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The loneliest - Måneskin

D U N C A N

3 dicembre 2002

Urla infernali, rumori violenti, porte che sbattono.

Vorrei tanto uscire a giocare a calcetto nel bosco qui dietro con il mio amico Richard. Perché devo stare dentro questa stanza?

Voglio uscire, voglio uscire. Non voglio più stare qui.

"Dove vai?"

"Voglio andare via, non voglio stare sempre qui dentro!"

Trevor legge cauto il libro illustrato sugli animali. "Lo sai che papà non vuole"

"Basta!"

Le mie scarpette da calcio hanno dei tacchetti che fanno troppo rumore quando battono sul pavimento in legno.

Ma non devo farmi sentire. Non adesso.

Vorrei tanto essere quel supereroe che vedo sempre in televisione... quello che riesce a diventare invisibile.

Perché lui può e io no? Lui potrebbe uscire a giocare con Richard quando vuole, invece io devo sempre stare chiuso in camera con Trevor e Sophie!

Sophie neanche parla! Mi annoio tanto: a me piace il prato bagnato, mi piace ridere e urlare quando riesco a fare goal, mi piace correre dentro casa di Richard per sentire il profumo dolce di quelle buonissime merendine che sua mamma prepara nel pomeriggio.

Eppure ciò che vedo la maggior parte del tempo è solo il bosco immenso che circonda questa casa. Ed anche questo non è facile, perché la finestrella è troppo in alto e devo arrampicarmi con la sedia per riuscire a vedere tutti quegli alberi.

Qui vorrei essere Tarzan. Lui può saltare da un albero all'altro, può parlare con gli animali!

Quando ho provato ad arrampicarmi sull'albero sono caduto e mi sono sbucciato il ginocchio.

E papà continuava a urlare. Sempre di più.

"Sei un fallito!"

"Se non fosse per i miei soldi saresti totalmente inutile"

"Smettila di essere così ridicolo"

Io volevo soltanto essere Tarzan: arrivare sulla parte più alta dell'albero e tentare di afferrare tutte quelle nuvole bianche che mi ricordano lo zucchero filato.

E invece sono solo Duncan.

La mamma però dice che sono il più forte dei supereroi e che anche loro, per diventare così, si sono sbucciati le ginocchia.

Voglio tanto bene alla mia mamma. Mi piace il suo sorriso, mi piacciono i suoi lunghi capelli neri e i suoi occhi grandi.

Quando papà urla e noi siamo spaventati lei ci suona sempre il pianoforte, anche se qualche volta bagna i tasti con le sue lacrime. Io non voglio che lei sia triste.

Sento due manine aggrapparsi ai miei pantaloncini.

"O-ove ai fatelone?"

Sophie non sa ancora parlare e non si rende conto di quello che succede... è ancora troppo piccola.

"Sh... vai da Trevor, io devo fare una cosa"

"Phie no?" domanda, sporgendo leggermente il labbruccio.

"No, Sophie no. Sophie deve giocare con quella bellissima bambola che le ha regalato la mamma"

Lei, alla parola bambola, annuisce e sfodera il suo più grande sorriso, mostrando i suoi piccoli dentini.

BROOKLYN'S LIGHTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora