Capitolo 57

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"Si Mason, Olivia è con me" incominciò Liam "sta bene? guardale il braccio" Mason stava per dire qualcos'altro quando Liam disse esasperato "Mason quello che ha bisogno di calmanti sei tu" "Liam non sto scherzando cazzo, guardale il braccio o la testa, o guarda se ha altre ferite. Ha il respiro affannato?" continuava a chiedere "no" dissi io.

Passò un attimo di silenzio. Mason non parlò "sanguini da qualche parte?" chiese Mason cercando di stare calmo "un graffio al braccio" dissi io cercando di trattenere un sorriso per la sua preoccupazione "hai sbattuto la testa?" chiese lui sempre più sollevato e calmo "no" dissi io.

"Stai bene?" chiese poi lui. A questa domanda non risposi.

Liam mise in muto "facciamolo venire qui, al massimo dorme in macchina. Se sta da solo in quella casa penso che diventerà pazzo" disse. Io annuì sul suo petto "Mason ti mando la posizione." disse Liam "corro" disse lui. Dopo due secondi sentì la porta di casa a New York chiudersi. "Aspetta" dissi io.

"Guida piano, non ce la faccio a superare un'altra morte per oggi" dissi io abbassando lo sguardo.

Liam mi diede un bacio sulla nuca e mi strinse più a lui "restiamo al telefono" disse lui in tono più dolce "Liam potrei averti rotto il volante dell'auto" dissi io sapendo che Mason mi stava ascoltando visto che era in viva voce mentre guidava "Olivia ti uccido" disse lui fulminandomi. "Non l'ho fatto apposta" dissi io cercando di fare una voce innocente "Olivia" disse Mason dal telefono "hai presente quando mi dovevo far perdonare del quasi frontale e ti ho detto che ti avrei prestato quando volevi la mia auto?" chiese lui.

"Si" dissi io "ecco, dimenticatelo" disse lui facendomi venire un lieve sorriso.

"Hai freddo?" chiese Liam sentendo le mie braccia fredde. Io scossi la testa. "Vuoi andare sul divano?" chiese lui. Io scossi la testa. Avevo solo bisogno di chiudere un attimo gli occhi.

Mi misi più comoda stringendo il petto di Liam. Chiusi gli occhi mentre lui mi accarezzava dolcemente.

Dopo un po' caddi in un sonno profondo, sfiancata e sfinita da quella giornata che sarebbe rimasta impressa nella mia memoria per l'eternità.  tutto questo era un incubo, appena mi sarei svegliata, che realtà avrei trovato a aspettarmi?

Mi svegliai con un rumore di una suoneria di un telefono che non era il mio. "Pronto" dissi con voce roca e assonata prendendo il telefono che mi accorsi di Mason dal comodino.

Mi avevano spostato in una delle camere degli ospiti. La mia era al piano di sopra. In quella stanza c'era un letto matrimoniale e un comodino di legno accanto. I muri erano fatti come tutti i muri della casa, di mattonelle grigie. Il pavimento di legno, davanti a me c'era un camino spento, una tv, alla mia sinistra nella parete difronte a me un grande armadio di legno, una porta che era il bagno e una poltroncina.

"Olly, io e Mason stiamo cercando di fare la spesa, tu vuoi qualcosa?" chiese la voce di Liam. Guardai che ore fossero, le quattro del pomeriggio, avevo dormito più o meno dieci ore.

"Non ho fame" dissi io piano, alzando il busto e mettendomi una mano sulla tempia per quel mal di testa di cui mi accorsi in quel momento "Olly almeno un po' devi mangiare. Magari la carne, una pasta o che so io" disse Liam.

"Liam per oggi non ho fame" ripetei io. "Olivia ti porto qualcosa da magiare e se non ti va, non lo mangi. Hai dolori da qualche parte?" chiese la voce che capì essere di Mason. "Solo alla testa" dissi io in tono stanco "ci sono delle tachipirine sul comodino. Torniamo tra poco. Non ho trovato il tuo telefono quindi li hai il mio. Tu ti ricordi dove si trova?" chiese Mason in tono calmo "da qualche parte in autostrada, l'ho lanciato" dissi io alzandomi dal letto.

"Okay provvederemo anche a quello. Mi raccomando, se esci tieni il telefono e dicci dove vai. Olivia se vuoi stare da sola va bene, ti lascerò sola. Ma almeno sapere dove sei, ti prego" disse lui facendosi serio. "Sto in casa o al massimo in giardino" dissi io "Okay, noi tra poco arriviamo" disse, io attaccai.

Trangugiai la tachipirina e andai al piano di sopra, in camera mia per farmi una doccia.

Quella casa era il solito shalè di montagna. Muri a mattonelle con diverse mensole e oggetti inutili, pavimenti di legno e tetto a punta. Accogliente e calda.

Entrai nella mia camera. Non c'erano foto, ne oggetti personali a parte alcuni vestiti e spazzolino da denti. Era simile alla camera degli ospiti, solo più grande e con un balconcino panoramicò.

Entrai in bagno, la solita vasca affacciata sui monti verdi, la grande doccia in legno con un grande vetro trasparente, il lavandino fatto di ceramica bianca opaca, lungo e grande e lo specchio a figura intera vecchio stile.

Notai una fasciatura bianca al braccio dove il proiettile mi aveva preso di striscio. Avevo i capelli completamente spettinati, la canottiera nera con sangue secco e i jeans anch'essi neri e sporchi di sangue. Il mio viso ero smunto e c'erano delle sfumature rosso sangue.

Il mostro che era in me a quanto pare si vedeva anche da fuori.

Mi sciacquai il viso con acqua gelida. Tutti i ricordi di ieri tornarono a galla. Mio padre morto, il viso di Eloise con in fronte un buco da cui scivolava una scia sottile di sangue rosso e luccicante, l'esplosione, le voci e il bosco.

Mi costrinsi a non pensarci. Era tutto inutile, i ricordi non se ne andarono, l'unica cosa che provai a fare fu non farmi distruggere da essi.

Scesi di sotto passando per la cucina e per il vasto salotto e uscì.

Andai in giardino, verso le stalle.

Da piccola avevo preso lezioni di equitazione, prima di conoscere la realtà che mi attendeva. Non ho avuto il tempo per appassionarmi veramente a quello sport, però non mi era mai dispiaciuto praticarlo.

Avevamo un cavallo, Lola. Quando non c'eravamo, venivano a prendersene cura alcuni stallieri assunti da mio padre.

Entrai nel piccolo corridoio che dava sulle diverse gabbie, le solite da maneggio.

Vidi il muso scuro di Lola non appena entrai "hey tu" dissi andandole a accarezzare il muso.

La feci uscire e la sellai come meglio mi ricordavo.

Lei nitriva e sbuffava ritmicamente. Le diedi una carota che era lì vicino ai secchi. Salì sulla sella senza neanche fare tanti sforzi.

Era un Frisone, un cavallo con origini molto antiche. Era spazzolata e pulita, gli stallieri se ne prendevano cura molto bene.

Presi le redini e con due schiocchi di lingua la incitai a andare avanti.

Attraversammo al passo tutto il cortile seguendo un sentiero di sterrato bianco.

La vastità della proprietà era enorme, c'erano campi verdi che si estendevano per diverse colline, niente di appariscente, solo un prato verde trattato all'inglese.

La casa da fuori si presentava nella sua completa enormità. La veranda fuori permetteva la vista sulla piccola sauna di legno e sulla vasca idromassaggio con acqua calda, il grande dondolo bianco e i diversi tavolini e poltroncine.

Era arredata sorprendentemente bene.

Entrai nel recinto che mio padre aveva fatto costruire appositamente per le mie lezioni.

Guardai in alto.

Chissà se era veramente lassù a guardarmi. Non ho mai pensato a cosa ci fosse dopo la morte. Mi ero soffermata solo sull'idea che sarebbe stata una cosa giusta se fosse stata spettata a me prematuramente.

In cielo non c'erano nuvole, c'era un'aria fresca, tipica di montagna.

Aumentai un po' il passo andando al trotto. Cercai di fare mente locale su ogni movimento.

Quando presi confidenza, incominciai a andare al galoppo. Il vento che mi alzava i capelli e me ne portava alcuni sul viso. La mia schiena leggermente inclinata in avanti e le mie gambe che si muovevano ritmicamente per indicare al cavallo come andare. Mi piaceva quella sensazione. Mi piaceva, ma non abbastanza da farmi scomparire i pensieri.

Dopo circa dieci minuti che tenevo quest'andatura, sentì un fischio. La cavalla si fermò bruscamente, e io con un po' di riflessi, riuscì a non farmi disarcionare.

Guardai il punto da cui proveniva a il fischio e vidi due sagome nere. Liam e Mason.

Girai Lola e galoppai verso la loro direzione.

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