RYDER
«Sì, circa due anni fa...» ribadii per l'ennesima volta rivolgendomi alla donna dall'altra parte dello sportello. L'unico aperto in quel cazzo di giorno, con tutta la fila di gente che avevo alle spalle «...Liv King, o Jones. Per favore, che cosa le costa? Le sto dicendo che è davvero importante!»
«Non posso aprire archivi risalenti al semestre precedente figuriamoci quelli inerenti a due anni fa. Deve attendere che rientri dalle ferie il responsabile. E poi, può anche solo immaginare quante lettere spediamo e riceviamo ogni giorno?» Replicò svogliata la signora delle poste con quei suoi occhiali da vista posati sul naso, pronti a caderle da un momento all'altro. Cristo...che nervi! Ero lì da almeno mezz'ora a supplicarla di cercarmi quelle lettere ma lei non voleva proprio saperne.
«Può e lo farà!» Sbottai a bassa voce catturando la sua attenzione. «Prima di tutto le basterà solamente cliccare il mio nome. Su quelle lettere c'era il mio nome, chiaro? Non ci metterà molto. Io non ricevo tante cose per posta...» parlai più pacatamente stavolta «...e secondo, sappia che non mi muoverò da qui fino a che non mi dirà che fine hanno fatto quelle lettere! A lei la scelta.»
«Le consiglio vivamente di abbandonare questo ufficio postale, signor King!» Mi indicò la porta d'uscita alle mie spalle. «C'è gente che sta attendendo il proprio turno già da un bel po' e tra poco dovrei chiudere, per cui, dia spazio anche agli altri e ritorni in un altro momento affinché si possa risolvere la questione con calma e-....»
Tirai fuori delle banconote da cento dollari e le diedi ad ognuno di loro. «Ecco-...tieni, tenga anche lei, signora! ...Certo, anche tu bello! Ecco, prego....e chiudete la porta per favore!» Li cacciai via uno ad uno belli felici e sorridenti, fino a che mi voltai a guardare quella donna dai capelli bianchi, Barbara. Le abbozzai un sorriso avvicinandomi alla porta divisoria tra l'area uffici e quella d'attesa mentre mi guardò sconvolta vedendomi entrare nella sua postazione . Afferrai una sedia girevole e mi accomodai affianco alla donna che spalancò la bocca, non credendo ai suoi occhi. «Per sua fortuna non c'è più nessuno ad attendere il proprio turno per pagare le bollette o ritirare la pensione. Così, ora può occuparsi di me....Barbara!»
Dopo una decina di minuti passati nell'archivio riuscì a darmi le risposte che cercavo. Le lettere erano giunte a marzo e poi ritornate indietro dopo un paio di tentativi, e se Liv non le aveva ricevute...
«Chi ce le ha? Chi ha firmato nel momento in cui sono ritornate indietro?»
«Un certo -...»
«Abraham Jones.» La anticipai leggendo il nome dell'uomo. Tesi la mascella digrignando i denti. Lasciai anche alla donna una banconota da cento e me ne andai. Liv non sapeva nulla di che fine avessero fatto quelle lettere e ciò stava a significare che le avesse spedite senza riferire nulla al padre, segno che l'uomo non voleva che io scoprissi qualcosa. Quella stessa mattina abbandonai Fall River, presi uno dei miei aerei privati a Providence e partii per Galveston senza dire niente a nessuno. Nemmeno a Liv, tant'è che spensi il cellulare. Come aveva anche solo potuto farmi una cosa simile? Va bene, inizialmente era arrabbiata con me e se n'era andata volendo lasciare tutto alle spalle, ma poi? Tutto lì era stato il suo sforzo? A spedirmi un paio di lettere senza aver avuto certezza che fossero giunte nelle mie mani? Aveva forse pensato che non m'interessasse della bambina? Quella era la misera considerazione che aveva di me? Spaccai i bicchieri dinanzi a me e gettai contro la parete della cabina della suite una bottiglia di Champagne che mi avevano portato fino a che i due Stuart entrarono di corsa a controllare che stessi bene.
«Fuori!» Ordinai pacato inizialmente.
«Signor King...sta bene? Ma cos-...»
«La sua mano sanguina!»