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LIV

Infilai una forchettata nella torta e gliela allungai nella direzione delle labbra. «L'abbiamo preparata io e Skyler. Ti piace?» Domandai pulendogli via con il pollice il cioccolato dai lati della bocca prima di leccarmi il dito sotto il suo sguardo eccitato.

«È la torta più buona che abbia mai assaggiato.» Mentì facendomi ridere, e come per ripicca, gliene feci assaggiare un altro po' ingozzandolo per bene.

«A sì? Tutta tua.»

«Tu si che sai come riempirmi l'anima...» scherzò trattenendo un riso «...e la pancia.»

Osservai come la sua lingua accolse nella sua cavità orale il dolce e poi come le sue labbra morbide assunsero la forma della forchetta. Deglutii restandone incantata ed infine, leccai la posata metallica, volendo a tutti i costi assaggiare lui. La sua essenza.
Il suo dolcissimo nettare.
Racchiusi il dolce con il coperchio del vassoio portatorte e lo allontanai da noi.

«Basta mangiare?» Ghignò osservando la mia bocca con ardore, soprattutto quando eliminai del tutto la distanza posta dalla mia. Lo respirai a fondo percependo lo strazio del tormentoso desiderio divorarmi viva da cima a fondo.
Fino a far male.
I nostri respiri si appesantirono fino a diventare sonori nelle bocche di l'un l'altra, ma nessuno dei due cedette.

«Hai fame?» Sussurrai provocandolo a debita distanza, seppur non sfiorandolo. Avanzò a catturare le mie labbra ma ogni volta che lo fece io ritrai, lasciandolo a bocca asciutta.

«Sì.»

Lo stuzzicai nuovamente giocando con lui e la sua pazienza, e nonostante anche stavolta mi allontanai in tempo, prima che le nostre bocche si sfiorassero, afferrò saldamente il mio collo da dietro e mi avvicinò a sé mordendomi il labbro inferiore. Riversai un ansimo di piacere e sottomissione nella sua cavità orale mentre i nostri sguardi si fusero e si persero nella passione che ci esplodeva dentro.

«Puoi mangiare me.» Con una scaltra mossa gli infilai la mano all'interno dei jeans e gli presi il cazzo in mano, al che lui, non resistendo più, mi ficcò così a fondo la lingua in bocca che riuscì a soffocarmi dal piacere incontrastato che mi assalì. Non mostrò pietà e non mi diede tregua. La mia testa bruciò. Il mio corpo bruciò. La mia anima bruciò. Amavo il suo cazzo ed amavo ciò che riusciva a farmi. Percepii l'atroce contorsione dei muscoli nel mio basso ventre e con essi, l'ardore che colò nel mio perizoma. Ero pronta per lui, anche se sarebbe bastato uno sguardo da parte sua ed io sarei sempre stata pronta per lui. Le nostre bocche si conoscevano così bene. Si aprivano e chiudevano a tempo, assaggiandosi, leccandosi e mordendosi freneticamente. Amavo i suoni rudi della sua goduria e gemetti quando succhiò la mia lingua in modo lussurioso ed animalesco, capace di farmi vibrare il petto. Percepii l'incontrastabile desiderio di unirmi a lui, di strusciarmi addosso a lui o di essere toccata. «Toccami!» Gli ordinai seppur suonò più come un imploro e sapeva bene che mi aveva in pugno.

«No.» Scosse lentamente la testa come un figlio di puttana. Lo fissai per un attimo non rispondendo più ai movimenti dolci delle sue labbra sulle mie, ed infine, capendo che fosse serio, lo spinsi via e mi alzai. Voleva giocare? Bene. «Dove credi di andare?» Chiese sorridendo alle mie spalle mentre mi diressi verso la vetrata conducente in cucina.

«Da nessuna parte. Perché?» Risposi udendo i suoi passi accelerare, così, non resistetti e scoppiai a ridere provando a fuggirgli sul serio via. Mi misi a correre per casa come una bambina, inseguita da lui fino gridai sentendomi intrappolata nelle sue braccia e sollevata da terra. Fu divertente il fatto che quando abbassai lo sguardo, mentre lui camminava i miei piedi rimanevano a penzoloni.

«La smetti di fare la stronza con me?» Ringhiò al mio orecchio divorandomi poi la pelle del collo. «Eh?»

«Se continui a baciarmi così, no! Anzi, mi assicurerò di fare di peggio! » Sollevai la testa affine di cercare il suo sguardo. Stava sorridendo, ma appena i nostri occhi s'incrociarono divenne serio e rimase a guardarmi in silenzio, studiandomi attentamente. Inutile dire che il cuore cominciò a galoppare e di lì a poco sarebbe esploso, ne ero certa . Mi fece scendere e mi voltò verso di sé, al che, lo racchiusi in un abbraccio, intrecciando le mie dita dietro la sua schiena. Inconsapevolmente ci muovemmo sul posto, appoggiando il peso su un piede e poi sull'altro, come se stessimo danzando sul ritmo di una ballata lenta. La musica non c'era ma le nostre anime ballarono preda della melodia dell'amore.

Liv - L'ultimo Re 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora