XXXVII

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D U N C A N

2 gennaio

Dire a Joseph Cooper ciò che è successo è la parte più difficile del processo. Ho provato con tutto me stesso a stare lontano da Angel o a prendere consapevolezza che senza di me starebbe molto meglio, ma non ci sono riuscito, probabilmente non ce l'avrei mai fatta.

Busso alla porta dell'ufficio Cooper, in attesa di sentire il mio invito ad entrare.

Non mi sono fatto uno schema mentale, quello è un lavoro che fa Trevor solitamente.

Joseph mi accoglie, come sempre, in modo cordiale.

"Duncan, a cosa devo questo piacere?"

"Dobbiamo parlare" affermo, senza girarci intorno.

La sua espressione cambia, diventando più preoccupata. "Ti è accaduto qualcosa? Hai bisogno di una mano?"

Non posso negare di sentirmi in parte in colpa. Il fatto che una ragazza dai capelli ramati di un metro e sessantacinque di altezza mi fottesse il cervello non era nei miei piani.

"Non riguarda questo, o almeno non proprio"

"Lo sai che con me puoi parlare"

Mi poggio verso la finestra, scrutando il traffico. "Riguarda Angel"

"Angel?!"

Tasto dolente.

"Non è arrivata nessuna voce qui?"

"Mi stai spaventando. Che tipo di voce mi sarebbe dovuta arrivare?"

Girarci intorno non servirà a nulla. Devo dirglielo.

Sposto i miei occhi chiari sul suo volto allarmato. "L'ho fatto, Joseph"

Lui mi guarda per alcuni istanti, come se stesse cercando la conferma che quello che sto dicendo non è uno scherzo. Ma non lo è, credo di non essere mai stato più serio in vita mia.

"Diamine, Duncan!" urla, battendo le mani sulla scrivania. "Sapevi che lei era totalmente off-limits"

Cammino nervosamente per la stanza, passandomi le mani tra i capelli scuri.

"Lo so, cazzo! Credi io sia il tipo che rincorre una ragazza? Non lo sono mai stato"

"Non può essere un tuo capriccio, Duncan, non questa volta"

È tutt'altro che un fottutissimo capriccio.

Tento di mantenere il controllo di me stesso, sbottare o ribaltare l'ufficio peggiorerebbe la situazione.

"Cosa dovrei fare adesso, scaricarla?" domando. "Sappi che non lo farò, siamo già tutti dei fottutissimi codardi"

Joseph, appena sente questa mia ultima frase, sembra sbiancare.

"Le hai detto qualcosa?"

Stringo i pugni. "Non le ho detto un cazzo, anche se vorrei tanto farlo!"

"Tra tutte le ragazze che potevi avere al mondo hai scelto l'unica che avresti dovuto evitare"

Sono stufo di questa dannata storia.

Mi avvicino al suo volto, con gli occhi che quasi mi diventano rossi.

"Non l'ho scelta, Joseph", mormoro, "Io la amo, cazzo se la amo"

Lui sbarra gli occhi, come se avesse appena avuto un apparizione. "Lo hai detto davvero?"

"L'ho detto"

Mai avrei creduto di farlo.

"E sei sincero?" mi domanda, quasi sussurrando.

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