XXIX

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26 novembre (parte 2)

Duncan scruta con i suoi occhi ghiaccio il salotto affollato. "Cos'è, la rimpatriata di mezza età di qualche vecchia scuola elementare?"

È sempre il solito.

"Ciao anche a te, fratellone" lo saluta Sophie.

Trevor lo accoglie alla porta. "Abbiamo deciso di fare qualcosa tutti insieme, non pensavo venissi"

"È un problema?" aggiunge.

Vorrei tanto dire qualcosa, una qualsiasi minuscola cosa, ma la mia voce sembra essere subito sparita nel nulla.

Sono estremamente nervosa.

Pearl, con tutta la sua invadenza, appena vede Duncan decide di aggrapparsi alla sua gamba. "Mi ricordo di te!"

Non so dove nascondermi, soprattutto sotto gli sguardi confusi dei miei genitori.

"Ehi piccoletta. Avresti potuto dirmi in anticipo che ci saresti stata, mi sarei fatto più carino" mormora ironicamente lui, facendola ridacchiare timidamente.

E ammetto che come scena è decisamente adorabile.

Finalmente i suoi occhi ghiaccio si scontrano con i miei, lasciandoci per qualche attimo immobilizzati entrambi.

Ci siamo lasciati così male l'ultima volta, non ho idea di come agire o di cosa dire.

Forse dovrei semplicemente salutarlo? Fargli gli auguri per il ringraziamento?

Non faccio in tempo a dire qualcosa, perché davanti ai miei occhi si presenta la figura slanciata e dai capelli biondi di Emily.

"Io sono Emily, mi piace molto la tua camicia"

Sospiro, cercando di mantenere la calma.

Duncan non starà mai ai suoi giochetti.

Sul suo volto spunta un ghigno. "Ah sì, bellezza?"

Bellezza?! Sul serio?

Decido di andare a controllare il tacchino, per evitare di farmi coinvolgere in un totale esaurimento nervoso.

Non solo mi ignora, ma ci prova anche con la mia odiosa cugina!

Mi perdo per qualche istante nella visione del tacchino, finché una voce familiare mi risveglia dai pensieri. "Tesoro della nonna, quale tra i due è il tuo ragazzo?"

Sospiro. "Nessuno nonna, nessuno"

"Ma è un peccato! Guarda che belli: slanciati, eleganti"

In questo momento vorrei seriamente sparire.

"Nonna, dovresti controllare la torta, sul tavolo non ce n'è più"

Lei si copre la bocca con fare sorpreso. "Oh tesoro, hai ragione"

Ho un bisogno urgente di prendermi una pausa da tutto questo.

Decido di salire per le scale: fortunatamente ho un vago ricordo delle stanze per via dell'ultima volta, o avrei seriamente rischiato di perdermi.

Mi soffermo su una foto sul muro che l'altra volta non avevo notata.

Raffigura un bambino dal caschetto nero, gli occhi azzurri e la tuta da calcio interrata. Ha stampato sul volto un sorriso sincero, è dolce e con gli occhi pieni di innocenza. Lo riconosco subito e, una parte di me, si chiede come mai adesso sembri una persona così diversa.

"Non ti sembra un deja-vu?"

Una voce rauca che fa eco nell'immenso corridoio, mi fa sussultare.

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