Distanze

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A volte non ti rendi conto di una cosa fino a quando l'evidenza non ti si presenta davanti. A volte fingi che una cosa irreale fino a quando la realtà non è proprio davanti ai tuoi occhi.

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Harry se ne stava immobile sulla porta, vicino alla quale eravamo sedute io ed Elis. Aveva lo sguardo rivolto verso di me, ma era come se il suo sguardo fosse fisso nel vuoto, in quel punto indefinito dove tutti i pensieri vengono racchiusi. Era come se il suo sguardo stesse al centro del suo corpo, cercando di leggere il cuore, cercando di controllarlo, di trovare una risposta.
Era come se la stanza fosse caduta nel silenzio, come se tutto intorno a noi fosse sfocato, come se fossimo soli, soli insieme.
«Io..» tentai di iniziare un qualche discorso, ma non avevo niente da dire.
La verità era che non avevo pensato alla mia partenza fino a pochi minuti prima, non avevo ancora realizzato che le settimane fossero trascorse così velocemente, e che era arrivato il momento di andare. Quando ero arrivata, poche settimane prima, non vedevo l'ora di tornare a casa, in Italia, perché questo posto mi provocava un dolore irreparabile, dolore che ora avrei riprovato lasciando New York.
«Allora ragazzi! Siete pronti a salutare i vostri amici?».
Niall era entrato dalla porta, superando Harry come se niente fosse, ma in effetti lui non sapeva che attorno a lui il tempo si era fermato, lasciandoci immobili. Non ricevendo risposta Niall si mise vicino ad Elis, cercando il suo sguardo in cerca di una spiegazione.
Avrei veramente voluto che Harry mi urlasse contro, che se la prendesse con me per non aver pensato al domani, e invece restava ancora immobile, ed era insopportabile.
Mi alzai dalla sedia, non potendo più sostenere il suo sguardo, e lo raggiunsi.
«Io avrei..» provai a dire, ma Harry alzò una mano verso di me, come a fermarmi.
«Lo capisco».
«Cosa?» gli chiesi, confusa.
«Dovevo immaginalo che saresti dovuta partire, ma forse non volevo accettarlo, non volevo pensarci. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato».
Quelle sue parole furono quasi più dolorose di uno schiaffo, perché mi sarei aspettata mille possibili scenari di quel momento, ma quello proprio no. Non capivo se quelle parole fossero sincere o meno, se volesse solo tranquillizzarmi o forse l'aveva messo già in conto da tempo.
«Quindi che faremo?» domandai, spaventata dalla sua apparente tranquillità.
«Bea - disse il mio nome quasi ridacchiando - se sei convinta che ti lasci andare di nuovo così facilmente, ti sbagli. Cercheremo di conciliare le cose, cercheremo di sopportare la distanza. Troveremo una soluzione, come sempre».

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Stavo mettendo le mie ultime cose in valigia.
Eravamo tornati da quasi due ore al Four Season, subito dopo aver salutato i due novelli sposi diretti in Thailandia; e mentre loro se ne stavano nella prima classe di un aereo con un bel cocktail fresco in mano, io ero accovacciata sul freddo pavimento della mia camera, cercando di far entrar tutto in valigia.
Ero sola, ma, nonostante questo, tentavo di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi. Harry aveva preso la mia partenza meglio di quanto avrei creduto, e non sapevo se questo mi faceva realmente piacere.
Come al solito il mio cervello viaggiava più veloce della luce, creando tutti gli scenari futuri possibili. Ormai mi ero abitata a conviverci, ero consapevole che il mio cervello era stato tarato male. Faceva viaggi interminabili, assurdi e talvolta impossibili.
«Sei pronta?».
Mi voltai e trovai Harry che mi sorrideva timidamente, come se volesse capire cosa mi stesse passando per la testa, come se mi stesse studiando.
«Si, ho quasi finito» conclusi senza guardarlo oltre.
Il suo sguardo mi faceva male, perché ero consapevole che da lì a poche ore non l'avrei rivisto più per parecchio tempo.
Cercai di concentrarmi sulla camera, sulle cose che mi erano attorno; il letto dove avevo fatto l'amore, la prima volta dopo tanti anni. Voltai il mio sguardo verso il divano, quello che aveva suggellato il nostro incontro e la sua scioccante rivelazione. Non avevamo passato tanto tempo in quella camera, ma ogni istante era stato magico, ogni istante l'avrei portato nel mio cuore per il resto della mia vita. Grazie a quella stanza avevo ricominciato a respirare, a vivere.
Poco dopo salii sulla sua macchina, mentre Harry silenziosamente poggiava la valigia nel portabagagli. Eravamo ormai diretti all'aeroporto, e questa volta non sarei tornata indietro, sarei tornata in Italia, lontano chilometri e chilometri da lui. Non volevo partire, nemmeno una cellula del mio corpo voleva farlo ma avevo dei doveri, non potevo lasciare la mia vita in Italia da un giorno all'altro.
Cercai di assimilare ogni particolare e ogni odore durante quel viaggio. Guardai fuori dal finestrino cercando di imprimere nella mia mente tutti le vie, i negozi, tutte quelle cose che sapevano di noi.
Non avevo bisogno di fare la stessa cosa con Harry, non avevo bisogno di tenermi a mente le sue espressioni, i suoi sguardi e i suoi sorrisi, perché quelli vivevano in me. Era rimasto nella mia mente e nel mio cuore per anni senza che riuscissi a scacciarlo, pur desiderandolo con tutta me stessa.
Mi voltai comunque verso di lui, anche se faceva male, anche se era così insopportabile da farmi quasi lacrimare gli occhi. Non avevo avuto davanti gli occhi Harry per tre anni, ed era stato insopportabile, ma lo sarebbe stato di più in quel momento, quando avevamo entrambi esternato i nostri sentimenti, quando eravamo certi che il nostro amore non fosse finito.
Nei tre anni che erano trascorsi avevo sempre pensato di essere l'unica dei due a soffrirne ancora, per questo mi ero rassegnata ed avevo accettato quel dolore, quel vuoto che riempiva il mio cuore. Ma in quel momento non era più così; era cambiato tutto.
Sentii la mano calda di Harry sulla mia, mentre i miei occhi erano ancora fissi sul suo viso angelico. Harry non era solo bello, la bellezza non era la sua migliore qualità; era quello che i suoi occhi ti dicevano a renderlo unico, erano i suoi difetti a renderlo inimitabile, era il suo cuore a renderlo unico.
«Siamo arrivati» mi disse, e per la prima volta sentii la sua voce incupirsi.
Non mi ero resa conto che la macchina si fosse fermata, non mi ero resa conto che eravamo arrivati. Non mi volevo rendere conto di doverlo salutare, di nuovo.

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Di nuovo in un aeroporto, di nuovo su un aereo a dire addio a qualcosa.
Ero consapevole che il mio amore per Harry non sarebbe cessato, ma la distanza non è mai amica dell'amore. La distanza ti mette dubbi e incertezze nella testa, ti fa dubitare anche che la terra sia rotonda se ti coglie impreparata. Harry avrebbe continuato ad amarmi, nonostante la distanza, o almeno volevo crederlo.
«Bea - mi chiamò Harry, mentre trascinata la mia valigia, che aveva insistito a tenere - smettila».
Lo guardai curiosa e al tempo stesso stranita dalla sua affermazione.
«Non riesco a lasciarti andare se hai quell'espressione in volto» si spiegò, mentre nei suoi occhi leggevo sempre più malinconia man mano che ci avvicinavamo al banco dei controlli.
«Il punto è proprio lasciarsi andare, Harry. Sono stanca di doverti lasciare andare» sputai secca.
«Cosa vuoi che faccia? - chiese quasi disperato, portandosi la mano libera ai suoi adorabili capelli ondulati - Vuoi che ti convinca a restare? L'unica cosa che vorrei è svegliarmi con te accanto ogni mattina, preparati la colazione e trovarti a casa nella pausa pranzo. Ma capisco che non puoi lasciare la tua vita per me».
«Lo so» fu l'unica cosa che riuscii a dire.

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E partii veramente.
Salii su quell'aereo, senza voltarmi indietro.
Non versai una lacrima fino a quando non superai i controlli, fino a quando Harry non scomparve, fino a quando non lo vidi voltarsi di spalle e incamminarsi verso l'uscita. Camminava a testa china, e non si voltò nemmeno una volta verso di me. Forse faceva troppo male, e io lo sapevo bene quanto ne facesse, ma i miei occhi non riuscivano a staccarsi da quella figura, e non lo fecero fino a quando non lo vidi più, fino a quando non si disperse tra la folla e non riuscii più ad intercettarlo.
Mi aveva baciato, uno dei suoi soliti baci, quei baci che si ricordano nel tempo. In una coppia ci sono mille baci, infiniti baci, ma ce ne sono alcuni che ti restano impressi nella mente. Ci sono baci che non ti scordi facilmente, che sia per la situazione, per il momento particolare che stai vivendo, ma certi baci sono inequivocabilmente più importanti di altri. Con Harry ogni bacio era speciale, ogni bacio aveva un significato nascosto da decifrare, come un biscotto della fortuna, che apri solamente per svelare la frase, non per il gusto che ti lascia sulla bocca.
«Non scordarti di me» mi aveva detto una volta terminato il bacio.
Ma come puoi chiedere ad una persona di scordarsi di respirare? Come puoi chiedere alla luna di presentarsi di giorno, e al sole di notte? Come puoi chiedere ad un uccello di strisciare e ad un cavallo di volare?
Ma come potevo scordarmi di lui, che era colui per cui il mio cuore batteva ancora nel mio petto?

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Buon lunedì a tutti!
Ho ricominciato a studiare e sono completamente in coma, e non so se ce la farò a fare questo esame, ma ci provo comunque.

Bea è partita, senza di Harry, ma cosa accadrà ora? La distanza è difficile da vivere per una coppia, ma per loro due? Il loro amore è forte come credono?

Vi mando un grosso bacio e se non l'avete fatto passate a dare un'occhiata alla OS su Harry che ho scritto!

All the love,
BARB

Non Passerai//H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora