Corri, asso

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Non ho visto il serpente per tre giorni, dopo la festa al Saudade’s, dopo quello che gli ho confessato.
Vorrei poter dire che è stata una liberazione, che il mio spirito ha finalmente trovato la quiete per qualche giorno. Ma non ci riesco.
Per tre giorni non ho fatto altro che ripensare ai suoi occhi che mi guardavano, e alle sue labbra che pronunciavano quelle due parole: sei bella.
Ho ripensato al modo in cui mi ha chiesto di non compatirlo, quando gli ho parlato degli attacchi d’ansia di cui credo soffra. La sua voce era così ferma, così dura. La sua sicurezza era sparita di colpo, e lui non mi era sembrato più un serpente velenoso, ma un animale che per tutta la vita ha dovuto mordere per difendersi.
Ma provare pietà per lui non rientra nei miei piani, neppure aspettare un suo messaggio o chiedermi se sta bene.
Devo ricordarmi che è la stessa persona che minacciava papà per dei soldi, la stessa che mi ha proposto questo assurdo accordo, e che ha piazzato la sua guardia del corpo a perseguitarmi.
Di segreti lui ne ha a dozzine, probabilmente, e io non voglio essere la sua prossima vittima. Il suo ennesimo segreto.
Ma in ogni caso, le cose tra noi devono andare avanti, almeno per un altro po’ di tempo. Devo ripagare il debito e salvare il Saudade’s.
Ora che ci penso, quanti giorni ho trascorso con il serpente?
Dovrei contarli e sottrarli ai trenta che avevamo stabilito all’inizio di questa storia.
Ci penserò in un secondo momento.
Oggi, a quanto pare, il serpente è uscito dal silenzio in cui si era rifugiato.
Ho aspettato per tre giorni un fastidioso messaggio da parte sua, chissà poi perché, ma sembrerebbe che ormai scrivermi non rientra più nei suoi piani. Non con Maverick come mia spina nel fianco.
Stamattina l’addetto alla sicurezza mi ha informata che avrei dovuto partecipare ad un’asta di beneficenza, stasera. Non so perché Logan non si sia preoccupato di dirmelo lui stesso, ma me l’abbia fatto riferire da Maverick.
Quanto meno si è preoccupato di farmi arrivare un abito degno di stare tra i ricchi stronzi che lui è solito frequentare, e nella scatola che mi hanno recapitato in camera c’era anche un post-it giallo con su scritto:
Niente abiti corti :)
Ammetterlo mi costa, ma ho sorriso leggendolo.
Il fatto che si sia ricordato di quel dettaglio, del fatto che non indosso mai abiti corti, un po' mi ha scaldato il cuore.
L’abito che invece mi ha mandato ha una gonna a balze stile anni cinquanta, che arriva sotto il ginocchio ma più sopra della caviglia. È bordeaux, in perfetto contrasto con i miei occhi, ma in pendant con i miei capelli. Ho deciso di lasciarli sciolti stasera, forse anche un po' per coprire le spalle scoperte che lascia il vestito. In ogni caso sono morbidi, lisci e luminosi, perciò andranno benissimo.
Quando finalmente sono pronta ed esco, Maverick mi scorta fino all’auto dove Tom già ci aspetta. Nessuna traccia di Logan, perciò deduco che lo incontrerò direttamente a destinazione.
Durante il tragitto Tom mi trascina in conversazioni interessanti e rilassanti, e anche Maverick parla ogni tanto, cosa che un po' mi stranisce.
<Non si illuda signorina Amanda, in realtà è un gran chiacchierone, ha solo paura che Logan gli assesti un bel gancio destro se parla troppo con lei.>
Maverick aveva guardato male l’autista dopo questa battuta, e io avevo riso di vero gusto.
Poi Tom aveva detto qualcosa riguardo al mondo in cui si sono conosciuti lui, Maverick e Logan, accennando al fatto che il loro è molto più di un rapporto lavorativo.
Ha detto che in più di un’occasione sono scampati al peggio, loro tre insieme, e che vogliono un gran bene a Logan da prima che diventasse il ricco stronzo che ora è.
<Non vi infastidisce il fatto che lui sia così di successo, e voi soltanto i suoi dipendenti?>
Avevo chiesto ad un certo punto, cauta. Se io avessi il successo che lui ha, mi premurerei di farne avere altrettanto ai miei migliori amici, non li metterei al mio servizio.
<Perché dovrebbe?>
Aveva semplicemente risposto Maverick.
<Il suo successo è il nostro successo, e noi siamo esattamente dove dovremmo essere.>
Aveva concluso Tom per lui.
Alla fine mi ero soffermata a riflettere su quella conversazione per tutto il resto del tragitto, finché non siamo arrivati a destinazione e ho trovato Logan ad aspettarmi.
Quando Maverick mi ha aperto la portiera, lui mi ha teso una mano, ed io gliel’ho stretta sorridendogli appena.
Non so perché, ma quando i miei occhi avevano incontrato i suoi il cuore aveva preso a battere forte, e qualcosa si era mosso nel mio stomaco.
È stato come se avessi aspettato di rivederlo per tre lunghi giorni.
Adesso, dentro questo sfarzoso salone, con la mia gonna a balze e al braccio di un affascinante uomo in abito nero, un po' mi sento una principessa.
<Partecipi mai ad una festa senza tutto...>
Faccio roteare un dito davanti al mio viso, guardandomi intorno.
<...questo?>
Concludo semplicemente.
<Che ricchi stronzi saremmo se non ostentassimo la nostra ricchezza?>
Effettivamente.
Il problema di quell’evento, però, non fu per niente l’ostentazione della ricchezza.
Ma la noia.
L’asta fu di una noia mortale, ed io ho resistito per tutto tempo, combattendo contro le mie palpebre che minacciavano di chiudersi, mentre i ricchi stronzi buttavano somme esagerate di denaro per acquistare quadri o villeggiature in chalet di montagna.
Adesso, finita l’asta, Logan è sparito a parlare con chissà chi di chissà cosa, ed io sono ferma al bar a trangugiare bicchieri di champagne come se il mio corpo potesse reggerli tutti.
<Una noia mortale questi eventi, non è così?>
Mi volto, quasi mezza addormentata, verso la voce che ha appena parlato.
Al mio fianco, seduto su qualche sgabello più in là, con un bicchiere di vino rosso in mano e una camicia dalle maniche arrotolate, trovo un ragazzo dai biondi capelli ricci.
<Mortale è un eufemismo.>
Il ragazzo si avvicina a me, facendo scivolare il suo bicchiere sul bancone, e saltando qualche sgabello.
<Sai, conosco un posto in cui ci si diverte molto di più.>
Gli sorrido, perché sembra voglia vendermi sostanze stupefacenti, e la cosa mi diverte.
<Non posso andarmene da qui.>
<Ma non devi andartene.>
Ruota sullo sgabello, voltandosi verso il salone gremito di ospiti.
<Vedi quel corridoio?>
Indica un corridoio quasi desolato dall’altro lato della stanza, io mi volto per guardare e annuire.
<Due volte a sinistra e una a destra. C’è una stanza in cui gli invitati più fighi della festa si divertono, a modo loro.>
Lo guardo sbuffando una risata.
<E quale sarebbe il loro modo?>
Lui ricambia il mio sguardo ed io noto i suoi occhi color miele.
<Oh, questo devi scoprilo da sola. Niente di troppo pericoloso, non preoccuparti.>
Mi giro a guardare il corridoio e a riflettere. Il ragazzo ha acceso la curiosità in me, e a questo punto vorrei tanto vedere cosa succede davvero in quella stanza.
<Ade, sempre in buona compagnia a quanto vedo.>
Mi volto verso la voce femminile che ha appena parlato, e vedo il serpente che cammina verso di noi, con una graziosa ragazza dai riccioli d’oro attaccata al suo braccio.
<Perdona l’impertinenza di mio fratello, qualunque cosa ti abbia detto mi scuso da parte sua. Io sono Athena.>
Dice, porgendomi la mano.
Logan se ne sta al suo fianco con uno sguardo a dir poco infastidito.
Io osservo i due ragazzi e mi accorgo della somiglianza sconvolgente. Gemelli, forse? Poi mi soffermo sulla mano tesa della ragazza, ragionando sul nome con cui si è presentata e su quello con cui ha chiamato il fratello.
<Ade e Athena?>
Dico, cercando di non ridere.
<Come gli dei?>
La ragazza ritrae la mano e finge un sorriso.
<I nostri genitori sono dei veri appassionati di mitologia.>
Cala il silenzio per un secondo, mentre Athena è chiaramente infastidita da ciò che ho detto, e Ade scende dal suo sgabello con un salto.
<Allora, vieni o no?>
Dice, porgendomi la mano.
Guardo Logan che mi sta riservando uno sguardo severo, però non parla.
<Vengo.>
Dico, afferrando la mano di Ade e scendendo dallo sgabello.
Ma non riesco a fare neppure un passo, perché Logan mi afferra per il braccio.
<Non vai da nessuna parte, invece.>
Il suoi occhi mi fulminano, ma io non ho proprio voglia di ubbidire alle sue regole. Mi ha abbandonata ad annoiarmi per non so quanto tempo e ora vorrebbe anche darmi degli ordini? Non esiste.
Strattono il braccio e mi libero dalla sua presa.
<Rilassati, serpente, do solo un’occhiata.>
<Amanda non...>
Athena lo prende per il braccio e lo tira più vicino a sé.
<Non preoccuparti, Logan, Ade si prenderà cura di lei. Non è così, fratello?>
<Naturalmente.>
Seguo Ade, sentendo addosso lo sguardo del serpente. Mi giro per dargli una sbirciata, e lo trovo con i pugni chiusi lungo i fianchi e le labbra serrate.
Reazione esagerata, secondo me, vado solo a dare un’occhiata e poi tornerò al suo fianco, come una rondine con il guinzaglio.
Come aveva preannunciato Ade, giriamo due volte a sinistra e una a destra, e ci ritroviamo davanti ad una porta da cui esce puzza di sigarette e sigari.
Quando la apre e si sposta di lato per darmi la precedenza, impiego qualche minuto per abituarmi alla luce soffusa che domina la stanza, e per distinguere le figure tra le nuvolette di fumo.
Quando mi guardo intorno, non resto per niente stupita da ciò che vedo. Non è nient’altro che una sala da gioco, alcuni giocano a poker su dei grandi tavoli di legno scuro, altri bevono da bicchieri di cristallo. C’è anche qualche buon uomo con la camicia quasi del tutto sbottonata, e una donna dalla gonna corta seduta sulle sue ginocchia, che gli bacia il collo e sale piano verso la bocca. Le coppie intente a baciarsi sono parecchie, a dire la verità, e il mondo in cui lo fanno non lascia dubbi sul come poteranno a termine la serata.
In effetti, dentro questa stanza è come se non ci fossero regole. È come se tutti si fossero concessi di vivere senza obblighi o doveri per un po', come se tutto quello che succede all’interno di questa stanza rimanga celato tra le sue mura. Come se improvvisamente si potesse diventare chiunque si voglia, fare qualsiasi cosa, e dare sfogo ai desideri più intimi dell’anima.
<Tutto qui? Poker e sesso?>
Dico rivolta verso Ade, che mi guarda da sotto le ciglia dorate, sorridendo.
<È molto più di questo.>
Dice, posizionandosi dietro di me.
<In questo posto non c’è spazio per l’imbarazzo o la vergogna.>
Si muove lento dietro di me, spostandomi i capelli dal collo, per sussurrami all’altro orecchio.
<Non ci sono regole, non ci sono divieti.>
Sfiora con le dita la pelle nuda del mio braccio, scendendo dalla spalla al polso, per poi risalire.
<Qui tutti i tuoi desideri possono diventare reali, perfino quelli più proibiti.>
Un brivido mi percorre la schiena, e una parte di me si sente come se le sue parole fossero un canto che mi ipnotizza. La parte più sconsiderata di me, vorrebbe restare e scoprire quali desideri potrebbero avverarsi, in questo luogo di perdizione. Ma la parte razionale, invece, sa che non è affatto una buona idea.
<Non sono interessata.>
Dico di getto, staccandomi dal suo corpo bruscamente.
<Ma grazie, dio degli inferi, è stato carino.>
Gli rivolgo le spalle e mi incammino verso la porta.
<Vorrai tornare, un giorno, Amanda Martin.>
Gli sento dire, alle mie spalle. Forse dovrei chiedergli come fa a conoscere il mio nome e cognome, ma probabilmente l’ha letto sul giornale, dopo l’intervista di Logan. L’aveva detto che quell’intervista mi avrebbe resa un bersaglio.
Esco dalla stanza del peccato e mi incammino nel corridoio. Prima di tornare da Logan e placare l’ira che è sicuramente cresciuta in lui nel frattempo, ho bisogno di darmi una rinfrescata alla toilette.
Per fortuna ne ho avvistata una poco fa, mentre seguivo Ade.
Il bagno è grande e desolato, di fronte a me trovo una fila di lavandini e di ampi specchi, e alla mia sinistra le porte con le toilette.
Mi avvicino ai lavandini e mi do un’occhiata allo specchio. Le mie guance sono leggermente arrossate, probabilmente perché mi sento un tantino accaldata dopo essere stata in quella stanza.
Apro il rubinetto e infilo le mani sotto l’acqua fredda, poi le muovo su e giù per asciugarle un po', e me le tampono sulla fronte.
Sto contemplando il mio viso che si inumidisce, rendendo le mie lentiggini appena più visibili, quando sento arrivare un gran baccano dal salone.
Probabilmente è arrivato il momento in cui qualche artista di fama mondiale, nonché strapagato, si esibisce facendo battere le mani alle vecchie signore con le collane di perle.
Smetto di tamponarmi il viso, prendo un po' di carta vicino al lavandino, mi asciugo le mani e la getto nel cestino. Do una sistemata ai capelli, sistemandoli dietro le orecchie, e mi volto per uscire.
Appena appoggio la mano sulla maniglia della porta, il frastuono proveniente dal salone aumenta, e poi sento un forte tonfo che mi ricorda…
uno sparo.
No, non è possibile. Forse ho sentito male, forse è un effetto speciale creato apposta per lo spettacolo che si sta svolgendo. La gente fa davvero baccano, si sentono urla e sedie che raschiano il pavimento, forse ho sentito male, forse…
un altro sparo.
A questo punto ne sono certa, la gente urla di terrore, e sposta le sedie per farsi spazio e correre via.
Qualcuno ha una pistola, qualcuno sta sparando.
E se fossero tornati a cercarmi? E se fossero lì ad aspettare me, gli uomini che mi hanno tolto tutto?
No,no,no.
Come faccio a uscire da qui? Nel bagno non ci sono finestre, e neppure nel corridoio ne ho viste. Uscire a cercarne una sarebbe un rischio, non so cosa sta succedendo lì fuori. E Logan, lui dov’è? Dio, perché Maverick non mi ha seguita stavolta?
Le urla della gente mi penetrano sotto pelle, mi provocano i brividi, e mi impediscono di pensare.
E se fossero loro? Ripete la mia testa.
È te che vogliono, è te che vogliono. Te, te,te.
Il respiro viene a mancarmi, e il cuore mi batte così forte che sento il bisogno di chiudere gli occhi.
Corro verso una delle toilette, entro nel piccolo spazio e chiudo la porta alle mie spalle. Mi accovaccio per terra, premo i palmi delle mani sulle orecchie, e chiudo gli occhi.
Sono tornati a prenderti, sono tornati a prenderti.
Canticchia una vocina nella mia testa.
Stavolta non sarai fortunata, stavolta ti uccideranno.
Sono tornati a prenderti, sono tornati a prenderti.
La porta della toilette si apre di scatto, ed io sbarro gli occhi.
L’uomo dalla barba pungente mi guarda dall’alto, mentre io sto rannicchiata sul pavimento, tremante.
<Eccoti, finalmente.>
Dice, prima di fare un passo verso di me.
Io, stavolta, urlo.
Urlo forte, urlo come se volessi farmi sentire da un dio invisibile. Urlo e mi schiaccio contro la parete, mi faccio più piccola sul pavimento. Chiudo gli occhi e urlo,urlo,urlo.
<Amanda.>
Sento, tra le mie urla.
<Amanda, sono io, guardami.>
Conosco questa voce, non è il mostro.
Apro gli occhi senza smettere di tremare.
Logan sta in piedi davanti alla porta, sopra di me, mentre io sono rannicchiata sul pavimento. Tiene le mani alte e ben visibili, ha gli occhi sbarrati e mi guarda come se non mi riconoscesse.
<Dobbiamo andare.>
Dice, sporgendosi verso di me.
Forse è la mia mente che mi gioca brutti scherzi. C’era il mostro davanti a me, era lì, io l’ho visto. Non era Logan.
Per istinto mi allontano dalla mano che stava avvicinando a me, mi schiaccio ancora alla parete e abbraccio forte le mie ginocchia.
<Amanda.>
Dice Logan, inginocchiandosi davanti a me.
<Dobbiamo andarcene da qui.>
Lo guardo inclinando la testa. Riconosco i suoi occhi d’argento, i suoi zigomi alti e il suo piccolo naso dalla linea perfetta.
Guardo alle sue spalle, e non c’è nessuno.
Il mostro non c’è.
Non c’è, non c’è, non c’è.
<Adesso mi avvicino, Amanda, d’accordo?>
Si muove piano sul pavimento, venendo di qualche passo più vicino a me.
<Non ti tocco, se non lo vuoi, ma devi venire con me.>
Arriva di fronte a me, e tende un’altra volta la mano. Questa volta non mi scanso, lo guardo dritto negli occhi e lui fa lo stesso.
<Posso toccarti, Amanda?>
Annuisco piano, e lui muove la sua mano e prende la mia con delicatezza.
<Vieni, dobbiamo andarcene.>
Mi aiuta ad alzarmi dal pavimento, con attenzione, come se potessi rompermi.
Lo seguo in silenzio, mentre mi tiene stretta la mano, e quando arriviamo davanti alla porta del bagno si ferma.
<Adesso ascoltami, asso.>
Prende una ciocca di capelli che mi è sfuggita e me la sistema dietro l’orecchio.
<Appena aprirò questa porta dovremo correre, devi correre Amanda.>
Fa un lungo sospiro e io sento il cuore battermi ancora troppo veloce.
<Qualunque cosa vedi, o senti, non devi fermarti. Mi hai capito?>
Non riesco ancora ad aprire bocca, perciò annuisco.
Lui si posiziona al mio fianco, stringe forte la mia mano, e poi apre la porta.
Esce prima solo la testa, guarda a destra e a sinistra, poi si volta verso di me.
<Corri, asso.>
Dice, poi mi trascina fuori.
Iniziamo a correre nel corridoio desolato, e da dietro di me sento provenire urla e rumori molto forti, ma non mi fermo.
Corro, corro,corro.
Senza voltarmi, quasi trattenendo il respiro, non mi fermo, non rallento.
Alla fine del corridoio troviamo una porta con un’uscita di emergenza, Logan la spinge e usciamo all’aria fredda della sera. Vorrei riprendere fiato, respirare l’aria pulita, ma Logan chiude la porta senza fare rumore e ricomincia a correre.
Corriamo per un po', nella strada buia e silenziosa, poi un’auto blindata nera ci sbuca davanti sgommando.
Dal lato del passeggero scende Maverick, guardando alle nostre spalle con sguardo attento, e io mi soffermo su ciò che tiene in mano.
Una pistola.
Perché ha una pistola? È stato lui a sparare nel salone?
<Perché ha una pistola?>
Riesco a parlare finalmente.
<Non ora le domande.>
Dice il serpente, aprendomi la portiera posteriore.
<Sali in macchina.>
Incrocio le braccia al petto e punto i piedi.
<Col cavolo che salgo in macchina con voi, lui ha una pistola.>
<Dio, Amanda!>
Logan si porta le mani ai capelli e sbraita.
<Perché devi sempre rendere tutto più difficile?>
<Ah, io rendo tutto più difficile? Mi stai praticamente rapendo, senza darmi nessuna spiegazione. E lui ha una pistola.>
Sottolineo, ancora, indicando Maverick.
<Ha una pistola per tenerci al sicuro, e ti ho già spiegato perché non lo siamo.>
<Dirmi che il denaro significa potere non è proprio una spiegazione.>
<Beh, te la dovrai far bastare, perché è l’unica che avrai.>
Dice, posando una mano sullo sportello aperto e un’altra sul tettuccio della macchia, proprio accanto alla mia testa. Intrappolandomi tra lui e l’auto.
<Adesso sali in macchina, Amanda, o ti ci infilo con la forza.>
Tutto questo è folle. Estremamente folle.
Ma, senza aggiungere altro, salgo in auto.
Lui si siede al mio fianco, e Maverick e Tom restano concentrati e in silenzio.
Tom parte, lasciando che la strada si sfochi intorno a noi.
Il mio cuore batte ancora troppo veloce.

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