XLV (2)

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A N G E L

Odio correre. L'ho sempre odiato, sin dai tempi del liceo.

Avete presente quelle ragazze che a scuola vengono scelte sempre in squadra per ultime perché giocando a pallavolo la palla rischierebbe di finire più sulla loro faccia che sui pugni per un bagher? Ecco, ero una di loro.

Buffo pensare che ora mi trovo in tuta e coda di cavallo a correre per Central Park. Devo dirlo, fino a qualche giorno fa ne avrei fatto tranquillamente a meno, ma ho scoperto appena l'altro ieri che Callie ha avuto la brillante idea di iscrivermi ad una maratona.

Non una maratona qualsiasi, la maratona in onore di Danielle.

Trevor ha deciso di organizzare una giornata di beneficenza aperta al pubblico a sostegno delle donne vittime di maltrattamenti. Il tema della giornata è lo sport: calcio, pallavolo, corsa, tennis.

Ho rischiato di inciampare circa quattro volte da quando ho iniziato questo infernale allenamento, le ho contate. Certo, non posso negare che sia liberatorio, ma d'altra parte continuo a sostenere che lo sport non faccia per me.

Il funerale di Danielle si è tenuto in una piccola chiesa fuori città, Sophie ha ribadito più volte che lei avrebbe voluto questo: le persone del suo cuore, un luogo pieno di dipinti ed un giardino a contornare colmo di margherite. È incredibile quante emozioni abbia provato quel giorno, mentirei se dicessi che non sento ancora sulla pelle lo straziante abbraccio con Duncan.

Il suo odore, il suo respiro vicino al mio orecchio, i suoi capelli neri che mi pizzicavano il collo, la lingua sulle mie caviglie... aspetta, ma che diamine...?

Abbasso appena lo sguardo e, con grande sorpresa, noto un adorabile cucciolo di Rottweiler intento a leccarmi le caviglie come se fossero la cosa più gustosa di questo mondo. Sono confusa, intenerita ma confusa.

«E tu chi sei?»

Mi chino per vederlo meglio, ed il piccolo mi saluta agitando la sua coda bruna.

«Woof, woof, woof

Ridacchio. «Di certo sei uno che si fa sentire, eh?»

Ho sempre voluto un cane, ma tra l'università prima ed il lavoro in ufficio poi non ne ho mai avuto davvero l'occasione.

Il cucciolo, dopo aver fatto emozionato tre giri di corsa intorno a me, prende in mezzo al prato un bastone in legno e lo poggia sulle mie scarpe da tennis.

«Woooof!»

«Vuoi giocare?»

In risposta la sua codina si muove ancora più velocemente. Lo prendo per un sì.

Per circa mezz'ora mi trovo a tirare il bastone verso il parco, ed il cucciolo me lo riporta con sempre più entusiasmo, senza il minimo sforzo. Dannazione, i cuccioli sono davvero instancabili.

«Spero tanto che tu ti sia solo perso, non riuscirei a lasciarti qui»

Mi appoggio sulla panchina e noto con sorpresa che il piccolino decide di mettersi educatamente al mio fianco. Poggia le zampine sulla mia tuta e con il naso nero sniffa curiosamente la mia guancia.

Mi lascio abbandonare alla tenerezza e decido di coccolarlo un po'. Solo in quel momento noto che sul collo indossa un ciondolo a forma di osso, su di esso vi è scritto Furia e un numero di telefono.

Una parte di me è tentata dal portarsi a casa questo adorabile esserino, ma d'altra parte la mia permanenza qui non sarà lunga e non posso di certo rubarlo. Ci manca solo di essere arrestata per furto canino.

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