XXXIV

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25 dicembre

È da quando sono piccola che sostengo che la mattina di Natale è la migliore dell'anno. Mia madre aveva come usanza crearmi per ogni mattina fino al grande giorno delle piccole scatole colorate con dolcetti diversi, abbinati a dei piccoli giochi di poco prezzo del discount vicino casa: l'entusiasmo che provavo mentre trovavo davanti ai miei occhi la sorpresa del giorno era inspiegabile.

Passare il Natale lontana dalla mia famiglia mi rattrista, mi sento come se questa fosse la prova definitiva del fatto che abbia lasciato il mio passato a tante ore da qui.

Una parte del passato che invece avrei decisamente preferito non vedere è Sasha: colei che ha reso la mia adolescenza un inferno.

Avevo pregato mentalmente che non fosse lei, che magari colei che stava parlando con Duncan fosse soltanto una ragazza che le somigliava dannatamente tanto, ma non era così. Era Sasha Pierce in persona, la vipera del liceo di Bandera.

Tra tutti i luoghi del mondo in cui avrebbe potuto farsi un giro è finita a Brooklyn con Duncan, incredibile.

Duncan. Ho avuto bisogno di circa trenta secondi per rendermi conto che, ancora una volta, avevo sbagliato tutto, illudendomi che la nostra potesse essere davvero una storia d'amore normale.

Se avesse realmente voluto migliorare la situazione mi avrebbe cercata, cosa che non è successa.

"Non sono il fottutissimo ragazzo perfetto, parli come se non l'avessimo già messo in conto"

Le sue taglienti parole risuonano imperterrite nella mia mente, come un eco infinito.

Vorrei così tanto smettere di pensarci.

"Joseph?"

Passare nell'ufficio di Joseph Cooper per ritirare il lavoro per il prossimo anno il giorno di Natale forse non è stata la migliore delle idee, ma lui ha comunque accettato con il sorriso in volto.

La mia mente, attualmente, pensa che più tempo mi tengo impegnata e più saranno le ore che mi divideranno dal Natale a casa Thompson.

"Sì, Angel?"

"Come ci si rende conto se si è innamorati di qualcuno?"

"Se ci fosse un modo per rendersene conto sarebbe tutto più facile, non credi?" mi chiede.

Lo guardo per qualche istante senza proferire parola. Lui sembra comprendere la mia espressione pensierosa, tanto che afferra una sedia per sedersi al mio fianco.

"Una cosa però è certa: non credere a chi dice che l'amore ti fa sentire come su una nuvola. L'amore è una vera e propria montagna russa, una di quelle che ti fa fare una discesa di venti metri per poi catapultarti su un giro della morte dopo soltanto due secondi di tregua. Senti il calore nel tuo corpo e l'estremo bisogno, quasi eccessivo, di vedere quella persona davanti ai tuoi occhi. Non siamo calamite, ma a volte l'amore ci fa sembrare molto simili a loro"

La sincerità con il quale esprime ogni singola parola mi fa perdere il contatto con la realtà, come se fossero il dolce sottofondo della visione di due occhi ghiaccio.

Quanto mi piacerebbe che andasse via dalla mia mente, sarebbe tutto più facile.

Sospiro, poggiando il mio volto sulla mano destra.

"Tu sei innamorato?"

"Sono stato tanto innamorato, forse troppo" afferma, con una nota di malinconia nella sua voce, "Ma ora tu dovresti andare a goderti la tua serata di Natale, piuttosto che stare in ufficio"

Chissà qual è il motivo per il quale usa il passato.

Gli rivolgo un sincero sorriso. "Buon Natale, Joseph"

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