Dall'altra parte delle fiamme

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Daniel ha ragione. Ce l’ha sempre, in realtà, ma questa volta particolarmente.
Sono una pessima guidatrice.
Del resto non guido mai, neppure ce l’ho un’auto.
Il Saudade’s ha a disposizione delle auto con autista, ed io sono sempre ben felice di farmi scarrozzare da un posto all’altro. Ho preso la patente non appena ho compiuto la giusta età, certo, ma ho guidato solo poche volte al liceo, solo per gioco.
Daniel mi ucciderà non appena si accorgerà che gli ho rubato le chiavi, e darà fuoco al mio cadavere quando noterà l’enorme graffio sulla fiancata sinistra della sua mini cooper bianca.
Le auto dietro di me non hanno fatto altro che suonare i loro dannatissimi clacson, lampeggiarmi con i fari, e farmi gesti per niente carini da dietro i finestrini.
E, in tutto quel caos, dovevo anche tenere d’occhio l’app del serpente con i pallini fluttuanti.
Alla fine sono arrivata a destinazione sfinita, e sono uscita dall’auto come se quella potesse divorarmi da un momento all’altro.
Le ho anche preso a calci una ruota, per aver reso tutto ancor più difficile.
Odio quella macchina.
Dopo aver sfogato la mia frustrazione mi sono guardata intorno, però, e quello che mi si è parato davanti mi ha provocato un senso di inquietudine.
Un vecchio capannone, ormai abbandonato e cadente, un vecchio magazzino per le merci, forse.
Automobili abbandonate lungo la strada davanti, semi smontate, vittime della criminalità.
Grossi buchi si estendono sulle pareti del capannone, e il tetto è assente in alcune zone.
Spessi teli di plastica trasparenti sono stati inseriti a sostituire i vetri delle finestre, e il vento li culla, provocando un rumore degno dei film horror.
La desolazione regna sovrana, non si sente nessuna voce, nessun movimento oltre a quello dei teli alle finestre.
Mi abbraccio il corpo, guardandomi intorno, e quando decido di muovermi i miei passi sono terribilmente rumorosi in quel silenzio tombale.
Il cuore mi batte forte, e la bocca si è fatta secca all’improvviso, come se mi trovassi persa nel deserto.
Decido di non entrare subito, opto prima per una breve ricognizione esterna, e nel frattempo cerco di memorizzare al meglio la strada del ritorno.
Supero dei vecchi pneumatici mezzi sgonfi, accatastati e abbandonati, bagnati zuppi da un liquido quasi trasparente.
Non riesco a lasciar ricadere le braccia lungo i fianchi, come se abbracciarmi mi desse una sensazione di conforto.
Continuo a camminare, mentre le mie sneakers rosa fluo si riempiono di polvere, finché non sento un suono provenire dall’interno del capannone.
Quando alzo lo sguardo, noto una finestra appena sopra di me, stavolta senza telo di plastica a simularne il vetro.
Sotto di lei, altri pneumatici sono disposti a piramide.
E va bene, penso, tra me e me.
Mi avvicino agli pneumatici, e mentre da dentro iniziano ad arrivarmi delle voci un po' ovattate, inizio ad arrampicarmi.
Il liquido trasparente che li ricopre mi macchia le mani, mi fa scivolare i piedi, e la puzza di benzina mi fa bruciare le narici.
Continuo a salire, però, fino a raggiungere la finestra.
Poggio i gomiti su quello che dovrebbe essere il davanzale, e sbircio all’interno, cercando di rimanere quanto più possibile nascosta.
<Sono qui per proporti un accordo.>
Dice una voce, e per istinto il mio sguardo ne segue la direzione.
E, quando lo vedo, reprimo un sussulto.
Ade, con i suoi perfettissimi riccioli d’oro, le mani in tasca, avvolto in un elegantissimo abito nero.
Dannazione, dannazione, dannazione.
<Non voglio fare nessun tipo di accordo con voi stronzi.>
Questa volta, quando seguo la direzione da cui proviene la voce, il cuore quasi mi esce dal petto.
Logan indossa i vestiti con cui è corso via da casa mia, ma tiene una pistola grigia tra le mani, che luccica appena quando viene colpita dalla luce.
Maverick sta immobile appena un passo più indietro, la camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti, una pistola nera tra le mani.
Entrambi gli uomini che ormai conosco bene, hanno i lineamenti induriti, e stringono forte le armi tra le mani, fino a sbiancare le nocche.
Quando sposto lo sguardo, seguendo quello di Maverick, il sangue mi si gela nelle vene.
Tom si trova esattamente al centro tra loro e Ade, gli abiti sporchi di terra e leggermente strappati, il viso gonfio in procinto di diventare livido.
Sta in ginocchio sul pavimento, le mani alzate sopra le spalle, ben in vista.
Eppure le sue dita non tremano, il suo petto si alza e si abbassa regolarmente, e il suo viso non rilascia il minimo accenno alla paura.
Guarda dritto davanti a sé, appena sotto la finestra su cui io mi trovo arrampicata.
Io tremo però, al posto suo, mentre sposto per l’ennesima volta lo sguardo e mi accorgo dell’uomo che tiene una pistola puntata nella sua direzione.
Deglutisco a fatica, e una parte di me vorrebbe mettersi ad urlare, a piangere, a cercare aiuto.
Ma cerco di perdermi dentro me stessa, cerco di trovare quell’angolo buio e calcolatore dentro di me, quello che mi riporta alla calma e alla lucidità.
<Un accordo, oppure lui muore.>
Ribatte Ade, di ghiaccio, calmo come il mare al tramonto.
<Fanculo al tuo accordo del cazzo.>
Sbotta Maverick, muovendo un passo in avanti, avvicinandosi a Logan che non sposta lo sguardo da Ade.
<Non l’ho chiesto a te, cane.>
Maverick quasi ringhia per davvero, mostrando i denti all’avversario che gli sta difronte.
<Perché non è venuto lui stesso, a propormi l’accordo?>
La voce di Logan appare calma, ma guardando il suo volto sembra di riuscire a vedere gli ingranaggi del suo cervello in movimento.
<Che c’è, non ti piace parlare con me?>
Ade sbuffa una risata, spostando il peso da una gamba all’altra.
<Sei solo uno dei suoi uccellini, sei irrilevante.>
Logan sorride, ed io mi chiedo come ci riesca in una situazione del genere, ma quando la linea delle labbra di Ade si indurisce capisco il motivo di quel sorriso.
Lo sta provocando.
<Non ho tempo da perdere con voi uccellini.>
Ade si scrolla la rabbia di dosso, e sorride a sua volta, togliendosi un granello di polvere invisibile dalla giacca.
<Allora renderò tutto più interessante.>
Inizia, camminando di qualche passo verso Logan, più vicino all’uscita alla sua destra.
<Se non accetti l’accordo lei muore.>
Shock e sgomento si depositano nel mio stomaco, e mi scosto dalla finestra, indietreggiando appena sulla piramide di pneumatici.
Lo sgomento è la stessa emozione che mi aspettavo di leggere negli occhi di Logan, ma quando le parole di Ade lo raggiungono lui sorride.
Sorride più di prima, un sorriso malefico, di sfida, di potere.
<Provate a toccarla, uccellini> dice, bruciando Ade con lo sguardo, così tanto che mi sembra di riuscire a sentire la puzza di fumo. <e io vi strappo le ali.>
Anche Ade gli sorride, ed io sono così scioccata che a malapena riesco a reggermi in piedi.
È un gioco per loro, è tutto un fottutissimo gioco.
<Non iniziate ad avere caldo? Io si.>
Logan e Maverick aggrottano le sopracciglia, e mi ritrovo anch’io a fare lo stesso quando Ade se ne esce con questa sparata scollegata dal discorso.
<Saranno le fiamme dell’inferno che ti reclamano, stronzo.>
Maverick muove un altro passo, superando Logan.
<Fammi un favore, cane.>
Ade si sposta, avvicinandosi ancor di più all’uscita, mentre l’uomo che teneva sotto tiro Tom abbassa l’arma e lo raggiunge.
<Quando incontri il diavolo, portagli i miei saluti.>
Nel momento in cui pronuncia quelle parole, intravedo un movimento alla mia sinistra con la coda dell’occhio, e così mi distraggo perdendo di vista i suoi riccioli biondi.
Abbasso lo sguardo, e i miei occhi verdi si tingono di rosso, mentre un fumo nero sale da sotto di me.
Fuoco.
Sotto di me tutto sta andando a fuoco.
Inizio a respirare bruscamente, pietrificata, e quando mi porto le mani alla bocca per evitare di respirare il fumo, la puzza di benzina mi riempie le narici.
Mi guardo le mani ancora unte e scivolose, ripercorro mentalmente i miei passi fino alla cima della piramide di pneumatici, e poi abbasso lo sguardo sul davanzale di quella finestra.
Il muro è bagnato anche lì, gocce di benzina scivolano giù dal davanzale, arrivano ai miei piedi e cadono anche dall’altro lato, dentro il magazzino.
Le fiamme corrono veloci sul pavimento, seguendo la linea quasi invisibile tracciata con la benzina.
Mi sporgo di nuovo dalla finestra, guardo dentro il magazzino dove adesso Maverick e Logan stanno aiutando Tom a rialzarsi, nessuna traccia di Ade o del suo secondino.
<Correte!>
Urlo, mentre i loro occhi si posano su di me, troppo lontana per raggiungermi, troppo in alto.
<Scappate!>
Urlo un’altra volta, mentre gli occhi grigi di Logan si macchiano di terrore.
<Uscite, presto!>
È l’ultima cosa che dico, prima che le fiamme alla mia sinistra si facciano più alte.
Indietreggio, e gli pneumatici iniziano a oscillare sotto il mio peso, mentre si sciolgono lentamente per via del calore.
Perdo l’equilibro e cado, sul lato opposto delle fiamme, con una parete di pneumatici a dividerci.
Ma le fiamme si muovono veloci, perciò non ci vorrà molto prima che raggiungano anche la piramide.
Mi rialzo in fretta, mi guardo intorno in cerca di una via di fuga, ma la strada da cui sono venuta è ormai inondata dalle fiamme.
Mi giro a guardare alle mie spalle, la strada prosegue dritta e poi svolta a sinistra, girando intorno al capannone.
Non ho altra scelta, del resto.
Inizio a correre senza guardarmi indietro, mentre una nuvola di fumo nero inizia ad alzarsi nel cielo.
Corro e corro, pregando di essere più veloce delle fiamme.
Un muro di fuoco mi si para davanti, ed io annaspo soffocata dalla puzza di plastica bruciata.
Mi volto, con la speranza di poter tornare indietro, ma anche da lì le fiamme sono ormai vicine.
Il panico mi sale su per la schiena, e un urlo mi muore in gola, mentre il calore mi arriva alla pelle quasi fino a bruciarla.
Mi guardo intorno confusa, ma vedo solo fiamme e fumo, il calore rovente intorno a me.
Questa volta urlo, forte, disperata, portandomi le mani ai capelli.
Mi accovaccio a terra, e a questo punto deduco che non sarà né una coltellata né un proiettile ad uccidermi, e neppure i baci di Logan…
Saranno le fiamme, rosse come i miei capelli, roventi e indomabili.
Il fuoco dell’inferno, forte, indomito, inarrestabile.
Il fuoco mi ucciderà, e mi porterà direttamente nelle braccia di Lucifero, per porre fine alle mie sofferenze, o per procurarmene di nuove.
<Amanda!>
Una voce mi chiama oltre il muro di fiamme davanti a me, ed io la riconosco, la voce calma e familiare del serpente. Quella voce che mi ricollega alla realtà.
<Amanda, mi senti?>
<Si!>
Urlo, rimettendomi in piedi, sciogliendo il nodo che mi si era formato in gola.
<Ti sento, Logan.>
Ti sento.
Come se fosse un angelo sceso sulla terra solo per me, per salvarmi dagli abissi dell’inferno in cui stavo per sprofondare.
<Devi saltare.>
<Che cosa?>
Saltare? Dovrei saltare in mezzo alle fiamme? È impazzito.
<Guarda bene.>
Prosegue, mentre io trovo il coraggio per avvicinarmi un po' di più al muro incandescente per sentirlo meglio.
<Le fiamme si abbassano, a volte, a seconda di come tira il vento. È in quel momento che devi saltare.>
Mi concentro sul fuoco difronte a me, rendendomi conto che, proprio come dice, ogni tanto il muro si fa più basso. Talmente tanto che a volte riesco ad intravedere un sagoma sull’altro lato.
<Non posso.>
Urlo, con la voce spezzata e soffocata dal fumo.
<Non posso farlo, Logan, non riuscirò a saltare così in alto.>
Perché, anche se le fiamme si abbassano ogni tanto, il muro resta comunque troppo alto per me.
<Puoi farcela, asso.>
<No.>
I miei occhi si appannano, non so dire se per via del fumo o per le lacrime che minacciano di scendere, ma che caccio via.
<No, Logan, non posso farcela.>
Deglutisco, immobile davanti a quelle fiamme che ormai danzano per me, facendosi sempre più vicine.
<Vattene.>
Grido, ancora, mentre il muro tira un suo tentacolo verso di me.
Indietreggio, portandomi le mani davanti agli occhi.
<Vattene, va’ via, mettiti in salvo.>
<Non me ne vado senza di te.>
E quelle parole, così schiette e pure, mi colpiscono il cuore come una freccia infuocata.
<Io sono qui, ti aspetto qui, dall’altra parte delle fiamme. Però tu devi saltare, più in alto che puoi.>
Continua, ed io riprendo ad abbracciare il mio corpo.
Ti aspetto dall’altra parte delle fiamme.
Dall’altra parte, dove tutto va bene, dove sarò in salvo. Come se dall’altra parte delle fiamme, con lui, il mio cuore tornerebbe a battere felice.
Come se la mia vita stesse andando a fuoco, e mi stesse bruciando poco a poco.
Però lui è lì, dall’altra parte delle fiamme.
<Fidati di me.>
Indietreggio di qualche passo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, e guardo quelle fiamme come a volerle sfidare.
Il fuoco è il mio elemento, è forte e restio, come me.
Brucia solo per difendersi, ma quando incontra il suo ghiaccio si lascia spegnere e si dimentica perché stava lottando con tanta fatica.
<Salta, Amanda, vieni da me.>
Io sono il fuoco.
Prendo una rincorsa, e quando le fiamme mi si parano davanti, mi do una spinta e salto più in alto che posso.
Per un attimo vedo solo rosso, fuoco e fumo, il capannone che brucia e si trasforma in cenere.
Poi, proprio mentre ho la sensazione di cadere nel vuoto, due mani forti mi afferrano.
Mi ha presa.
Cado tra le sue braccia, e per un minuto resto così, con il viso premuto sul suo petto.
<Mi hai aspettata dall’altra parte delle fiamme.>
Sussurro, vicina al suo cuore.
<Sempre.>
Dice lui tra i miei capelli, poi mi afferra la mano e inizia a correre.
Corriamo e corriamo, allontanandoci dal capannone in fiamme.
Per fortuna ho abbandonato l’auto di Daniel abbastanza lontano, le fiamme non sono riuscite a raggiungerla, e ormai non gli rimane che nutrirsi dei resti del capannone.
Tom e Maverick sono già vicino alla mini cooper quando arriviamo, Maverick sta appoggiato al tettuccio con entrambe le mani, respirando affannosamente.
Anche Tom respira a fatica, seduto per terra con le spalle poggiate all’auto. Da qui si deduce quanto anche loro abbiano lottato per sfuggire alle fiamme.
Quando li vedo, appena più lontana, lascio la mano di Logan per corrergli incontro e accertarmi che stiano bene.
Ma faccio appena due passi in avanti, poi Logan mi afferra per il gomito e mi fa rigirare verso di lui.
<Che cazzo ti è saltato in mente?>
Urla, sopra il canto delle fiamme alle nostre spalle.
<Come, scusa?>
Strattono il braccio per liberarmi dalla sua presa, ma resto inchiodata davanti a lui.
<Perché cazzo sei venuta qui?>
Socchiudo gli occhi e incrocio le braccia al petto.
<Temevo foste in pericolo.>
<E hai ben pensato di mettere in pericolo anche te stessa? Ottimo piano, i miei complimenti.>
Si passa una mano tra i capelli, sbuffando una risata.
<Senti, stronzo, ti ho salvato la vita.>
Alzo le sopracciglia, aspettandomi forse delle parole colme di gratitudine in risposta.
<Di nuovo.>
Aggiungo, nel caso in cui avesse perso il conto.
<Non te l’ho chiesto la prima volta, e ti avevo chiesto di non farlo di nuovo, mi pare.>
Spalanco la bocca, probabilmente diventando viola per la rabbia.
Come può parlare così? Che si aspettava, che l’avrei lasciato morire entrambe le volte? Se non li avessi avvisati dell’incendio sarebbero rimasti intrappolati in quel capannone circondato dalle fiamme.
Insomma, non voglio mica un tappeto rosso, ma quanto meno potrebbe ringraziarmi.
<Beh, scusa tanto, allora. Cercherò di ricordarmelo la prossima volta che ti ritrovo in procinto di passare a miglior vita.>
Distoglie lo sguardo da me, osservando il vuoto per un attimo, inspirando ed espirando.
<Tu credi sia un gioco?>
Adesso mi guarda di nuovo, e il suo sguardo mi brucia più delle fiamme alle sue spalle.
<Io non credo niente.>
Sciolgo le braccia che tenevo strette al petto, quasi in segno di arresa.
<Questo non è un gioco.>
Puntualizza, come se davvero io potessi credere il contrario.
<E allora cos’è, Logan? Spiegamelo, una volta per tutte.>
Si porta un’altra volta le mani tra i capelli, spettinati e ricoperti dalla cenere che adesso cade dal cielo come fiocchi di neve.
<Non ti riguarda.>
Sputa fuori, aspro.
<Ah, no?>
Scoppio a ridere, mentre lui si allontana da me e inizia a camminare nervoso.
<Non mi riguardava neppure quando qualcuno si è infilato nella mia camera a casa tua?>
Lo guardo, severa, ma lui evita il mio sguardo.
<E quando hanno iniziato a sparare durante quell’evento, neanche in quel caso mi riguardava?>
Cerco di incrociare il suo sguardo, ma adesso lui fissa la terra sotto i suoi piedi, puntellandosi i fianchi con le dita.
<E adesso, Logan? Adesso che sono quasi morta bruciata, mi riguarda?>
Finalmente alza gli occhi, e il mio cuore inizia a battere all’impazzata sotto il suo sguardo cattivo.
<È...>
Inizia, buttando fuori l’aria, e alzando gli occhi verso il cielo.
<È complicato, cazzo.>
Parla quasi trattenendo il respiro, butta fuori quelle parole come se fossero enormi montagne rocciose che gli pesano sul cuore.
<Sono stanca delle tue mezze verità, di questo tuo modo criptico di parlare.>
Mi arrendo, davanti a lui, davanti al mondo. Davanti al re del fuoco che divora ancora il detriti alle nostre spalle, davanti al cielo che si è colorato di rosso.
<Sai di cosa sono stanco io, invece?>
Il fumo nero delle fiamme sembra aver raggiunto i suoi occhi, quando torna a posarli su di me, intrappolandomi.
<Di te.>
Sussulto, e faccio per indietreggiare, come se quelle parole fossero state un terremoto in grado di farmi perdere l’equilibrio.
<Sono stanco del fatto che ti credi una cazzo di eroina, e che pretendi di salvare tutti.>
Fa un passo verso di me, con quello sguardo crudele che gli ha rapito gli occhi.
<Sono stanco del modo in cui mi parli, del modo in cui mi guardi.>
Un altro passo, e il mio stomaco si contorce, spingendo contro le costole.
<Sei convinta che il mondo sia il tuo parco giochi, e ti ci aggiri alla ricerca del prossimo giocattolo da aggiustare, non è così?>
Cammina ancora verso di me, chiudendo le mani a pugno lungo i fianchi, ed io vorrei accovacciarmi a terra e abbracciarmi ancora.
<Sei patetica, Amanda.>
Sputa per terra, in segno di disprezzo, come se io fossi un rivoltante mostro.
<Hai questa smania di salvarmi, ma non hai ancora capito che io non voglio essere salvato da te.>
Adesso è davanti a me, torreggia sul mio corpo mentre io mi impongo di sostenere il suo sguardo, e di mantenere la testa alta.
È lui però ad abbassare lo sguardo, portandolo ai nostri piedi, concentrandosi sulle mie scarpe.
<Hai messo delle scarpe rosa fluo per venire qui.>
Osserva, ridendo e scuotendo la testa, riportando gli occhi su di me.
<Che problema hanno le mie scarpe?>
Ribatto, dopo aver ricercato la forza nelle mie viscere.
<Sono rosa fluo.>
Sorride, da bravo serpente viscido quale è. Ma adesso anche io ricambio quel sorriso.
<Vuoi sapere una cosa?>
Mi avvicino ulteriormente al suo viso, mi fermo ad un soffio dal suo naso.
<Le mie scarpe rosa fluo sono perfette per prendere a calci il tuo culo.>
Mi allontano, mentre sulle sue labbra intravedo lo stesso sorriso perfido che è disegnato sulle mie.
<Va’ all’inferno, serpente schifoso.>
Gli dico, dandogli le spalle e iniziando a camminare verso l’auto ondeggiando i fianchi.
È sempre stato un gioco, quello tra di noi, ed io non ho mai avuto intenzione di perdere.

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