capitolo 7

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Ero nella mia stanza e di sonno neanche l'ombra.

Dalle grandi vetrate della mia stanza potevo vedere una grande parte di New York.

Le luci dei palazzi erano come dei puntini sparsi nel buio della notte.

Mi misi una tuta bianca è un top nero per mettermi comoda. Mi misi i miei occhiali da lettura e mi feci uno chignon disordinato. Aprì la porta che c'era in camera mia e andai nella mia stanza preferita. La mia libreria.

Avevo amato leggere fin da piccola. E da quel giorno, quando scoprì come sarebbe diventata la mia vita, mi rifugiavo li ogni volta che potevo.

Una parete era fatta completamente di finestre che si affacciavano sulla città, e le altre mura erano composte da ripiani neri dove c'erano appoggiati molti libri.

In mano avevo il giovane Holden, una matita che facevo muovere su e giù tra le dita e un vecchio segnalibro di cuoio rosso scuro.

Mi misi sulla grande poltrona nera in mezzo alla stanza e aprì il libro.

Quella stanza era completamente nera, a parte le copertine dei libri. Mi sentivo avvolta da quella calda atmosfera oscura. Presa nei suoi artigli e cullata dalle ombre.

Era come se per un solo attimo spegnessi la lampadina nel mio cervello è mi abbandonassi al buio.

Certe volte credevo di annegare in quelle ombre e di non riuscire più a risalire in superficie. Almeno sapevo che sarei morta felice.

Mi perso in quella lettura e mi immersi nella storia con anima e corpo.

Faceva paura. Mi faceva paura il fatto che io mi potessi innamorare di una storia, di una vita, che io non avrei mai potuto realizzare.

Faceva paura desiderare qualcosa che non avrei mai potuto avere.

Chiusi di scatto il libro.

Avevo soldi, gioielli, borse, abiti. Eppure ciò che la mia testa si immaginava ogni notte, era quella di scappare e vivere una vita normale.

Era strano come una ragazza come me, che stava vivendo il sogno di molte altre persone, non sapesse sognare.

Non volesse sognare.

Non volesse sperare.

La porta si aprì leggermente e Mason entrò. Io lo guardai mentre si guardava intorno, il suo sguardo cadde sui libri, sugli scaffali pieni zeppi di classici della letteratura di tutto il mondo. La sua maschera di freddezza non fece intendere niente se non curiosità.

"cosa ci fai qui?" gli chiesi in tono piatto "Nick mi ha mandato a vedere se avessi bisogno di qualcosa" disse lui soffermandosi sul libro che tenevo ancora in grembo.

"di a mio padre che avrebbe potuto mandare una donna di servizio. E comunque, come puoi vedere, sono ancora viva e vegeta" dissi facendo un sorriso ironico e infastidito riaprendo il libro.

Lui entrò nella stanza e passò in rassegna lo sguardo su tutti i libri.

Io feci finta di non notare la sua presenza. Se una persona sapeva che ti infastidiva, avrebbe usato quell'arma contro di te distruggendoti lentamente.

E poi Mason non mi infastidiva. Niente lo faceva. Avevo imparato a mantenere una gelida calma su ogni cosa che mi stava in torno.

Con la coda dell'occhio notai che prese in mano il ritratto di Dorian Gray era il mio libro preferito.

Dimostrava alla perfezione la definizione di falsità. Mi ci rivedevo per ogni aspetto.

Se io avessi trovato il mio quadro, con tutti i segni che la mia anima aveva, sul mio corpo, avrei anch'io infilando un pugnale per eliminarli. Anche se mi sarei uccisa.

Fece scorrere velocemente le pagine, notando che erano scritte, consumate e segnate.

"Fai di te stesso il tuo più grande capolavoro" disse lui sarcasticamente riferendosi al libro "fai di te l'arma che uccida gli altri e non la tua anima" gli risposi io. "impossibile" disse lui.

Fu la prima cosa su cui io mi trovai in esatto d'accordo con lui.

"chi ti ha fatto talmente male da farti diventare un assassina, Olivia?" mi chiese lui girandosi verso di me e studiandomi "ha importanza?" chiesi io
senza staccare gli occhi dalle pagine.

Presi una sigaretta dal pacchetto che tenevo nel cassetto del comodino vicino alla poltrona e me e la accesi.

Lui intanto stava guardando la visuale delle finestre.
Si girò e si avvicinò a me per prendermi una sigaretta e l'accendino.

Si sedette per terra di fianco alla poltrona e continuò a guardare la vista mentre io leggevo. Le nostre nuvolette di fumo si incrociavano e dissolvevano nell'aria.

"credi nella reincarnazione?" chiese lui "no" dissi io non staccando gli occhi dalle pagine "sei religiosa?" mi chiese poi "no" dissi "credi in una vita normale?"

Quell'ultima domanda mi spiazzò, mi aveva studiata e io avevo lasciato intuire qualcosa per portarlo a quella conclusione.

Chiusi il libro e mi concentrai solo sul fumo della sigaretta buttando la testa all'indietro, non gli risposi. Lui dovette intuire la risposta "cosa credi che sia la speranza?" chiese lui non muovendo lo sguardo dalla vista.

"cosa ti fa credere che io abbia una risposta?" chiesi io per non dargli una risposta "credi nella speranza?" ritentò poi lui "cosa ti fa credere che io sappia cosa sia?" chiesi, mi ero stancata di quei giochetti

"il fatto che quando sei in un fuoco incrociato e speri di morire e il fatto che questo che hai intorno ti faccia sperare in una vita diversa. Tutti sperano in qualcosa Olivia, i più coraggiosi o i più stupidi però ci credono, credono alla speranza." disse lui passando in rassegna tutti i libri con lo sguardo.

Io non risposi, spostai lo sguardo su di lui che si alzò, mise il mozzicone nel posacenere e aprì la porta "buonanotte Olivia" mi disse da sopra la spalla prima di uscire.

Io continuai a tenere lo sguardo fisso sulla porta.

Abbassai lo sguardo. Avevo il coraggio per uccidere una persona, ma non avevo il coraggio per non sperare in qual cosa che avrebbe potuto salvarmi e distruggermi nello stesso momento.

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