Smells Like Teen Spirit

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<Forza, in piedi.>
Logan mi tende una mano e mi aiuta ad alzarmi dal pavimento della doccia.
La mia testa è ancora pesante come un macigno, e il freddo mi invade tutto il corpo. Però riesco ad alzarmi, anche se lui fa la maggior parte dello sforzo.
Entrambi goccioliamo sul pavimento, ma Logan non sembra curarsene mentre prende un accappatoio da un gancio, e mi aiuta ad infilarlo.
<Devi toglierti la biancheria.>
Lo guardo un po' interrogativa e un po' maliziosa.
<Devi toglierla, è bagnata.>
Facendo appello alle forze residue nel mio corpo, mi abbasso appena per sfilarmi le mutandine da sotto l’accappatoio, mentre i miei occhi restano fissi sul serpente, che segue ogni mio movimento.
Le faccio scivolare giù per le cosce, e dopo aver superato le ginocchia ricadono ai miei piedi. Muovo un piede e poi l’altro, e alla fine le calcio via, anche se riesco a spostarle solo di poco. Logan si inumidisce le labbra e deglutisce mentre mi guarda, e io mi concentro per riuscire a sfilarmi anche il reggiseno.
Togliersi la biancheria senza lasciar intravedere un centimetro di pelle sotto l’accappatoio è dannatamente difficile, eppure questo gioco mi fa dimenticare della febbre che invade tutto il mio corpo.
Sgancio il reggiseno con un unico movimento delle dita da sopra il tessuto dell’accappatoio, e vorrei complimentarmi con me stessa, perché non credevo di poterci riuscire così facilmente. Una volta fatto questo, infilo la mano destra nell’accappatoio, all’altezza della spalla sinistra, e sgancio la bretella. Faccio lo stesso con la mano sinistra, e un attimo dopo anche il mio reggiseno giace sul pavimento, vicino alle mutandine.
Logan osserva la biancheria per terra, e poi lentamente fa salire lo sguardo.
Percorre i miei piedi, le mie gambe ormai semi nude, la pancia, il petto, il collo. Guarda il mio corpo come se potesse vederlo senza niente, senza l’accappatoio spesso che mi copre.
Arriva al viso e indugia sulle mie labbra, ma poi arriva a destinazione, fermandosi sui miei occhi.
<Tocca a te.>
Dico, sforzandomi di sorridere.
Anche le sue labbra si piegano in un mezzo sorriso, e i suoi occhi si illuminano di sfida.
<Io non ho l’accappatoio, però.>
<Tanto meglio, no?>
Sorride ancora, e poi, senza lasciare i miei occhi, avvicina una mano alla cintura dei pantaloni e inizia a sbottonarla.
Sfila la cintura, lasciandola ricadere a terra con un tonfo, poi le sue dita si muovono sicure sui bottoni, senza neppure guardarli.
Deglutisco, sentendomi accaldata, non so dire se a causa della febbre o dell’uomo che si sta spogliando davanti a me.
I pantaloni gli ricadono sulle caviglie, e a quel punto lui sorride, mentre il mio sguardo da una sbirciatina veloce ma attenta.
Tira fuori un piede, poi l’altro, togliendosi nel frattempo anche le scarpe premendo le punte sui talloni. Infine spinge i pantaloni sul pavimento, che finiscono accanto alla mia biancheria.
Torno a guardarlo negli occhi, mentre lui risale il suo bellissimo corpo con le mani, fino ad arrivare al colletto della camicia.
Inizia a sbottonarla con una lentezza che mi fa seccare la gola, e per istinto sfioro le mie labbra con la lingua.
Un bottone, due, metà camicia…
quando finalmente è aperta del tutto, il serpente sulla clavicola mi fa la linguaccia, ed io ripenso al momento in cui l’ho visto per la prima volta.
Quell’odioso serpente…
Eppure adesso, si muove sulla sua pelle mentre lui si libera della camicia, ed io vorrei osservarlo più da vicino, toccarlo per vedere se anche lì la pelle è liscia oppure è diversa.
Il petto mi si alza e mi si abbassa bruscamente mentre osservo il suo corpo con indosso solo le mutande, indumento che vorrei strappare via per godere di una vista completa.
Logan ha un corpo fantastico. Tonico, forte, bilanciato, meraviglioso.
Vorrei far scorrere i palmi delle mie mani sulle colline dei suoi addominali, incastrare i nostri corpi, vedere se combaciano.
Mentre io mi perdo ad osservarlo, lui si muove.
Prende il piccolo pouf all’angolo della stanza, e lo posiziona davanti al lavandino. Poi, mentre io osservo i movimenti delle sue spalle muscolose, prende il phon, impugnandolo come una pistola, e si volta verso di me.
<Vieni qui.>
Mi dice, e la sua voce dopo tutto quel silenzio mi fa battere forte il cuore.
<Devo avere paura?>
Rispondo restando immobile al mio posto, dentro il mio accappatoio che adesso mi sembra di troppo, difronte al suo corpo quasi nudo.
<Di me? Mai.>
Mi indica il pouf con il mento, ed io sorrido mentre mi ci avvicino e mi lascio cadere.
Si posiziona dietro di me, e per dieci minuti abbondanti si sente solo il rumore del phon, mentre lui mi asciuga i capelli con dita delicate.
<Ecco fatto.>
Dice alla fine, spegnendolo.
<Perché stai facendo tutto questo, Logan?>
Mi sforzo di chiedere, guardando il nostro riflesso nello specchio davanti a me.
Il suo viso si rabbuia per un secondo, ma lui scaccia quell’ombra immediatamente, alzando le spalle e abbozzando un sorriso.
<Non ho di meglio da fare.>
Posa il phon, e senza aggiungere altro esce dal bagno.
Io resto per un attimo a fissare il mio riflesso allo specchio, e mi sento così sopraffatta dai pensieri e dalle sensazioni, che quasi vorrei ributtarmi sotto l’acqua gelata.
Alla fine, come uno zombie che cammina trascinandosi, esco anch’io dal bagno.
Logan mi si avvicina come se mi avesse aspettata per tutto quel tempo, e mi porge un’altra pastiglia e un grosso bicchiere pieno.
Senza concentrarmi su niente, prendo la pastiglia e la butto giù con un grosso sorso.
Ma quando il liquido contenuto nel bicchiere tocca le mie papille gustative, mi rendo conto del fatto che non si tratta di acqua.
<Orxata de xufa.>
Dico, una volta mandato giù il liquido, osservando il bicchiere.
Un sorriso enorme si disegna sul mio volto quando alzo lo sguardo per guardare Logan, che se ne sta semi sdraiato sul letto con un braccio dietro la testa, ancora mezzo nudo.
<Come hai fatto?>
<E chi lo sa.>
Risponde con l’aria di uno che ha appena fatto qualcosa di poco conto, qualcosa per cui non si è neppure dovuto impegnare.
Ma questa non è una cosa di poco conto, conta tantissimo per il mio cuore, gli fa fare le piroette nel mio petto.
<Aspetta...>
Dico, avvicinandomi al letto e sedendomi davanti a lui.
<Questo significa che conosci il nome della pianta da cui viene ricavato il latte per prepararlo?>
Vedo chiaramente la voglia di ridere sul suo volto, eppure non lo fa.
<Può darsi.>
Alza di nuovo le spalle.
<Devi dirmelo.>
Mi avvicino a lui appena un altro po'.
<Mi farei torturare, piuttosto.>
Sbuffo una risata.
<Ti prego.>
Quasi lo imploro, però sorrido. Lui scuote la testa, nascondendo il suo di sorriso.
<No, mai.>
<Perché?>
<In questo modo sarai costretta a chiamarmi quando ne avrai voglia.>
Mi fa l’occhiolino, mentre cita le parole di mia madre, che gli ho confidato in un momento di vulnerabilità.
Mi sporgo verso di lui, arrivando quasi a stargli addosso. Ma piano, silenziosa come un topolino, allungo un braccio e afferro il cuscino accanto a lui.
Con uno scatto lo alzo e lo lascio ricadere sulla sua fastidiosissima faccia.
<Stronzo.>
Concludo, alzandomi dal letto sorseggiando la mia bevanda.
Non lo guardo in viso, ma sono sicura stia sorridendo, mentre si toglie il cuscino dalla faccia.
Mi avvicino all’armadio sulla parete, lo apro, e tiro fuori un pantalone della tuta e una t-shirt.
Li lancio sul letto, vicino alle sue gambe, e svuoto il bicchiere mentre mi volto a guardarlo.
<Vestiti, serpente.>
Lui osserva prima i vestiti e poi me, sorridendo.
<Perché, così ti distraggo?>
Ricambio il suo sorriso, velenosa come un ragno.
<Preferirei non vomitare la delizia che ho appena mandato giù, se non ti dispiace.>
Cammino ondeggiando i fianchi verso il letto, avvolta nel mio accappatoio bianco.
Mi lascio ricadere sul materasso, assicurandomi che il tessuto non si sposti, rivelando parti di me che preferisco coprire. Per ora.
Logan mi segue con lo sguardo, e non appena mi sdraio sul letto lui si alza.
Prende i vestiti che gli ho lanciato e li osserva.
<Perché hai degli indumenti maschili nel tuo armadio?>
Lo guardo di sbieco, mentre lui osserva il pantalone della tuta.
<Perché no?>
Rispondo, schietta.
<Io non ti giudicherei se avessi degli abiti da donna, nel tuo di armadio. I vestiti sono solo vestiti, chi decide chi può indossarli e chi no?>
<Hai ragione, asso. Hai proprio ragione.>
Inizia ad indossare gli abiti, compiaciuto, ed io evito di osservarlo troppo.
Chiudo le palpebre, sistemandomi sui cuscini, finché una melodia familiare inizia a rimbombare nella stanza.
Apro un occhio, trovandomi a guardare il serpente mentre indossa la t-shirt.
<Cos’è?>
Chiedo, mentre lui neppure mi guarda.
<Il mio cellulare.>
Apro anche l’altro occhio, e inizio ad osservare l’intera camera, seguendo il suono.
Sul comodino al lato opposto del letto, il suo cellulare si illumina con la scritta “Rick”, e vibra come un carro armato.
<Sul serio?>
Chiedo, mettendomi seduta sul letto.
<Cosa?>
Poggia le mani sui fianchi, e sorride di mezzo lato.
<Smells Like Teen Spirit.>
Dico, guardandolo divertita.
<Hai messo i Nirvana come suoneria?>
A questo punto sorride anche lui, e inizia a camminare verso il letto. Quando si sdraia il cellulare non suona più.
<Gran bella musica, non trovi?>
Si mette comodo al mio fianco, ed io faccio lo stesso, trovandoci per l’ennesima volta distesi uno accanto all’altra a guardare il soffitto.
<Si, cazzo.>
Mentre mi muovo per raggiungere la comodità massima, il cellulare riprende a suonare, ed io resisto alla tentazione di saltare sul letto, cantando a squarciagola.
<Perché non rispondi?>
Mi giro a guardarlo, mentre per la seconda volta in cellulare si zittisce.
<Perché sono con te.>
Un numero non quantificabile di farfalle prende a svolazzare nel mio stomaco.
<Puoi rispondere, non è un problema.>
Gli garantisco.
<Nah.>
A questo punto il cellulare riprende a suonare, e quando mi metto seduta leggo un’altra volta il nomignolo riservato a Maverick accendersi sullo schermo.
<Sul serio.>
Dico, spostando lo sguardo su di lui.
<Magari è importante.>
<Non lo è.>
Il cellulare smette di suonare, ma io continuo a guardare lui.
<Logan?>
<Si?>
<Potrebbe essere importante.>
Si gira finalmente a guardarmi, e i suoi occhi sembrano argento purissimo mentre scivolano nei miei.
<L’unica cosa importante, adesso, è proprio qui davanti a me.>
Quasi l’aria viene a mancarmi, il mio battito accelera, ed io schiudo le labbra alla disperata ricerca di qualcosa da dire.
Ma non c’è, non la trovo, sono senza parole.
Lui mi sorride, consapevole di avermi spiazzata, e proprio in quell’istante un forte rumore proviene dalla porta di ingresso.
Qualcuno bussa, veloce, forte, così tanto che potrebbe buttare giù la porta.
<Logan?>
La voce di Maverick arriva ovattata da dietro il legno spesso, mentre continua a bussare in modo frenetico.
<Logan, sei qui?>
Guardo Logan, che è già scattato in piedi, i suoi occhi in allarme.
<Apri, cazzo, apri.>
Quasi corre verso la porta, e quando la apre io mi metto in ginocchio ai piedi del letto, sporgendomi per guardare Maverick che ansima aggrappato allo stipite.
<Dobbiamo andare.>
Gli dice, tra un respiro e l’altro.
<Subito.>
Logan non si da neppure il tempo di rispondere, di chiedere più informazioni. Si precipita in bagno, e ne esce di nuovo con indosso le scarpe.
Non recupera nient’altro, neanche il cellulare sul comodino.
Ma prima di uscire si ferma sulla porta, e si gira per guardarmi.
<Vai.>
Gli sussurro, così piano che la mia voce si mischia al silenzio.

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