Ero nella mia stanza. Avevo passato la giornata in stanza insonorizzata con pistole e coltelli. Come sempre d'altronde.
Erano le 8pm e io e Mason alle 8:30pm saremmo dovuti partire da qui visto che il posto distava una mezzoretta.
Mi misi il lungo vestito nero, aveva le spalline sottili, un corpetto stretto che sottolineava le mie forme con coppe a triangoli. La schiena era completamente nuda se non per la catenina di diamanti che scendeva lungo la mia spina dorsale. La gonna era ampia, il vorticoso spacco mi scopriva tutta la gamba, ai piedi avevo messo le Saint Lauren nere con il tacco d'oro formato dalle iniziali della marca.
Il vestito era di velluto e formava un piccolo strascico dietro di me. Per i capelli feci una mezza coda lasciando alcune ciocche che mi ricadevano sul viso, i capelli lasciati sciolti erano arricciati da dolci onde.
Al collo avevo una collana di diamanti con al centro una pietra nera. Avevo degli orecchini che si abbinavano alla collana e dei braccialetti sottili anch'essi di diamanti.
Il trucco era abbastanza leggero, mascara, Eye-liner e un po' di ombretto nero che dava forma al mio occhio verde e che lo faceva risaltare. Alle labbra avevo un rossetto Nude, mi avevano reso le guancie leggermente più rosee e con un leggero counturing, i lineamenti del viso erano più marcati.
Presi la borsetta nera firmata senza manici e misi dentro telefono e portafoglio.
Guardandomi allo specchio vidi una donna, una donna sicura di se e spietata. Strano quanto gli specchi possano essere falsi.
Scesi le scale e trovai a aspettarmi Mason con mio padre.
Il mio sguardo cadde su di lui. Portava dei mocassini neri, pantaloni dal taglio pregiato dello stesso colore, una camicia bianca e un papillon sempre nero, anche la giacca era nera. Sui capelli aveva messo un po' di gel per sistemargli anche se avevano sempre quell'aria disordinata.
Quando mi ritrovai a scendere l'ultimo scalino vidi nei suoi occhi ciò che aveva visto in me attraverso lo specchio.
Ero sicuro, spietato e emanava superiorità e forza.
"sei stupenda Olivia" disse mio padre facendomi distogliere lo sguardo dagli occhi verdi di Mason che mi stavano esaminando, lui ebbe l'opportunità di passare i suoi occhi su tutto il mio corpo.
E lo fece in un modo lento e attento. Era la prima volta che un briciolo di soddisfazione e sicurezza si insinuava in me da sotto la maschera.
Io ringraziai mio padre e poi ci avviammo alla porta "Mason tienila d'occhio, Olivia preferirei che vi fingeste uniti visto la brutta gente che ci sarà là dentro. Mason ti dovrà stare attaccato e non perderti mai d'occhio" disse mio padre, poi continuò "Mason assaggia prima tu ogni cosa che viene servita a Olivia" disse mio padre.
Salì nella sua Ferrari italiana nera opaca e gli chiesi "perché dovresti assaggiare prima tu ogni cosa che mi viene servita?" Lui accese la macchina e facendo retromarcia rispose "so che sapore ha il veleno o la droga" io a quella risposta rabbrividì leggermente.
Passarono alcuni minuti di silenzio ma io non riuscì a trattenere la curiosità, lui notò che ero incerta sul fargli quella domanda, allora rispose prima che io potessi aprire bocca "fin da piccolo mi addestrarono facendomi assaggiare, a piccole dosi, il veleno e le droghe per poi in futuro, poterle riconoscere" disse semplicemente "e poi soprattuto per rendermene immune" continuò.
Io annuì solamente e presi il telefono dalla borsetta, sorrisi al messaggio di Rosie:
buona fortuna migliore amica
"chi ti ha insegnato a giocare a poker?" chiese lui, e in quel momento non capì se lo chiese per puro interesse o per continuare a studiarmi. Risposi con una mezza verità "mio padre". Mio padre ha sempre tenuto al fatto che io imparassi tutti gli aspetti di quel mestiere, ma a poker ci giocavo con la donna che mi ha partorito, poi mio padre, quando lei se ne andò, mi fece esercitare soprattutto con le espressioni del corpo e del viso. Lui guardava il gioco di carte come un enigma che aveva più perdenti ma un solo vincitore, spesso lo associava anche alla vita.
"Speriamo che sarai più brava a giocare che ha mentire." disse lui accostando davanti a un grande edificio con diversi led luminosi. Mason era dannatamente bravo, sia a combattere sia nel gioco mentale. Si vedeva che aveva avuto un bravo insegnante. Chissà chi gli aveva insegnato tutto.
Fuori dal casinò c'era una grande fila, le donne e gli uomini si erano addobbati proprio bene, gioielli, vestiti firmati, borse da migliaia di euro...
Molti si girarono a guardare quella bellissima macchina italiana con cui eravamo arrivati.
Si entrava in scena.
Un parcheggiatore si fermò davanti alla macchina aspettando che scendessimo. I Rossi si erano informati bene "I Rossi sono i proprietari del casinò" mi spiegò Mason "ma mica vivevano in Italia?" chiesi io girandomi con il capo verso di lui "Si, ma hanno molte proprietà anche qui" disse lui calmo.
Scese dalla macchina e chiuse delicatamente lo sportello, poi mi venne a aprire.
Io misi per prima cosa le gambe fuori lasciando che lo spacco mi scoprisse la gamba, Mason mi porse la mano elegantemente e io la affarai anche se non mi feci leva su di essa per alzarmi. Il contatto visivo rimase per tutto il tempo fisso l'uno sugli occhi dell'altro.
Poi, sotto tutti gli sguardi della gente presente, mi porse il braccio che io accettai.
Lanciò le chiavi al parcheggiatore e il bodyguard di quel posto ci fece entrare e saltare la fila.
Mentre entravamo spostai lo sguardo verso Mason. Aveva la mascella contratta e l'espressione dura, trasudava potere da ogni poro.
Lui fece incontrare i nostri occhi, e quasi quasi mi ci persi, per un secondo. "pronta?" mi chiese prima di varcare le porte.
"diamo inizio alla recita" dissi io alzando l'angolo della bocca in un sorriso furbo.
Lui portò lo sguardo su quel mio sorrisetto e poi ritornò a guardarmi negli occhi.
"Signorina Lois mi permetta di dirle che è magnifica stasera" disse il signor Rossi quando ci fece sedere al tavolo da poker "la ringrazio molto dissi accavallando le gambe in un sorriso gentile, ovviamente finto. "Il suo accompagnatore come si chiama?" chiese poi facendo un sorriso di circostanza" "Mason William" disse Mason con ancora il mio braccio intorno al suo.
Per un attimo vidi il Signor Rossi impallidire, Mason se ne accorse e fece un sorrisetto furbo. Perche quella reazione?
"beh direi di iniziare a giocare" disse Rossi riprendendosi. Io in quel momento usai il braccio di Mason sia come finto supporto fisico, che vero supporto morale.
Quando Rossi si girò per chiamare gli altri membri di quella partita Mason mi sussurrò all'orecchio "Lui si aspetta che tu sia la solita figlioletta trofeo, inizia a giocare normalmente, perdi anche qualche mano, poi al premio finale dai tutta te stessa Olivia, fidati che lui non se lo aspetterà" io lo guardai e annuì pensierosa.
Mason aveva ragione e io ero una stupida a non averci pensato. Se gli facessi vedere subito le mie doti, avrebbero il tempo di studiarmi e trovare punti deboli, se invece facessi finta di non essere brava a giocare non si aspetterebbero da me quel che alla fine gli dimostrerò.
Vedendo il Signor Rossi ancora distratto mi avvicinai a Mason e gli sussurrai "grazie". Lui girò lo sguardo verso di me.
Eravamo vicini, ma guardando il vuoto nei suoi occhi è come se fossimo a miglia di distanza.
Si fece largo una scintilla nel suo sguardo e il primo sorriso che io vidi si formò sul suo volto.
"chi inizia la mano?" Mason si girò lentamente da quella posizione così ebbe il tempo di rimettere la sua maschera di indifferenza a cui, però, apparve qualcos'altro.
Potere e fermezza.
La perfetta maschera da giocatore di Poker.
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mafia in love
ActionIN REVISIONE Olivia Anabel Rubin Lois figlia di uno dei mafiosi più grandi d'America, vive nella grande New York con suo padre. Cresciuta per combattere, per prendere il posto un giorno nell'attività del padre. Ha 19 anni, finito il liceo si trova...