LIV
Percepii il braccio intorpidirsi per via della possente stretta da parte della donna. Non reagii, ma il suo comportamento mi scosse non poco. «Non ci crederai, Liv!» Abbassò la voce, sgranò gli occhi ed uno scherno disperato comparve sul suo viso stravolto. Deglutii.
Ero scossa.
Una parte di me stava prestando la massima attenzione alle parole di Teresa White, mentre l'altra, era terrorizzata. Ma da cosa? Dai suoi modi da pazza oppure dalla scoperta del nome del reale colpevole?«Teresa...» incalzai cercando le parole giuste «...io so che questa storia ha stravolto la tua vita. La tua e quella dei tuoi figli, ma noi abbiamo vinto...» mormorai pacata appoggiando la mia mano libera sopra la sua, quella che stringeva ancora saldamente il mio avambraccio «...che senso avrebbe riaprire una causa che ci ha visti uscire da vincitori?»
Tese la mascella ed una lacrima le scavò la guancia, creandomi dispiacere.
«Chi ha vinto, Liv?» Sussurrò. «Fino a che l'assassino di centoquarantasette anime girerà a piede libero, qui nessuno avrà vinto niente. Fino a che chi ha ammazzato mio marito annientando la mia vita e quella dei miei figli, qui nessuno avrà vinto niente.» Fece una pausa ed il solo specchiarmi nei suoi occhi chiari mi mandò in totale tilt, smuovendomi qualcosa dentro. Eppure, non doveva accadere. Mio padre era ormai felice, io ero felice e avevo una bambina piccola di cui occuparmi e ritrovarmi coinvolta nuovamente in quella causa ormai morta e sepolta mi avrebbe solo causato altri problemi. Era un dato di fatto.
Le lacrime mi appannarono la vista rendendo poco chiara l'immagine di quella donna esasperata dalle peripezie della vita.
«Ho una figlia.» Pronunciai con mezza voce, quasi giustificandomi per il fatto che non potessi aiutarla. «Devo proteggerla, Teresa. Riaprire questa faccenda implicherebbe rimettere le nostre vite sul patibolo, di nuovo, e sinceramente-...»
«E ai miei figli ci pensi?» M'interruppe, al che, annuii ritirando la mano. Lessi delusione nel suo sguardo ma io non avevo tutto quel potere per aiutarla. Ero troppo inesperta. Sarebbe stato come autogettarmi nella fossa dei leoni.
«Mi dispiace per quello che è capitato al signor White, io-...io...»
Si ricompose sfregandosi le mani con rabbia sul volto, quasi a voler cancellare via quella sofferenza celata dietro alle sue interminabili lacrime, cosa che mi divorò viva. Me, la mia dignità ed il mio morale. Ma ero stanca anche io di combattere.
Mi alzai dal tavolo saldando il conto e lasciando lì la donna, a testa china, quasi arresa. Non provai neppure a porgerle la mano affine di stringere la sua poiché certamente avrebbe ignorato il mio saluto con la repulsione che stava provando nei miei riguardi, così, tentai un ultimo approccio salutandola e m'incamminai per uscire dal locale. Per tutto il percorso mantenni lo sguardo fisso sulla porta di vetro e restai in apnea trattenendo il fiato. Solamente una volta uscita fuori da quel posto tirai un lungo, lunghissimo respiro. M'incamminai a passo veloce, velocissimo, nella direzione del parcheggio dove avevo lasciato il veicolo di Ryder e ci salii. Chiusi gli occhi e provai a liberare la mente da quei pensieri che me la stavano disintegrando, mandandomela a fuoco, ma ancor prima di poter mettere in moto m'irrigidii vedendo due mani sbattere contro il finestrino della macchina.
«Non vuoi saperlo?» La sua voce suonò alle mie orecchie ovattata. «Non vuoi davvero sapere chi è il responsabile che ti ha fatto soffrire per tutti quegli anni addietro? Tuo padre sarà anche libero ma credi davvero che quelle centoquarantasette famiglie non lo lincerebbero se solo ce lo avessero davanti? Lo farebbero e lo sai bene anche tu! Perché nonostante lui sia innocente o la legge lo abbia stabilito come non colpevole, per loro sarà sempre lui il mostro dell'esplosione della fabbrica, Liv! Ora dimmi, non vuoi ripulire il suo nome? La sua dignità? Quella macchia che si porta ingiustamente appresso da così tanto tempo?»
