XXVII

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13 novembre

Finalmente a Brooklyn.

Sono state le dieci ore più lunghe della mia vita, ogni minuto in più senza rete il pensiero che quella foto possa aver rovinato tutto mi ha lacerata.

È davvero assurdo quanto sia facile mandare in tilt la mente di una persona.

Ho provato a chiamare Duncan all'incirca dieci volte prima di prendere l'aereo, ma il telefono risultava sempre staccato.

Joseph si è gentilmente offerto di darmi un passaggio fino all'appartamento dato che con questo lungo viaggio abbiamo superato la mezzanotte... inoltre dopo la brutta esperienza con Bradley non mi entusiasma girare di notte per le strade di Brooklyn.

D'un tratto il suo cellulare squilla. "Ciao Trevor... cosa? Non posso crederci. Sì, sì, arrivo subito"

Tento di origliare, ma la voce tenue di Trevor non mi permette di udire le sue parole.

Cosa sarà successo?

"Tutto bene?" chiedo, preoccupata.

Gli occhi chiari di Joseph sono parecchio allarmati: spero vivamente non sia successo qualcosa di grave.

"È un problema se prima di riaccompagnarti faccio uno strappo in caserma?"

Riprendo le sue parole, ancora più confusa. "In caserma?"

Trevor mi sembra l'ultima persona al mondo che possa essere arrestata, onestamente.

"Duncan stava per essere coinvolto in una rissa... mi sembra di essere tornato nel 2008"

All'udire di quel nome il mio cuore inizia a palpitare più velocemente e la preoccupazione invade ogni angolo della mia mente.

Devo assolutamente andare con lui.

Riconosco la caserma dalle sgargianti luci blu delle auto davanti ad essa. Per fortuna non avevo mai avuto occasione di andarci prima di oggi.

Joseph si affretta a scendere dall'auto e io, senza pensarci due volte, mi accodo a lui.

Da lontano intravedo la sagoma di Duncan poggiato contro il muro e Trevor, con le braccia al cielo, sembra essere molto sconcertato.

"Eccomi, ho cercato di fare il prima possibile"

Quando i miei occhi scuri si incontrano con quelli ghiaccio di Duncan, è come se fosse il nostro primo incontro: sento il volto immobilizzarsi, la lingua tremolante e le mani che non riesco a tenere ferme.

Mi sarei aspettata una maniera diversa di rivederlo, soprattutto dopo tutti i bei messaggi che ci siamo scambiati in questi giorni, invece sembra scrutarmi con un distacco tale da farmi gelare.

"Già di ritorno dall'Italia? Ed io che pensavo ci fosse tanta bella gente" sputa, mantenendo il contatto visivo con il mio.

Decido di non rispondere, limitandomi a fare un respiro profondo. Parlargli davanti a Trevor e Joseph è l'ultima cosa che voglio... inoltre sono certa che non capirebbe.

"Posso sapere che hai combinato?"

Suo fratello sospira, mentre si sistema il polsino della camicia. "L'hanno beccato quando era ad un soffio dal tirare un pugno addosso ad una persona, inoltre sotto parecchi bicchieri di whiskey"

"Ce l'ho la lingua, Trevor" ribatte Duncan, furioso.

"Sei stato fortunato che il poliziotto è un mio amico o ti saresti ritrovato nei guai"

"Parli come se non avessimo i soldi per pagare una fottuta cauzione"

Joseph, che nel mentre ascoltava attentamente il botta e risposta dei due fratelli, decide di intervenire. "Tuo fratello ha ragione, non hai più sedici anni"

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