<Non starai pensando di accettare, vero?>
Appoggio i gomiti al bancone e sospiro.
<Non lo so Danny, e se fosse l’unico modo per aiutare papà?>
Si avvicina a me e prende le mie mani fra le sue. Mi sento sempre protetta con lui, mi ha sempre guardata in un modo tutto suo, e questo mi fa sentire speciale. Quando sono con lui, ho sempre la sensazione che niente possa farmi del male.
<Ci sarà sicuramente un altro modo Mandy, lo troveremo, promesso.>
Le sue rassicurazioni convincevano sempre il mio cuore, ma questa volta sento che le sue promesse non basteranno. Forse è tutto troppo grande, troppo complicato. Forse non ho altra scelta.
<Altro modo per fare cosa?>
Betty salta sul bancone e la sua gonnellina rosa svolazza. Ha i capelli legati in una coda di cavallo, e i morbidi boccoli biondi le accarezzano le spalle.
<Il tizio con il serpente vuole che lei finga di essere la sua fidanzata, in cambio estinguerà il debito di suo padre.>
Betty sgrana gli occhi, mentre Daniel conclude rassegnato.
<Che figata!>
Betty sembra sempre estranea ai problemi, come se non li capisse mai. Forse perché è cresciuta con un padre che sistemava sempre tutti i suoi disastri, o magari perché non ha mai conosciuto un vero e grosso problema.
<Sul serio,B? Ti sembra una figata?>
Daniel la rimprovera, come sempre.
<Certo che si.>
Betty scende dal bancone e mi si posiziona di fronte, prende il mio viso fra le mani costringendomi a guardarla negli occhi.
<Pensaci, Mandy: è ricco, è bello.>
Annuisco annoiata.
<Che altro,B?>
Lascia il mio viso e salta un’altra volta sul bancone.
<Nient’altro, sono già due punti più che sufficienti.>
Scoppio a ridere, una risata isterica, una risata inaspettata.
<Sei impazzita?>
Mi chiede Betty, mentre io mi sbellico dalle risate.
<Si>
riesco a dire, tra una risata e l’altra.
<Sono sicuramente impazzita>
torno seria e li guardo.
<Sono impazzita di certo, perché sto per accettare quell’accordo.>
<Vai, amica!>
Betty applaude.
<Non se ne parla.>
Lo sguardo di Daniel si incupisce, fa il giro del bancone e viene di fronte a me.
<Non farlo, Mandy.>
Gli prendo le mani e gli accarezzo il dorso con i pollici.
<Si tratta solo di un mese, solo trenta giorni.>
<Non puoi sapere cosa ti farà passare in quei trenta giorni, è tantissimo tempo.>
<Sei solo geloso.>
Lo ammonisce Betty.
<Falla finita, strega.>
<Scusa, papà.>
Poggio il palmo della mano sulla guancia di Daniel, e lui mi viene incontro come farebbe un cucciolo.
<È tutto okay,Danny. Andrà bene. Fatto questo, papà non dovrà più preoccuparsi.>
Non gli do il tempo di rispondere, non voglio che provi ancora a convincermi di non farlo. Lo farò, per papà.
Salgo al piano di sopra, nelle suite del casinò, prendo la chiave dalla tasca ed entro nella mia stanza.
Forse sarebbe meglio avere una casa tutta mia, un piccolo appartamento magari, così da poter dividere casa e lavoro. Ma a me piace stare qui, mi è sempre piaciuto.
Prendo il laptop e mi siedo sul letto. Apro Google e digito: Logan Harris.
Con mia sorpresa appaiono numerosi link, clicco sul primo e appare una sua foto in dimensioni gigantesche, prende quasi tutto lo schermo. Leggo il titolo:
Logan Harris dona metà dei suoi guadagni mensili ad un’associazione per la salvaguardia della salute mentale.
Faccio una smorfia ed esco dal link per aprirne un altro.
Logan Harris ad un passo dal diventare l’uomo più ricco degli Stati Uniti.
Arriccio il naso e chiudo anche questo link.
Tutto questo non mi aiuta ad aumentare il mio odio per lui, anzi.
Io invece voglio odiarlo, non voglio farmelo piacere, voglio detestarlo con tutto il mio cuore.
Apro una nuova finestra di Google e digito: Logan Harris contatti.
Appaiono una serie di numeri di telefono e di email, prendo il primo numero che mi capita e lo digito sul telefonino.
<Harris Enterprises, come posso aiutarla?>
Non rispondo, quasi mi pento di aver chiamato. Ma cosa sto facendo?
<Pronto? Mi sente?>
<Io...si, la sento.>
<Bene, salve, di cosa ha bisogno?>
<Dovrei...avrei bisogno di parlare con il signor Harris.>
Il suo cognome suona strano sulle mie labbra.
<Può dirmi il suo nome?>
<Amanda, Amanda Martin.>
<Attenda in linea.>
Mentre aspetto notizie, sento il cuore battere veloce, nel mio stomaco qualcosa si muove e un senso di vomito mi invade. Forse sto sbagliando, forse sto entrando nella tana del lupo, mi sto lasciando divorare. Gliela sto servendo su un piatto d’argento, in pratica. Ma se non così, come posso aiutare papà?
<È ancora lì?>
La voce della segretaria mi strappa con violenza dai miei pensieri.
<Si, sono ancora qui.>
<Bene, il signor Harris la riceverà alle sei.>
<C-osa? Vuole dire oggi?>
<Voglio dire tra un’ora, è un problema per lei?>
Mi alzo di scatto dal letto e mi guardo intorno, come dovessi cercare qualcosa, in realtà è solo per resistere all’istinto di urlare.
<No.>
Dico di getto, cercando di darmi un contegno e un po' coraggio.
<Nessun problema.>
<Ottimo, un’auto passerà a prenderla tra mezz’ora.>
Le chiudo praticamente il telefono in faccia, per non rischiare di sbraitarle contro. Mezz’ora è davvero poco tempo. E se io avessi avuto degli impegni? Si sarebbe aspettato che li spostassi solo perché lui aveva deciso che dovevamo incontrarci proprio oggi? Sarebbe stato sempre così per i prossimi trenta giorni?
Non è il momento di pensarci, appena ce l’avrò davanti metterò le cose in chiaro, ricontratterò l’accordo.
Lancio il telefono sul letto e mi dirigo in bagno per una doccia veloce, lascio che l’acqua allievi un po' i miei pensieri. Indosso un paio di jeans e una t-shirt dei Lakers, non voglio mettermi in tiro, non per lui. Intreccio i capelli in una treccia che ricade morbida sulla mia spalla, e guardandomi allo specchio quasi odio il loro colore rosso. È sempre stato troppo acceso, troppo evidente, attira troppa attenzione. Non mi trucco, ci sono solo le lentiggini a colorare il mio volto, e i miei occhi verdi sembrano più spenti del solito.
Decido di smetterla di fissarmi allo specchio, prendo il cellulare e la chiave della mia camera, poi esco. Cammino frettolosamente per il corridoio, e in ascensore chiedo per l’ultima volta a me stessa di mantenere la calma.
Puoi farcela, ripeto.
Quando le porte si aprono, esco nella grande hall del casinò e mi dirigo verso il bar per avvisare Betty e Daniel.
<Questa situazione non mi piace per niente.>
Protesta ancora Daniel.
<Chiamami immediatamente dopo, voglio sapere tutto.>
Betty saltella dall’emozione.
Li saluto senza aggiungere altro, se parlassi troppo noterebbero l’ansia che mi divora. Mi dirigo verso l’uscita, ma a metà strada incontro papà.
<Dove vai, tesoro?>
Continuo a camminare verso di lui.
<Esco.>
Gli passo accanto e noto che lui si ferma, mentre io continuo a camminare dritta verso l’uscita.
<E dove vai?>
Arrivo alla porta e poggio la mano sulla grande maniglia dorata, spingendola.
<A fare una passeggiata.>
Concludo, prima di lasciare che la porta si chiuda alle mie spalle, non gli do il tempo di domandare altre informazioni che non voglio dargli.
Dal lupo, avrei voluto dire.
Sto andando dal lupo.
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Bluff
RomanceLa vita a volte somiglia ad una partita di poker, e Amanda lo sa bene. Per questo motivo ogni giorno mette in pratica gli insegnamenti di Ethan, il suo primo amore. Ethan le ha insegnato tutto sul poker, regole e trucchi, e Amanda custodisce le su...