Tom sta immobile al mio fianco, nell’ascensore che si muove stranamente lento.
Logan e Maverick sono saliti prima di noi, dicendo di doversi preparare, prima di mostrarmi ciò che ho chiesto.
<Non approvi?>
Gli chiedo ad un certo punto, mentre l’ascensore continua la sua salita, lui porta indietro le spalle.
<Il fatto che sappiano come usare una pistola?>
Annuisco al suo fianco, augurandomi che possa vedermi con la coda dell’occhio.
<È un bene, se serve a difendersi.>
<Ma?>
Tira un profondo sospiro, poi le porte davanti a noi si spalancano, rivelandomi per la seconda volta quello spazio vuoto.
<Vorrei che difendersi e stare allerta non facesse parte della loro vita.>
Esce dell’ascensore, ed io impiego qualche minuto prima di convincermi a seguirlo.
Questa mattina l’ampio spazio vuoto era illuminato dall’accecante luce del sole, adesso invece è illuminato da calde lampade gialle che pendono dal soffitto. Come se nessuno avesse avuto il tempo di acquistare dei lampadari, o semplicemente non sia importato a nessuno.
Il tappetino rosso su cui il serpente mi ha miseramente battuta quando il sole era fermo a guardarci, adesso giace abbandonato sul pavimento, come se stesse riposando dopo una dura giornata, grato che sia finita.
Seguo le spalle di Tom che ondeggiano verso sinistra, lontano dal tappetino rosso.
Praticamente all’altro capo della stanza, Logan e Maverick sghignazzano dandoci le spalle.
Quando si accorgono della mia presenza, mentre Tom li raggiunge, si voltano verso di me ed aprono un varco tra i loro corpi.
Più in fondo rispetto alla loro posizione, attaccato al muro con una spessa corda vecchia, sta appeso un grosso bersaglio, simile a quello che si usa per giocare a freccette. Questo però, a differenza di quello comunemente usato per il gioco da pub, riporta due grandi cerchi esterni di colore bianco, due subito dopo leggermente più piccoli e di colore nero, due azzurri e due rossi, fino ad arrivare al centro, in giallo. I cerchi si restringono via via, e dei numeri, che partono dai lati fino al centro, formano una croce. I numeri vanno dall’uno al nove, e anche se non riporta nessun numero il centro deve valere dieci.
Sulle labbra del serpente compare nuovamente quel suo fastidioso sorriso trionfante, mentre mi osserva.
A quel punto sposto la mia attenzione su di lui, sforzandomi di chiudere la bocca, e faccio scorrere lo sguardo sul suo corpo.
Sulla t-shirt bianca spicca il nero di una fondina che gli si poggia sulle spalle, e dalla clavicola il serpente sembra guardarmi e uscirmi la lingua, dispettoso.
Il manico della pistola nera sembra piccolo, rispetto ai pettorali che gli stanno accanto.
Logan sembra l’incarnazione della morte con quella cosa addosso, e per un attimo valuto l’idea di lasciargli prendere la mia anima, se la desidera.
Maverick si schiarisce la voce, e solo a quel punto mi rendo conto della stessa fondina poggiata anche sulle sue spalle, ma la sua è vuota.
L’uomo dai capelli corvini mi guarda sorridendo, e i suoi occhi color caramello luccicano mentre mi fa l’occhiolino.
Per qualche assurda e fastidiosa ragione, le mie labbra si piegano in un sorriso e il mio cuore inizia a battere veloce.
<Siediti lì.>
Logan mi indica con il mento uno sgabello, alla destra del bersaglio, abbastanza distante da evitare incidenti. Tom è già seduto lì affianco, e mi sorride gentile quando lo raggiungo.
<Allora>
Maverick prende la parola, mentre io mi siedo sullo sgabello freddo e mi stringo i gomiti con le mani. Servirebbe un caminetto quassù.
<sei pronto a perdere, stronzo patentato?>
Raddrizza le spalle e divarica leggermente le gambe, mettendosi in posizione davanti al bersaglio, mentre Logan si fa da parte senza smettere di sorridere.
<Sei sicuro di riuscire a centrarlo dopo tutto il whisky che ti sei scolato?>
Lo sfida, ma Maverick tiene gli occhi fissi sul bersaglio, carica la pistola e poi la alza davanti al viso, tenendola con una sola mano, l’altra abbandonata lungo il fianco sinistro.
<Zitto e impara, serpente.>
Sul mio viso si allarga un sorriso da guancia a guancia, mentre Logan mi guarda sorridendo da sopra la spalla, e Maverick finge di non notare la reazione che mi ha appena provocato.
Quando spara, centrando alla perfezione il minuscolo pallino giallo al centro del bersaglio, non sussulto per via del rumore quasi assordante.
Anzi, sorrido e batto le mani, mentre dentro di me qualcosa inizia a calciare e a prendere a pugni l’aria.
Quando arriva il turno di Logan, percepisco come un leggero vento freddo sulle guance. La sua presa sulla pistola è salda e sicura, anche se, a differenza di Maverick, la impugna con entrambe le mani.
Le sue braccia si immobilizzano, mentre le tiene ben alte davanti a se, prendendo la mira.
Quando spara il colpo, mi sembra come se l’aria si fosse fermata, come se il tempo avesse fatto lo stesso, e il mondo avesse smesso di girare.
Come se tutto avesse appena iniziato ad andare a rallentatore, o si fosse seduto comodo per ammirare quel proiettile luccicante che viaggia alla velocità di un battito di ciglia.
Ed è l’esatto tempo che ci è voluto, affinché raggiungesse il bersaglio.
Un battito di ciglia e il proiettile ha trapassato il buco fatto prima da quello di Maverick, un battito di ciglia e il serpente sta già sorridendo compiaciuto, rimettendo la pistola all’interno della fondina.
<Fanculo.>
Impreca Maverick, schiaffeggiando l’aria prima di incamminarsi verso l’ascensore.
<Breve ma intenso, come sempre.>
Dice Tom, scendendo dal suo sgabello e raggiungendo Maverick.
I due scompaiono dalla mia visuale, e io mi concentro sull’uomo che improvvisamente mi ritrovo davanti.
<Come hai fatto?>
Parlo quasi in un sussurro, come se la mia voce dovesse ancora riprendersi da ciò che tutto il mio corpo ha appena visto.
Lui sorride e fa scivolare una mano dentro le tasca dei pantaloni neri.
<Ci vuole precisione quando si spara.>
Alza la mano libera verso di me, con il palmo rivolto verso l’alto.
Una richiesta, un invito.
Lascio scivolare la mia mano nella sua, e ignorando la leggera scossa che mi punzecchia le dita, scendo dallo sgabello.
<Potrebbe capitare di avere a disposizione un solo proiettile, una sola possibilità.>
Le nostre mani si stringono ancora quando mi ritrovo in piedi davanti a lui, e sento il calore del suo respiro sul mio naso.
<Non esistono seconde occasioni, in guerra.>
La mano che prima teneva abbandonata in tasca, adesso è leggermente tesa a mezz’aria davanti al mio viso. E i nostri occhi si sono incastrati, attratti gli uni dagli altri, come le calamite con il ferro.
<Per questo è importante saper centrare il bersaglio al primo colpo, perché potrebbe non esistere per te una seconda occasione per premere il grilletto.>
Mi ritrovo a respirare in maniera brusca, come se l’ossigeno in questa stanza fosse diventato improvvisamente troppo poco.
<E tu stai combattendo una guerra?>
Finalmente le sue dita sfiorano la mia guancia, seppur in maniera delicata e quasi impercettibile. Ma io sento quel tocco come se fossi fatta di ghiaccio, e lui fosse il fuoco che mi brucia e mi rovina.
Lui sorride, mentre io inspiro il suo profumo, e resisto all’impulso di chiudere gli occhi e assaporare quel tocco sulla mia pelle.
<Da tutta la vita.>
Dice, piano. Poi, veloce come una folata di vento, si allontana da me e si incammina verso l’ascensore. Mi lascia da sola in quello spazio vuoto e ormai silenzioso, mentre il suo fuoco brucia ancora il mio ghiaccio, e il cuore mi galoppa nel petto.
Guerra, guerra, guerra.
Non esistono seconde occasioni.
Premi il grilletto Amanda, premi il grilletto.
Che graziosa gambina abbiamo qui.
Scommetto che nessuno ti ha mai toccata.
Guerra, premi il grilletto.
Ti amo, Amanda.
Ci vediamo tra due giorni, Amy.
Lo prometti?
Solo due giorni, lo prometto.
Dov’è Ethan Baker?
Non lo so, giuro, non so dov’è.
Io non lo so, non lo so, non so dov’è.
Sei così intatta.
Cosa si prova a fare questo?
Premi il grilletto Amanda, premi il grilletto.
Mi sveglio annaspando in cerca d’aria, come se avessero appena chiuso tutte le finestre del mondo, o mi avessero premuto un cuscino sulla faccia.
Il cuore mi batte veloce come un tamburo, e la mia fronte è imperlata di sudore.
Il mio petto si alza e si abbassa veloce quando mi porto una mano sul cuore.
Era solo un sogno.
Era l’ennesimo incubo, l’ennesima volta in cui i mostri d’ombra vengono a cercami.
Mi sento così debole quando succede, così vulnerabile.
In realtà mi sento così ogni giorno, perché quella notte non c’era niente che avrei potuto fare per salvarmi.
O forse si?
Logan sembra così sicuro di sé con quella pistola tra le mani, così invincibile, vestito di morte e di vendetta.
Nero, come le tenebre che vengono a cercarti quando arriva il momento di saldare i conti.
Forte, come la spanda che brandisce il migliore dei guerrieri.
Inarrestabile, come la rabbia che mi cresce dentro quando sento quelle luride mani su di me, quando ripenso al mondo in cui ha preso la mia pelle.
Avevo un cavallo, quando avevo dieci anni, un regalo di mamma e papà.
Un dono, una richiesta di perdono.
Aveva un manto lucido e nero, e la criniera folta.
Si chiamava Revenge.
Era ostinato e testardo, indomabile, era ferro e fuoco.
Se un altro cavallo scalciava troppo vicino al suo naso, lui scalciava più forte, e si assicurava di colpire.
Revenge aveva gli occhi cattivi, arrabbiati, ma a me piaceva per questo.
Mi piaceva perché mi ricordava che non bisogna arrendersi, che bisogna scalciare sempre più forte, che l’ultimo colpo deve essere sempre il tuo, e che deve essere quello decisivo.
Revenge mi proteggeva sempre quando al maneggio le bambine prendevano in giro il colore dei miei capelli, iniziava a nitrire e a scalciare come una bestia impazzita, e loro correvano via urlando.
Gli volevo bene, ma poi papà ha detto che non potevamo più tenerlo, perché mantenerlo richiedeva troppo denaro.
L’ultima volta che lo vidi gli promisi che da quel momento avrei imparato a difendermi da sola, e che avrei sempre scalciato più forte.
Lui aveva poggiato il muso sulla mia mano, e aveva buttato fuori l’aria dalle grandi narici nere.
Un addio e una promessa.
Promessa che non ho mantenuto, però.
Mi alzo dal letto di fretta, senza preoccuparmi della t-shirt corta che lascia scoperta la cicatrice, nasconderla non serve più.
Apro la porta della mia camera, e scendo al piano di sotto, mentre i miei passi scalzi rimbombano sul pavimento.
Arrivo davanti alle grandi vetrate del piano di sotto, come se il mio cuore fosse stato guidato da una linea invisibile.
Logan osserva la città sotto di noi, con le braccia incrociate al petto e le spalle rilassate.
<Non dormi?>
Dice, dandomi le spalle, come se avesse percepito il mio arrivo ancor prima che io scendessi l’ultimo gradino.
<Insegnami.>
Parlo alle sue spalle.
<Voglio che mi insegni.>
Si volta verso di me, e il suo viso è quasi una macchia scura, dato il buio che inonda la stanza.
<Insegnami a sparare.>
Ripeto, mentre percepisco il suo sguardo sul mio corpo seminudo.
<Perché?>
Dice soltanto.
<Perché non voglio più sentirmi debole.>
Fa un passo verso di me, e un fascio di luce lunare gli colpisce gli occhi d’argento.
<Hai tutta la protezione che ti serve, qui con noi.>
Resisto all’istinto di abbassare l’orlo della maglietta fino a coprire la cicatrice. Non più, mai più.
<Non voglio protezione.>
Incastro i miei occhi verdi nei suoi, e un fuoco quasi antico e primordiale mi si accende dentro.
<Voglio vendetta, voglio il potere che un’arma è in grado di darti. Non voglio più essere una vittima, voglio essere la resa dei conti.>
Un sorriso perfido gli si stampa in viso, e questa volta sorrido anch’io allo stesso modo.
Non sarò mai più inutile, debole, o spaventata.
Mai più.
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Bluff
RomanceLa vita a volte somiglia ad una partita di poker, e Amanda lo sa bene. Per questo motivo ogni giorno mette in pratica gli insegnamenti di Ethan, il suo primo amore. Ethan le ha insegnato tutto sul poker, regole e trucchi, e Amanda custodisce le su...