LIVJulia inizialmente non reagì, come se stesse pensando si trattasse di uno scherzo. A dirla tutta, pure io. Charlotte, resasi conto che la ragazza stesse tentennando, spostò i suoi occhi di ghiaccio da me a lei divenendo dura nei lineamenti del viso già scolpito di suo. Era così presuntuosa che mi faceva ribollire il sangue per la rabbia . Anche se la sua presunzione non era forse il suo più grande male. Quella donna era mostruosa e brutale.
«Devo ripetertelo?»
Julia, incredula, gettò uno sguardo nella mia direzione prima di abbassare gli occhi. «C-certo che no!-...mi-...mi dispiace. Ora vi lascio sole, con permesso!» Andò via sorpassandomi mentre restai inerme con i piedi incollati sul pavimento di marmo pregiato finché l'intensità dello sguardo della donna catturò prepotentemente il mio.
«Avvicinati, hai paura?» Ghignò come se volesse in realtà farmi del male. Dopodiché, mi diede le spalle avvicinandosi ad una vecchia ma lussuosa consolle dove sopra era appoggiato un cofanetto blu di velluto che la donna prese in mano e che io guardai da lontano tramite il suo riflesso allo specchio. Sollevò gli occhi d'un tratto beccandomi a fissarla, ciononostante però, non esitai a contraccambiare. «Allora?» Sorrise. «Dai, vieni, voglio mostrarti una cosa.»
Feci un lungo respiro muto e mi incamminai nella sua direzione mentre la donna scansò la sedia quasi come un invito ad accomodarmi di fronte all'enorme specchio. Sulla consolle erano poggiati trucchi, profumi, fermagli pregiati e gioielli. Probabilmente tutto l'occorrente per la sua preparazione prima del matrimonio. Tentennante, seppur non lo diedi a vedere, mi accomodai come lei mi incitò a fare, fissando dinanzi a me il riflesso delle nostre sagome. Lei in piedi, alle mie spalle, mentre mi toccava gentilmente i capelli.
«Lo sai? Ho sempre desiderato avere una bambina.» Parlò guardando sé stessa e continuando a muovere le sue dita tra le ciocche dei miei lunghi capelli color cioccolato mentre mi tenni pronta ad ogni eventuale brutta sorpresa. Dopotutto, quella donna aveva in più occasioni dimostrato di che cosa fosse capace di fare. Mantenni gli occhi fissi sul suo viso il quale denotava rimorso mentre parlò con un'espressione facciale nostalgica o malinconica. «Ma quando Ryder è venuto al mondo i dottori mi dissero che se avessi deciso di avere un altro figlio avrei messo in pericolo la mia vita. Decisi comunque di provare. Desideravo così tanto una bambina che ero pronta a tutto.» Abbozzò un sorriso triste abbassando gli occhi fino a puntarli a me per poi fare una lunga pausa mentre non seppi né che dire e né come reagire. Aprì lentamente il cofanetto di velluto blu e sorrise afferrando un bellissimo collier colmo di diamanti e piccoli smeraldi. «Quando scoprii di attendere una bambina Aron mi regalò proprio questo collier...» lo slacciò e lo posò al mio petto sopra il mio dolcevita bianco di cashmere «...è un Cartier.» Mi informò mentre non osai neanche toccarlo, onde evitare di poterlo in qualche modo rovinare. Lo sollevò di poco guardandomi tramite lo specchio allacciandolo attorno alla mia gola. C'era solo il collo alto del mio maglione tra me ed il gioiello ma la sensazione viscerale che percepii fu proprio quella di un cappio. «Tutto, gravidanza compresa, andò bene inizialmente. Perfino i medici erano fiduciosi contrariamente ad ogni previsione...» sospirò mentre il mio cuore palpitò all'impazzata una volta che la sua espressione facciale si tramutò in qualcosa di cinico «...fino a la sera in cui scoprii che lui per anni aveva avuto una relazione con un'altra donna, per la disperazione persi la bambina. Perfino quella sera era con lei e Ryder era piccolo per capire.» Fece una lunga pausa specchiandosi mentre io mantenni lo sguardo fisso sulle sue mani. « Sai, Liv, siamo molto simili io e te sotto certi aspetti. Entrambe abbiamo sofferto molto nella vita, ed entrambe ne siamo in qualche modo venute fuori vincitrici. Ricordo ancora quando Heron King si presentò a casa dei miei genitori per chiedere loro la mia mano per suo figlio. Era un uomo così pacato e allo stesso tempo davvero elegante e virile. Avrei sposato chiunque pur di allontanarmi da quell'inferno dove vivevo. Chiunque. Il matrimonio fu celebrato nella chiesa principale di Boston, come da mio padre richiesto. Quella era stata la sua unica richiesta. Non la mia felicità. Nulla venne menzionato in merito al mio benestare. Non se ne curò nessuno! Ciononostante, Heron King, ovvero padre di Aron, lo accontentò e fece sì che le nozze fossero tanto impeccabili quanto memorabili.»
