79 - Charles

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Stavamo ridendo ma il suo sguardo era cambiato improvvisamente, si era alzata andando in sala tenendo gli occhi fissi sul televisore acceso. L'avevo seguita con lo sguardo e tutti avevano fatto lo stesso. Marta si era alzata con lei "oddio" aveva urlato ed ero scattato in piedi.
La scena alla tv parlava chiaro. Guerra e lei era un militare.
Il mio cuore si era fermato. Mi aveva rivolto uno sguardo pieno di paura e poi si era allontanata a rispondere al telefono.

Avevo sentito qualcosa della chiamata, mi sembrava di essere in un'altra dimensione. Mi girava la testa e mi ero seduto sulla sedia. Non poteva essere vero, no era solo un brutto sogno e a breve mi sarei svegliato. Avrei baciato la ragazza accanto a me ringraziando Dio di averla ancora li. Ecco. Questo era.

"Charles" la sua voce mi aveva portato alla realtà "non partire" ero solo riuscito a dire "devo, non posso non andare, ho prestato giuramento" i suoi occhi erano tristi "e a me? Non ci pensi a me?"
Le avevo urlato addosso egoisticamente. Aveva capito che avevo paura e aveva posato la sua fronte contro la mia "Charles, ti amo più della mia stessa vita e se avessi la possibilità di tirarmi indietro per rimanere qui con te lo farei ma non posso, devo andare".
Avevo il vomito. Mi ero alzato e quasi barcollante avevo raggiunto il balcone, avevo bisogno di aria.

Sentivo a stento quello che le chiedevano i ragazzi e avevo passato il resto dell'ora in uno stato cataconico.
Quando era stato il momento di salutarci era crollata. Era riuscita ad essere forte fino a quel momento, era crollata e ora toccava a me essere forte per entrambi. Si era liberata dal mio abbraccio ed era andata via, senza voltarsi.

Ero rimasto li, in piedi a guardare una porta chiusa con le lacrime agli occhi "Charles" Riccardo mi aveva chiamato, respiravo a fatica, avevo bisogno di aria ma non riuscivo a muovermi. Sentivo uno strano ronzio nelle orecchie.
"Charles respira" la voce di Riccardo era più vicina, avevo incrociato il suo sguardo e le lacrime avevano iniziato a scendere copiose, lui mi aveva abbracciato e questa volta non potevo resistere.
Avevo appena perso la donna che amavo.

Non sapevo bene quanto tempo fosse passato, forse due giorni. Continuavo a sentire la sua voce nelle orecchie "ti amerò sempre" era l'ultima cosa che aveva detto. Ero sul divano in salotto da quella sera. Non avevo mangiato. Solo bevuto, per annebbiare i pensieri. Ogni tanto avevo sentito qualcuno bussare alla porta di casa ma non ero sicuro fosse reale ed ero rimasto li, in uno stato di semi incoscienza "ti amerò sempre" continuavo a sentire la sua voce nella testa.

"Charles" qualcuno mi stava chiamando.

"Cazzo aiutami" avevo sentito una voce che conoscevo e poi qualcuno mi aveva preso facendomi alzare dal divano. Non avevo le forze ed ero quasi caduto "Arthur tienilo" okay erano i miei fratelli, era tutto più chiaro "mettetelo sotto l'acqua" quella era la voce di Riccardo invece "no" avevo sbiascicato ma non ero stato considerato "prima deve vomitare" non capivo più chi diceva cosa, mi scoppiava la testa ma ora ero piegato con qualcuno che mi teneva la testa sul water e qualcun'altro mi stava infilando qualcosa in bocca ed ecco quella sensazione orribile.

Avevo vomitato l'intera bottiglia di Gin che mi ero scolato ed ero seduto sotto al getto della doccia completamente vestito. Mio fratello Lorenzo accanto a me. Avevo la testa appoggiata alla sua spalla "se n'è andata" avevo detto e gli occhi avevano iniziato a pizzicarmi per le lacrime. Lorenzo mi aveva stretto la mano,
"ci siamo noi qui" aveva detto Arthur dal vetro della doccia.

Dopo quella doccia ero tornato in salotto. C'era anche mia mamma insieme ai miei fratelli e a Riccardo, doveva avergli raccontato tutto lui, non li avevo sentiti e loro non sapevano che Giorgia fosse un militare.

"Tesoro" aveva detto lei venendomi incontro "Riccardo ci ha detto tutto, non sapevamo niente" aveva detto lei abbracciandomi forte. Non avevo le forze nemmeno di abbracciare mia madre, ero consumato dal dolore "siediti" mi aveva detto lei prendendomi per mano e facendomi sedere sul divano.

Erano rimasti li tutto il resto del giorno e provavano a tirarmi su il morale ma non funzionava niente "senti Charles io te lo devo dire adesso" mio fratello Lorenzo era quello senza peli sulla lingua, lo avevo guardato senza dire niente "ti stai arrendendo, è andata in guerra, è vero e tutti preghiamo che stia bene e che faccia ritorno il prima possibile. Non puoi buttare tutto nel cesso ora. Sei a un passo dal vincere il mondiale di F1 con la Ferrari. Il tuo sogno, quello di papà e quello di Jules. Devi reagire" aveva detto lui ma la rabbia per averla persa era troppa.
"Reagire? Ho perso la donna che amo e non perché abbiamo litigato. È andata in una fottuta guerra del cazzo e probabilmente ci morirà in quella cazzo di guerra. Mi sembra che qualcuno mi abbia strappato il cuore dal petto. Tu sai cosa si prova a guardare una persona e sapere che tutto andrà bene? Che tutto è come deve essere? Non mi ero più sentito in pace da quando papà è morto e lei riusciva a fare tornare tutto al suo posto semplicemente sorridendo. Quando troverai un amore cosi potrai capire cosa provo io ora, fino ad allora non dirmi che mi sono arreso" ero andato a chiudermi in camera.
Ero stanco e volevo dormire.

Mi ero svegliato. L'orologio sul comodino segnava le 8.37 e a giudicare dalla luce avevo dormito tutta la notte. Avevo ancora mal di testa e non era colpa dell'alcool, era il mio corpo che chiedeva cibo.
Se Giorgia mi avesse visto in quelle condizioni mi avrebbe preso a sberle.
Lo sapevo e aveva ragione. Mi avrebbe sgridato come aveva fatto mio fratello.
Aveva lottato tanto per aiutarmi nel mondiale di F1 e io ora stavo buttando tutto nel cesso. Non potevo farlo. E se fosse tornata e io non avessi vinto il mondiale? Conoscendola si sarebbe sentita in colpa perché mi aveva lasciato per la guerra. No, non me lo sarei mai perdonato. Dovevo dimostrarle che combattevo per lei. Che potevo finire il lavoro che avevamo iniziato insieme.

Mi ero alzato dal letto con le vertigini per la debolezza. La casa era silenziosa ma sentivo il profumo della torta di mele di mia mamma.
Era in cucina.
La torta calda appoggiata sul tavolo. Si era voltata con un sorriso triste e mi era venuta incontro. Mi ero seduto mentre tagliava una fetta di torta e me la porgeva "rendila fiero tesoro" aveva detto e sapevo che si riferiva al fatto che non potevo deluderla arrendendomi. Dovevo lottare, per lei e per noi.

Avevo passato il resto della giornata a seguire le notizie su quello che stava accadendo in Ucraina "basta adesso" aveva detto mia madre spegnendo la tv "andiamo a fare una passeggiata" mi aveva tenuto d'occhio tutto il giorno. Era rimasta con me e mi aveva preparato il pranzo. Aveva fatto finta di essere indaffarata e che per questo motivo non poteva andare. Stava sistemando casa, facendo lavatrici e cercando una scusa per rimanere.
Era entrata anche in camera mia ma le avevo vietato di toccare la roba di Giorgia. In bagno c'erano alcuni suoi trucchi e il suo spazzolino. Aveva portato da me alcune cose cosi aveva sempre qualche vestito pulito. La nostra era diventata una convivenza non di fatto, io avevo alcune cose da lei e lei aveva alcune cose qui. Dormivamo sempre insieme a casa di uno o dell'altro e nei giorni liberi rimanevamo nella stessa casa.
Ci dividevamo solo quando andava a trovare la sua famiglia e quando andava a Maranello per provare al simulatore. Le avevo detto di usare il mio a casa ma lei doveva provare a Maranello cosi avrebbe potuto sistemare i dati al computer e confrontarsi con gli altri. Era una perfezionista.

Dopo la passeggiata ero riuscito a convincere mia madre a lasciarmi solo "vai mamma, starò bene. Non c'è bisogno che rimani" le avevo detto "vado solo se mi prometti che non bevi niente e se domani mi chiami" avevo annuito ed ero rimasto solo.

Forse l'idea di rimanere solo in quella casa piena di ricordi non era stato il massimo. Ovunque mi girassi vedevo lei.
La vedevo cantare in cucina a piedi nudi, le vedevo arrabbiarsi perché ero disordinato, la vedevo fare l'amore con me ogni volta che entravo in camera.
Che dolore nel petto. Volevo sentire la sua voce. Avevo dei video sul cellulare. Glieli avevo fatti di nascosto mentre cantava o mentre le facevo delle domande imbarazzanti.

Sapevo però che una volta entrato in quel circolo non ne sarei uscito. Fortunatamente i miei fratelli mi avevano salvato, ancora una volta venendomi a trovare, ricattati da mia madre ovviamente, ma avevo apprezzato la compagnia.


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Ciao a tutt*!
D'ora in poi sarà sempre Charles a raccontare la storia
Buon proseguimento!

Forever you - Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora