Carlo

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Leone si aggira nervosamente, le mani infilate nelle tasche del cappotto, ogni passo echeggia tra lo stretto passaggio, amplificato dal silenzio ovattato. L'odore di disinfettante e di cibo ospedaliero gli pizzica il naso, mentre il ticchettio dell'orologio sulla parete scandisce il tempo che sembra interminabile.

Si stringe nelle spalle cercando un po' di calore. Ogni secondo che passa è un'eternità, un'attesa che lo consuma dall'interno. Se qualcuno gli avesse detto che avrebbe passato il giorno di Natale a camminare su e giù lungo il corridoio del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale San Leonardo, "L'Ospedal Grando", non ci avrebbe creduto.

Le doglie l'avevano colta di sorpresa all'alba del Natale del 1943. Ormai conosceva quelle stilettate, quelle spade che sembrava trafiggerla, un calore bruciante che si irradiava dal basso ventre. Aveva atteso qualche minuto prima di svegliare Leone, cercando di dominare la paura e l'angoscia; il ricordo dei travagli precedenti l'aveva pralizzata. Ma le contrazioni, sempre più ravvicinate e intense, la costrinsero ad agire. Proprio per questo, da tempo, lei e Leone avevano deciso che il loro quarto figlio sarebbe nato tra le mura rassicuranti di un ospedale.

Ma ora, mentre l'attesa si prolunga, l'uomo non può fare a meno di chiedersi se hanno fatto la scelta giusta.

Dietro a quella porta bianca con i vetri smerigliati e la scritta SALA PARTO, Rosa stringe i pugni forzandosi di non urlare. Ogni contrazione è un'onda che la travolge, un muro di dolore contro cui si infrange. Vicino a lei una suora le asciuga la fronte, la incita a non lasciarsi andare. La sua voce è dolce e rassicurante ma arriva a Rosa come un'eco lontanissima.

L'ostetrica di turno, una donna con anni di esperienza, ha il volto contratto dalla tensione e dalla fatica. Capisce che l'aspetta una lunga e pesante giornata.

 – Suor Lucia, per favore vada a chiamare subito un medico, – dice con voce roca ma calma per non spaventare la partoriente. Un parto podalico. Le parole rimbombano nella testa. Questa donna è stremata da ore di travaglio.

La suora lascia la mano di Rosa, che ha ormai lo sguardo fisso nel vuoto. Il dolore, una volta lancinante, si è trasformato in una stanca rassegnazione. Un filo di voce le esce dalle labbra.

– Gesù, oggi è Natale, festeggiamo la tua nascita. Ti prego, fai venire al mondo anche questo figlio mio, – sussurra, stringendo gli occhi. 

Suor Lucia apre la porta a vetri. Leone le va subito incontro, si passa una mano sul collo. 

– Dica la verità, Madre. C'è qualcosa che non va? Ormai sono ore che mia moglie è in quella stanza...

Suor Lucia, fissa Leone con uno sguardo compassionevole. Il volto paffuto, stretto nella cuffia coperta dal manto candido, si incupisce. Le labbra tremano leggermente mentre cerca le parole.

– Purtroppo, figliolo, tua moglie ha scelto proprio il giorno di Natale per partorire. E il parto è podalico. Sto cercando un medico, ma sai come sono le feste...

Appoggia una mano sul suo braccio, cercando di trasmettergli calma.

– Vedi quella porta in fondo al corridoio? C'è una piccola cappella, vai a pregare, forse un po' di pace ti farà bene.

Leone si fa pallido, anche i capelli sembrano improvvisamente incanutiti. L'angoscia gli stringe la gola, un brivido freddo lo percorre dalla testa ai piedi per poi tasformarsi in un'onda di calore che lo fa sudare e tremare allo stesso tempo. Si toglie il cappotto, si allenta il collo della camicia. La suora, notando la bianchezza del volto e il sudore freddo, capisce che l'uomo sta per svenire.

 Lo prende sottobraccio, la sua stazza le permette di sorreggerlo fino a una sedia. 

– Siediti, figliolo. Prega pure da qui, il Signore ti ascolterà. La tua fede ti darà la forza di superare questo momento difficile. Vado a cercare il medico, non ti muovere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 4 days ago ⏰

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