capitolo 10

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"Se proprio devo essere sincero mi aspettavo di più dalla figlia di Lois" disse uno con un accento italiano marcato.

Quando c'eravamo seduti al tavolo, altri 4 uomini si erano uniti a noi. Gli avevo studiato abbastanza dal capire che non erano pericoli per cui bisognava mettersi in allerta.

Era passata una mezzoretta, Mason stava vincendo anche se non stava mettendo in gioco tutte le sue capacità, io stavo facendo come mi era stato consigliato da lui, infatti avevo perso la maggior parte delle mani e mi rimanevano poche Fish.

"O ma lo sta facendo apposta signori, le sue mosse sono troppo premeditate per far sì che faccia veramente schifo a poker penso, che se avrebbe voluto, ci avrebbe battuto almeno una decina di volte" il Signor Rossi aveva capito tutto fin da subito.

Ormai la copertura era andata a quel paese, allora perché non mandarla a fanculo del tutto? Feci un sorrisetto furbo e misi giù il mio full di assi.

Presi una sigaretta dal pacchetto nel mentre che gli altri facevano slittare le Fish verso di me.

Mason fece finta di niente, continuò a giocare, stavolta mettendo un po' più di pressione sui giocatori.

Passarono venti minuti e avevamo già guadagnato tutto quello che c'era sul tavolo. C'era un uomo, era basso e tozzo con un anello in ogni grande dito. Continuava a guardare la scollatura e lo spacco che mi scopriva la gamba, stavo per sbottare quando Mason mi mise una mano sulla coscia scoperta per farmi stare calma.

Quella sottospecie di sanguisuga tolse gli occhi da lì quando vide la mano di Mason, io mi spostai un po' più verso di lui per marcare il concetto. Lui mi guardò in faccia offeso e io lo fulminai con lo sguardo.

La mano di Mason era liscia e calda a contatto con la mia pelle ormai infreddolita. Mi piaceva quel contatto, mi incuteva protezione. La sua mano praticamente mi copriva tutta la coscia, e con il pollice a volte faceva cerchi distratti. E in quel momento sperai che io per lui non fossi solo la fastidiosa figlia del suo socio, speravo che mi proteggesse non per pena ma perché mi credesse alla sua pari...Non sapevo neanche perché volessi pensarlo.

"Beh devo ammettere che tuo padre ti ha insegnato bene Olivia" disse Rossi con un sorrisetto furbo "digli che mi farebbe piacere vederlo qua una sera" disse lui sbuffando in una risatina.

"se posso permettermi, a che gioco state giocando Signor Rossi?" chiesi io alzando un sopracciglio e mettendo sul tavolo le mie carte coperte.

Sapevo che c'era qualcosa sotto, lui si accese il sigaro e io mi iniziai un'altra delle mie sigarette.

"Beh cara Olivia, sappiamo che cosa è successo l'altra sera con i Kinsu, lo sanno tutti. Pensano che siate vulnerabili in questo momento e quindi vorrei stringere un accordo con tuo padre" disse lui non togliendosi quel ghigno dalla faccia.

"Beh signor rossi, la informo che ciò che mio padre fa, lo decidiamo insieme, quindi la prego esponga" dissi in modo teatrale giocando con lui e facendolo leggermente infastidire. Volevo centrare il punto, non si sarebbe abbassato a chiedere un'alleanza senza un motivo preciso.

"Noi vi proteggeremo se tuo padre ci darà un sostengono economico molto ampio" disse lui mettendo i gomiti sul tavolo "In poche parole pensate che due sentinelle in più nella nostra squadra salvino il vostro culo dalla banca rotta?" chiesi io schietta, lui fece una risatina e poi disse "se la vuoi mettere così" disse lui aprendo leggermente le braccia in modo teatrale.

"però, se ovviamente mi permette, non penso sia questo il vero motivo." dissi io poggiando il mento sui miei pugni riuniti, lui fece uno sguardo confuso che mi invitò a parlare "Voi volete qualcosa in più, non vi rovinereste la reputazione solo per la vostra bancarotta, non è quello il punto che volete raggiungere. Penso proprio che in realtà quelli che vogliano protezione siate voi. Siete un uomo troppo avido per estendere il vostro progetto solo in Italia, quindi state cercando di crearvi alleati in America e probabilmente anche negli altri paesi, per ingrandire il vostro impero e poi affondare tutte le vostre pedine e avere il controllo, mi sbaglio?" chiesi io alzando le sopracciglia.

L'avevo studiato tutto il tempo della partita, era stato silenzioso e analizzava le mosse degli altri, soprattutto le mie.

Facendo due calcoli, da quello che mi aveva detto Mason, cioè che avevano proprietà anche qua, capì che lui voleva qualcosa di più da questo paese, se no non si sarebbe arrischiato così tanto sullo sperperare i soldi dall'altra parte del mondo, dove non poteva avere pieno controllo.

Nel gioco non puntava a prendere solo un avversario, ma tutti in una volta e questo certe volte lo rovinava. Forse mio padre non aveva tutti i torti, il Poker è il grande gioco che rappresentava la vita.

"Ti ho sottovalutata Olivia." disse lui accarezzandosi il mento con due dita e assottigliando lo sguardo "penso che sia l'ora di andare" ultimò Mason alzandosi dal tavolo dopo aver controllato l'ora sul suo Rolex "si infatti, arrivederci signor Rossi, e grazie per l'illuminante serata" disse io facendo un sorrisetto.

"Salutami tua madre Olivia" disse Rossi con un ghigno freddo e calcolatore "quando mi importerà di lei e di dove sarà, mi ricorderò di porgerle i suoi saluti" dissi io con un ghigno furbo. Lui ha sferrato quel coltello pensando che mi ferisse, che perdessi il controllo e che così gli avrei dato un mio punto debole su cui colpirmi quando voleva.

Ma in me vigeva freddezza, e stavolta non mi servì nessuna maschera per mostrarlo.

Uscimmo dal casinò e mentre aspettavamo la macchina che ci stava andando a prendere il parcheggiatore, Mason mi chiese "cosa è successo a tua madre Olivia?"

Non gli avrei dato quella risposta senza prima fargli una domanda, se avesse risposto, io gli avrei risposto "chi ti ha fatto quelle cicatrici Mason?" dissi io alzando le sopracciglia.

In quel momento arrivò la macchina, ma vidi appena in tempo che il suo sguardo si incupì.

Mi aprì la portiera e mi fece salire richiudendola. Lui salì e poi ci avviammo verso casa.

Io sbuffai e alla fine risposi con una parte della storia "ci ha abbandonati quando eravamo piccole" "eravate?" chiese lui alzando un sopracciglio confuso.

Stavo mettendo in atto un'altra cosa che mio padre mi aveva insegnato. Quando dai un pezzo di verità a una persona, aumentando la sua curiosità, lui ti darà ciò che tu vuoi per l'altro pezzo.

Così ritentai "chi ti ha fatto quelle cicatrici?" Lui accostò di colpo la macchina e mi prese il mento tra due dita guardandomi in faccia furioso.

Io non cambiai la mia espressione calcolatrice "non provare neanche per un secondo a manipolarmi Olivia" disse quasi in un ringhio sussurrato.

Non avendo lance a mio favore mi strappai dalla sua prese e guardai il finestrino. Lui ripartì cercando di contenere la scintilla di rabbia che ancora ardeva in lui. 

"Ci sono persone del mio passato che neanche io voglio ricordare" disse lui in tono calmo e indifferente.

Io alzai gli occhi al cielo divertita "e ora chi sta manipolando chi?" lui alzò le spalle e un angolo della sua bocca si alzò in quello che era un sorrisetto.

"ha abbandonato me e mia sorella" dissi incupendo lo sguardo.

Lui si voltò verso di me quasi sconvolto. Io sospirai guardando dritto sulla strada mostrando lo sguardo più freddo è indifferente che una persona potesse fare.

"si avevo una sorella, si chiamava Amber".

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