sindrome di Reynaud

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"Vieni, ti mostro gli ultimi quadri che ho fatto" mi prese per mano e mi portò nella stanza dove dipingeva e disegnava in generale

"Wow mamma! E questo?" indicai un ritratto, che mi sembrava raffigurare una persona fin troppo familiare, già vista prima

"Sei tu... lo so, non rispecchia a pieno la realtà ma mi sono basata su alcune fotografie di tanti anni fa, aggiungendo dettagli che solo la mia mente ricordava" disse mettendosi un pennello dietro l'orecchio, come faceva un architetto con la sua matita di cinque centimetri, consumata dopo troppe tavole svolte

"Che ne dici se qualche giorno lo aggiorniamo?" suggerì, indicandomi con la punta in legno dell'utensile

"Perché no? Tanto cos'ho da fare..." risposi

Uscimmo dalla stanza tanto colorata per andare in salotto che d'istinto, cominciai a sistemare

"Sai, qualche settimana fa mi è stata assegnata una visita da fare ad un ragazzo, credo di vent'anni, molto giovane comunque, con una probabile sindrome di Reynaud" disse mentre mi aiutava

"Ee ma' adesso parla in italiano che non so parlare la lingua scientifica" scherzai facendola ridere

"In sintesi, quando hai quella condizione, a temperature pure poco sotto i 15 gradi, il sangue comincia a non circolare nelle falangi, sia piedi che mani" spiegò

"E cosa succede poi??" mi incuriosì

"Le estremità diventano prima bianche e se non ti riscaldi subito, anche nere... successivamente se non ci si arriva in tempo bisogna amputare le falangi.. se non tutta la mano" continuò la spiegazione

"Oddio... mi dispiace per quel ragazzo.." commentai mentre l'aria era diventata triste e malinconica tutto d'un tratto

"Anzi tra un po' devo andare a lavoro, perché non vieni anche tu?" domandò mentre buttava alcuni fogli stampati male, ritrovati sul fondo del divano

"Va bene"

Così dopo poco mi trovai nuovamente seduta nel sedile passeggero di quell'auto spenta e senza colore

L'ospedale era in centro quindi ci vollero sui 15 minuti per arrivarci

Mi sporsi dal finestrino, i miei occhi cercavano la mia città ma vedevano soltanto spazzatura accostata ai marciapiedi, graffiti che coprivano i muri, cartelli stradali piegati a metà e i ragazzini di 15 anni fumare accostati ad una vetrina abbandonata

Per carità, l'ultima volta le cose erano pure così, solo che vedevo il bello in tutto, ero io e non potevo farci nulla

Non c'era più quella magia che vivevo ogni estate, ma c'era anche da considerare che stavamo in periodo invernale e non mi potevo aspettare tantissimo

Le mie riflessioni sul territorio che mi circondava, furono messe in pausa da mamma che stava scendendo dalla macchina, incitandomi a fare lo stesso visto che eravamo arrivate a destinazione

Un edificio così tanto gigantesco, da non entrare tutto nel range dei miei occhi

Non era la prima volta che lo vedevo, ero nata proprio lì!

Entrammo e mia madre si mise subito a lavoro, io la seguivo in ogni suo movimento

"Scusami tesoro potresti portare questa scatola di garze alla Monica? Sta al piano terra" senza avere la possibilità di rispondere, mi 'lanciò' l'oggetto in mano e proseguì per la sua via

Mi diressi all'ascensore, eravamo al sesto piano, chi è che se le faceva tutte quelle scale?

Conoscevo Monica dalla nascita, la migliore amica di mamma, era come una zia per me, ero contentissima potessero lavorare insieme

Mentre aspettavo l'ascensore, mi posizionai davanti alle sue porte e cominciai a leggere tutte le cose scritte sulla scatola a me affidata

"Puro cotone sterilizzato (...)" continuai in mente

Le porte finalmente si aprirono e senza alzare lo sguardo feci un passo avanti, terribile sbaglio

"Oddio scusa"

"Niente, è stata colpa mia" risposi rendendomi conto del ragazzo davanti a me

Era preoccupato, capelli castano chiaro e occhi verdi che spiccavano tra mille, una combinazione che solo nel mio caso ebbi l'opportunità di vedere

Eravamo fatti della stessa pallette evidentemente...

"Ah scusa lavori qui?" domandò dopo essersi accertato delle mie condizioni

"Sai dov'è la mia infermiera, non ricordo il cognome ma so che si chiama Clara" disse quasi fosse molto urgente

"Clara Mariani?" tirai ad indovinare in caso fosse mia madre

"Si, si lei, mi puoi dire dove la posso trovare?" disse mettendo le mani in tasca, mani ricoperte da un paio di guanti neri a cui non feci molto caso, eravamo in inverno, abbastanza normale qualcuno si ritrovi a coprirsi anche le mani

"Certo, seguimi" non potevo lasciarlo vagare in un piano grande come quello, lo guidai al mio meglio pur non sapendo dove andare a cercare mia madre

Dalla coda dell'occhio la vidi voltata mentre parlava con un dottore

"Ma'!" la chiamai

Si girò e impiegò alcuni secondi prima di trovare la mia faccia, ma lo fece e ci raggiunse

"Questo ragazzo ti cercava" lo puntai

"Marco! Ti cercavo anche io, come vanno le mani? Fa vedere" disse sfilandogli i guanti

"Oh nono, non va bene, andiamo, camera 3891" continuò, dopo aver visto le mani candide, bianco latte del ragazzo dagli occhi in pensiero

Palesò il numero di stanza come se lui sapesse già dove si collocasse, mentre io dovetti seguire i loro passi per capire la direzione

Appena entrai nella stanza vidi una stufetta e mia madre che manteneva le mani dello sconosciuto, mentre esse tremavano come poche, davanti al calore che emanava la fonte artificiale

"Ti ho già detto che non devi arrivarci a questo punto! E se fossero diventate nere sai cosa sarebbe successo??" lo rimproverò agitata, mi ricordò quando a 8 anni ruppi un vaso e mi fece una ramanzina di quattro ore minimo...

"Avrebbero dovuto amputarmele..." rispose quieto il ragazzo, guardando in basso, consapevole del pericolo

Collegai immediatamente i punti, lui era il ragazzo con la sindrome di Reynaud.

l'angelo in bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora