Capitolo 1

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Era una calda serata di fine giugno.
La bella Venere, era seduta ad un tavolo di un ristorante con vista mare, bastava girare lo sguardo e poter vedere le onde infrangersi sugli scogli, sui quali si ergeva al di sopra di essi, il locale raffinato ed elegante, in cui si trovava.

Venere non passava indifferente allo sguardo delle persone. Aveva una rara bellezza.
Non era la più bella del mondo, ma aveva un certo fascino, il quale venne sottolineato da quel vestito di seta nero con le bretelline sottili, che le lasciava scoperta la schiena e lo spacco terminava proprio lì, dove si vedevano le sue delicate fossette di Venere.
Mentre sul petto pendeva la sua collana con una sola perla. Mentre il suo seno rimaneva custodito all'interno della sua scollatura a V, che non risultava volgare su di lei.

Ma del resto come poteva essere Venere volgare?

Già solo aver accostato il suo nome, Venere e l'aggettivo volgare accanto ad esso, può risultare una bestemmia.

Venere era delicata, semplice ed era proprio questo a renderla estremamente incantevole.

I suoi capelli, le arrivavano alle spalle, erano ricci e castani ma se si faceva particolare attenzione, si notavano dei riflessi ramati.
I suoi occhioni azzurri erano rivolti al mare, il quale non si vedeva perché era notte, ma si riusciva benissimo a sentirlo infrangersi sugli scogli, nonostante il vociferare delle altre persone che erano nel locale.

Quella sera voleva essere ovunque tranne che lì seduta a quel tavolo. L'uomo che aveva di fronte, Riccardo, questa era il suo nome, era noioso e lo trovava anche spocchioso. Era il classico figlio di papà, che stava per diventare avvocato, così da continuare l'ufficio di suo padre. Non aveva nulla che la potesse attrarre.

Però aveva dovuto accettare l'invito perché era la seconda volta che quell'uomo le chiedeva di uscire.
Molti uomini la trovavano interessante anzi in realtà anche molte donne.
E Venere non si fece mai problemi del sesso delle persone che ci provavano con lei. Era una persona aperta a tutti i tipi di frequentazione, non si poneva limiti.

Era libera. Era sempre stata libera.

Era come una folata di vento gelida. Ti colpisce e ti stravolge. Non riesci a dimenticarla facilmente, nonostante tutto ti rimane impressa dentro.

<<Se puoi scusarmi, devo andare in bagno>> disse il giovane uomo seduto dinanzi ad essa.
Non gli rispose neanche, era troppo intenta a guardare oltre il balconcino e a sentire le onde.
L'amore che provava per il mare glielo aveva trasmesso sua madre, la quale per tanto tempo aveva vissuto in montagna, che odiava tanto. Perciò quando nacque Venere, decise che non avrebbe commesso lo stesso errore, che commisero i suoi genitori di far crescere la loro figlia in un luogo che non le piaceva, così quando poteva, ché non era impegnata con il lavoro, Maria, portava Venere al mare.

Perché come racconta Esiodo nella Teogonia (versi 176-206):

Venne il grande Urano e portò la notte, intorno a Gaia
bramoso d'amore s'avvolse e si stese da ogni parte.
Kronos dalla tana allungò la mano sinistra,
con la destra impugnò la falce mostruosa dai denti aguzzi
e con un sol colpo recise il fallo di suo padre
e lo scagliò lontano, gettandoselo alle spalle.
Ma quello non gli cadde di mano senza frutto:
infatti, quante gocce di sangue ne sprizzarono,
tutte le raccolse Gaia: col passare degli anni,
ne generò le Erinni forti e i grandi Giganti,
fulgidi nelle loro armature e impugnanti lunghe lance,
e le Ninfe che sulla terra sconfinata chiamano Meliadi.
I genitali che prima aveva reciso con l'acciaio,
li scagliò dalla terraferma nelle onde del mare,
e per molto tempo andarono per mare e intorno
spuntava una schiuma bianca dalla pelle immortale,
e dentro la schiuma una fanciulla fu nutrita.
Dapprima veleggiò alla volta dei santi Citeresi,
di qui poi giunse a Cipro cinta dalle acque.
Ne uscì la bella vereconda dea: Afrodite,
la dea donata dalla schiuma, l'incoronata Citerea,
la chiamano gli dèi e gli uomini, poiché nella schiuma
fu nutrita, e Citerea perché giunse ai Citeresi,
Cipriota perché nacque a Cipro dalle molte onde,
amante del fallo perché dal fallo era apparsa.
A lei si accompagnò Eros e il bel Desiderio la seguì,
lei che era nata per prima e che aprì la stirpe degli dèi.
Questo privilegio fin dal principio le spetta,
ed è il destino che tra uomini e dèi ha avuto in sorte:
melodie di fanciulla, sorrisi e inganni,
dolce piacere e amore a base di miele.

Venere era sempre appartenuta al mare, d'altronde è cresciuta lì tra le onde. Il mare è sempre stata la sua casa. Il suo posto del cuore, il suo posto sicuro.

<<La mia bella e malinconica dolce Venere.>>



















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A presto,

Giulietta.

Noi, vinti dall'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora