capitolo 40

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Aron.

La persona che mi aveva torturato per più di tre giorni.

Mi fece un ghigno e toccò la schiena, io trasalì quando spinse troppo su un livido "vedo che sta guarendo" disse lui "ti devono aver fatto una bella trasfusione di sangue".

Vidi George correre dentro a chiamare aiuto. Aron si mise dietro di me, tenendomi il collo senza stringere e una pistola sulla tempia.

Io provai con tutta me stessa a mettermi la mia maschera di indifferenza anche se volevo solo urlare e cadere a terra.

Mason, Jack e mio padre corsero subito fuori. Quando videro quella scena, Mason caricò la sua pistola, Jack stette attento a ogni mossa di Aron e mio padre si pietrificò "Eloise chiede un sollecito Nick. La vita della tua bella figlioletta potrebbe anche bastare" disse mentre stringeva leggermente la mano al mio collo "Ti chiederei di mettere giù la pistola ragazzo, o se no quella a morire sarà Olivia" disse lui con un ghigno che avrei potuto riconoscere ovunque.

Se un uomo avesse camminato dietro di lui, lui avrebbe visto la sagoma di sicuro, o sentito i passi. Quindi non potevevamo prenderlo di spalle. "Lasciala Aron" disse mio padre. Mason trasalì quando scoprì chi era quell'uomo.

"No, mi sa che la porterò da Eloise" disse indietreggiando con me attaccata, "viva o morta" disse lui ghignando.

Io vidi la mia salvezza. Con la coda dell'occhio vidi Glock che si avvicinava di soppiatto. Dovevo farlo parlare "non ti è bastato torturami in quella cantina?" chiesi io in un sussurro. Lui mi guardò il collo sorridendo "O Olivia, quello era stato solo l'inizio" disse lui sussurandomelo nell'orecchio.

Glock si fermò alle spalle di Aron in attesa di ordini. Mio padre mi aveva obbligato a istruirlo anche con un linguaggio dei segni. Adesso capivo.

Mason mi guardò, mi aprì uno spiraglio della sua maschera, vedevo rabbia, amore e paura.

Presi un respiro profondo, con la mano che era sul fianco che Aron non poteva vedere, mostrai l'indice a Glock (attacca) feci il segno della vittoria (alla) feci un cerchio con le dita (gola) poi feci un giro di cento ottanta gradi con il dito ( da dietro). Presi un respiro profondo e chiusi il pugno.

Glock partì, buttò giù Aron che di sorpresa cadde. Io sgusciai fuori prendendogli la pistola e cadendo accanto a lui. Glock aveva un lembo di belle tra i denti, la pozza di sangue si stava aprendo e Aron urlava. Prese Glock dalla gola. Io gli sparai tre colpi addosso.

Se solo avesse fatto qualcosa di permanente al mio cane giuro che neanche l'inferno l'avrebbe graziato dalla mia tortura.

Glock corse subito da me, come Mason, papa e Jack.

Io prima di alzarmi abbracciai forte Glock mi leccò la faccia sporcandomi di sangue. "Olivia" disse Mason alzandomi e baciandomi. Mio padre era lì non sapendo se interrompere il momento. Io mi staccai da Mason "sto bene papa" dissi abbracciandolo "chiedo di anticipare quella cosa" disse riferendosi all'incontro con Rossi. "Sarà dopodomani" mi disse all'orecchio.

Io annuì. Poi mi venne in mente una cosa che aveva detto Aron "papa hai fatto controllare se ci fosse una cimice?" dissi "no Olivia, non ho avuto tempo" disse lui.

Entrai di corsa in casa. Loro mi seguirono e io gli feci il segno di stare zitti. Aron pensava che mi avessero fatto una trasfusione di sangue, quindi non poteva essere sul divano.

Le persone in casa erano fidate, era impossibile che fossero loro le cimici. Chi era entrata nell'ultimo periodo in casa che non conoscevamo? Jack non poteva essere, era arrivato dopo, e poi con il rapporto con Mason non l'avrebbe mai fatto.

Mi venne un illuminazione. Emma.

Gli feci segno di andare tutti nella sala da gioco. "Dove sei stato con Emma" gli chiesi seria a Mason. Lui spalancò gli occhi "da nessuna porta Olivia, non l'ho più vista da quella sera" disse. Jack rise "ecco come finisce una bella relazione" Mio padre si fermò "intende quella sera Mason" disse pensieroso.

"Fuori in giardino" iniziò a elencare lui. Era impossibile, troppo lontano "seduti a cena" troppi pochi nascondigli "davanti al bancone con gli alcolici in salotto" disse. Bingo "ti ha servito lei da bere?" chiesi io velocemente "si" disse lui stranito dal mio comportamento .

Gli feci segno di stare di nuovo zitti mentre mi avviavo verso il bar. "Cosa avete bevuto" chiesi a Mason facendogli il labiale Mason mi indicò il barbon.

Presi lentamente la bottiglia. Attaccata trovai un dispositivo piccolissimo nero con una lucina rossa. Eccola.

La staccai senza spengerla. Adesso avremmo giocato noi.

Presi un foglio dal tavolo e scrissi:

Papà ripetilo: no Aron ti prego non ucciderla. Ti prego non uccidere Olivia.

Io sparerò poi tu urli: Noo

Glielo feci leggere e poi lui annuì nel mentre che Jack e Mason non capivano ancora nulla. Caricai la pistola di Aron che avevo ancora in mano "No Aron ti prego non ucciderla" urlò mio padre facendo il finto disperato. Io sparai un colpo in aria "nooooo" urlò mio padre. Sparai un colpo a vuoto per simboleggiare che mio padre avesse ucciso Aron. Poi sparai diversi colpi alle bottiglie sul bancone, poi sulla cimice distruggendola.

"Adesso ci spiegate" chiese Jack esasperato. "Non so perché ma Emma, una ragazza che è venuta qui è stata convinta a mettere lì una cimice, e riguardo alla scena che avete appena visto, ora abbiamo un vantaggio su Eloise. Ora pensa che io sia morta" gli spiegai.

"Papà prima di dopodomani parlo con Emma, avrò un vantaggio per l'incontro e cercherò di persuaderla a spiegarmi" dissi io a mio padre "quale incontro?" chiese Mason guardingo "nulla" disse mio padre guardandomi con uno sguardo che mi dava la conferma. Lui andò in salotto a dire al personale di far controllare ogni angolo per vedere se ci fossero altre cimici.

"Mason devi darmi il numero di Emma" dissi io avviandomi in camera sua "finché non mi spieghi perché, non ti darò niente" disse lui afferrandomi per il braccio e fermandomi in corridoio "Mason fidati di me" dissi guardandolo negli occhi "ti prometto che appena finirò ti spiegherò tutto" dissi io "è per un incarico?" chiese lui assottigliando lo sguardo "no" mentì. Mentì guardandolo negli occhi. Usufruendo del sentimento che provava per me per manipolarlo. Per un attimo volli urlargli tutta la verità, ma non sarebbe giovato a nessuno.

Lui aprì la sua camera. Non l'avevo mai vista adesso che ci penso. Aveva un letto gigante con le lenzuola nere e tanti cuscini. "Ma perché hai il letto più grande del mio?" chiesi io spalancando la bocca. Lui alzò le spalle sorridendo. La camera era molto ordinata, c'era una mensola con alcuni libri. Nell'angolo destro in fondo alla stanza c'era una cabina armadio, poi come nella mia stanza il muro in fondo era fatto a vetri che dava la vista su New York.

Lui prese il cestino della carta e ne caddero alcuni pezzi di carta appallottolati "dove sei, dove sei" sussurrava mentre cercava. Io sorrisi pensando che l'aveva buttato. Mi sentì ancora più in colpa a avergli mentito.

"Bingo" disse trovando un bigliettino strappato. Io
lo ricomposi e presi il mio telefono per scrivere sul tastierino il numero. Quasi non vomitai appena sentì la voce della gallina sanguisuga "Mason" chiese lei tutta pimpante urlandomi nell'orecchio "no sono Olivia" dissi stringendo i denti per non mandarla a fanculo "Ah ciao Aurelia" disse sconsolata. Jack ridacchiò sentendo la telefonata, io lo fulminai "si, ti va di vederci domani?" chiesi io stringendo i pugni per non darmi uno schiaffo in faccia "c'è anche Mason?" chiese lei speranzosa "glielo chiederò" dissi io cercando di tranquillizzarmi "Perfetto, ci vediamo domani, davanti a gucci sulla ventitreesima" disse lei attaccandomi in faccia.

Io espirai tutta l'aria che avevo trattenuto "io la uccido" dissi "non sarebbe molto produttivo" disse Mason avvicinandosi "prima di scopare aspettate almeno che io esca" disse Jack mentre Mason mi stava baciando appassionatamente.

Jack chiuse la porta e Mason mi mise sulla scrivania.

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