I viaggi più belli si fanno dentro le persone. E' che a volte uno dei due non riesce più a tornare a casa.
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Era passata una settimana da quando mi ero trasferita definitivamente a New York.
Avevo fatto in una settimana più colloqui di quanti ne avessi fatti in una vita intera, mi restava solo scegliere che strada voler intraprendere, quale testata giornalistica scegliere.
Non m'interessavano i soldi o la fama. Come ogni scrittrice su questa terra, m'interessava solo essere lasciata più libera possibile su quello che dovevo scrivere e avere l'opportunità di trasmettere emozioni al lettore. Perché è questo che è realmente uno scrittore, un portatore di emozioni, che si nutre delle sensazioni che riesce a scaturire nel lettore.
Chi scrive deve essere lasciato libero di scegliere, libero di dire la sua, perché la scrittura non è altro che questo: libertà.
Tutte coloro che sentono l'esigenza di iniziare a scrivere lo fanno per sentire il senso della libertà, che può essere dettata da diversi sentimenti, felicità, amore, tristezza, o anche odio, ma tutti iniziano a farlo per sentirsi liberi.
La scrittura diventa pian piano la tua migliore amica, quel qualcosa di cui non puoi fare a meno, proprio come una droga. Lei c'è sempre, nei momenti di felicità, quando scrivi per ricordare i momenti felici della vita, e quando la tristezza avvolge la tua vita, per ricordarti che si risale sempre, che niente di quello che ti può succedere nella vita è invincibile, che tutto si può superare.
Per questi motivi non avevo mai amato scrivere sotto imposizione, ma sapevo che il lavoro di giornalista aveva questo limite, ed ero riuscita ad adattarmi piuttosto bene quando lavoravo a Milano, speravo solo che qui sarei riuscita a fare lo stesso.
Dovevo prendere una decisione in fretta, ma avevo tutto il fine settimana per scegliere, e l'avrei fatto mentre tentavo di sistemare, con notevole difficoltà, tutti i miei scatoloni che erano arrivati pochi giorni fa dall'Italia.
Ero davvero in confusione.
Avevo sempre avuto un buon senso organizzativo, su qualsiasi aspetto della mia vita. Ero brava ad organizzare i miei viaggi nei minimi particolari, le mie giornate, i miei esami universitari, ma una cosa che davvero non riuscivo ad organizzare era il mio armadio. Non sapevo se fosse per la mia repulsione per la moda, ma ogni qualvolta mi ritrovavo a fare il cambio stagione dei vestiti, era per me una tragedia.
Ero riuscita a liberare due scatoloni, ma ne restavano ancora quattro, e non avevo davvero idea di come sistemarli, anche perché lo spazio nell'armadio di Harry stava per esaurirsi.
Rimasi a cercare una soluzione, fissando incessantemente l'ammasso disordinato di vestiti davanti a me. Nonostante non amassi particolarmente la moda mi ero accorta di avere anche troppi vestiti, ma ogni volta che tentavo di liberarmene, trovavo sempre motivi validi per non darli via. Ero stata sempre una persona attaccata ai ricordi, anche i vestiti li avevano, magari perché indossati ad un particolare evento o in una particolare situazione.
In quel momento avrei avuto proprio bisogno di Elis.
Il suo armadio era sempre in ordine, addirittura i vestiti erano divisi per colore, modello e tessuto, io non sarei riuscita a fare una cosa del genere.
Harry era andato a lavoro presto quella mattina e, siccome non mi aveva voluto svegliare, aveva lasciato la caffettiera sui fornelli, pronta per essere accesa, e un bigliettino di buongiorno sul vassoio con sopra marmellata e fette biscottate.
Non avrei mai immaginato che vivere con lui potesse essere così bello, intimo e gratificante. Tre anni prima stavo sempre in questa casa con lui, dormivo addirittura qui, ma sapere di non avere un'altra casa in cui tornare, lo faceva sembrare tutto più reale, tutto più bello.
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Non Passerai//H.S.
FanfictionA volte ritornano.. Ma sarà davvero sempre così? Gli amori, quelli veri, sono destinati a ritornare o è solo un'illusione? Beatrice ritorna a New York dopo tre anni, in vista del matrimonio di sua cugina. Sapeva in cuor suo che avrebbe dovuto rivive...