pronte e scattanti.

Avevamo un abbigliamento molto più confortevole, molto vicino al mio stile di vita: jeans stracciati e una semplicissima T-shirt colorata. Prendemmo l' Audi TT di Elis, ormai familiare, e sfrecciammo per le strade, ancora deserte, della New York domenicale.

Arrivammo poco dopo davanti alla villa, che quel giorno aveva un aspetto notevolmente diverso rispetto a come la ricordavo, forse perché l'ultima, e unica volta, in cui ero venuta era di sera. La casa mi sembrava più vissuta, o forse la vedevo in modo diverso perché avevo la consapevolezza di cosa mi aspettasse.

Ormai conoscevo le persone presenti e sapevo come comportarmi, così entrai in casa con disinvoltura e notai che era più arredata della volta precedente: un enorme tavolo di legno scuro ricopriva quasi interamente il salotto. Piante e tende bianche rendevano l'ambiente più confortevole e luminoso.

«Bea, io vado in cucina. Potresti andare a posare le giacche nella camera al piano di sopra?» chiese Mara gentilmente, mentre invitava Elis ad accompagnarla in cucina.

«Certo zia!» dissi radiosa.

Salii le grandi scale di parquet e arrivai in un lungo corridoio, che ospitava almeno cinque stanze. Non sapevo in che stanza poggiare le giacche, ma istintivamente mi fiondai sulla prima porta disponibile.

Aprii e raggelai.

Vidi due sagome che si muovevano indistintamente sul grande letto a due piazze che occupava la stanza.

«Scusate, non volevo disturbare. Cercavo la stanza dove posare le giacche» dissi, distogliendo subito lo sguardo.

«Bea! Allora sei viva!» disse una voce inquietamente stridula.

Mi voltai di scatto, sperando di non vedere chi mi aspettavo.

Speranze vane: Harry e Amber erano distesi nel letto, non più avvinghiati. Il primo mi guardava scioccato, il suo sguardo era mortificato e sorpreso di vedermi, mentre la seconda aveva sul volto un ghigno soddisfatto.

«A quanto pare».

Non riuscivo a guardare Amber, il mio sguardo sdegnato era rivolto verso quello che fino a qualche minuto fa ritenevo il mio futuro ragazzo. Harry mi guardava ancora con gli occhi sbarrati, sicuramente non si aspettava di poter essere interrotto, soprattutto non da me.

«Sono contenta che tutto si sia risolto» disse Amber, con tono palesemente falso.

«Anche io sono contenta per te» dissi guardando Harry e ricambiando il tono falso di Amber.

Non Passerai//H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora