XLIV (2)

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Tra due settimane saranno trascorsi esattamente tre mesi da quando ho deciso di licenziarmi da quel bar, ciò significa che se non troverò una soluzione entro qualche giorno sarò costretta ad andarmene.

Rendersi conto che la laurea americana serve a ben poco qui in Italia è stato un vero e proprio palo in faccia, e non posso di certo permettermi di vivere di nullafacenza, nonostante io abbia ancora dei risparmi da parte.

Ti sei cacciata in un grande guaio, Angel.

Mi trovo seduta sul letto, con lo sguardo un po' perso. Effettivamente è così che mi sento, totalmente persa. Damiano cerca di rassicurarmi, ma delle volte la sua preoccupazione finisce solo per peggiorare la situazione.

«Lo sai che quella è l'ultima soluzione rimasta...»

Agito la testa. «Non se ne parla»

«Angel, così facendo dovrai tornare in america!»

«Me la sono sempre cavata da sola», ribatto sospirando.

So bene che chiedere a Joseph Cooper un lavoro risolverebbe i miei problemi, ma non voglio farlo. Non è nella mia indole approfittarsi delle persone, non l'ho cercato per un anno e non lo farò di certo per un mio capriccio.

«In fondo la capisco, Angie non è una persona incoerente», aggiunge Beatrice.

Damiano alza esasperato le braccia al cielo. «Qui non parliamo di incoerenza, ma del fatto che rischiamo di averla dall'altra parte del mondo»

«Guardate che sono qui», intono facendo un cenno. «E ho ancora due settimane di tempo»

«Fai come vuoi», sbuffa lui. «Io vado a farmi un giro»

Non mi da tempo di rispondere che la porta è già chiusa alle sue spalle. Mi getto sul letto, mettendomi le mani tra i capelli.

«Facendo così non migliorerà la situazione», piagnucolo.

Bea decide di sdraiarsi accanto a me, poggiando la sua testa sulla mia spalla. Probabilmente se non ci fosse lei qui sarei già andata fuori di testa, mi sta dando una grande mano.

«Lo so, Angie, ma ci tiene ad averti qua», mormora. «E ci tengo anch'io, ma so anche che se tu avessi davvero voluto restare qui avresti già trovato una soluzione»

«Che intendi?»

Lei accenna un sorriso. «Ho visto la luce che avevi negli occhi quando eri a Brooklyn. E ho visto anche come mano a mano, stando qui, quella luce si è spenta», inizia. «L'azienda in cui lavoro io ti avrebbe presa senza problemi, ma tu hai sempre preferito cercare altrove»

«Sai che Joseph è un socio e non voglio approfittarne», riprendo, forse con troppa poca convinzione.

«Ti dico solo di pensare alla tua felicità in primis, nessuno qui te ne vorrà», mi dice. «E poi ho trovato un'app con cui i voli per Brooklyn sono a un'ottimo prezzo, non ti libereresti di me»

Purtroppo so bene che, in realtà, qualcuno me ne vorrebbe. E non avrebbe tutti i torti, ho provato con tutta me stessa a crearmi una nuova vita il più normale possibile e causare sofferenze alle persone che mi sono state accanto dal giorno zero in una realtà così disorientante mi lacera nel profondo.

La stringo in un abbraccio, lasciandomi inondare dal suo profumo di fragola. «Non vorrei mai liberarmi di te»

Le parole di Bea frullano ininterrottamente nella mia testa per ore. Neanche la doccia gelida che sto facendo da venti minuti riesce a farmi tornare con i piedi per terra.

Scappare da tutto e tutti un anno fa è stato facile, ma solo adesso mi rendo conto di quante conseguenze quella scelta abbia avuto sulla mia vita. Ho amato Milano, ma è davvero qui che voglio vivere il mio futuro?

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