<Che graziosa gambina abbiamo qui.>
Le sue dita salgono e scendono quasi delicate sulla mia gamba.
<Sono curioso.>
Sale, sale, sale. Arriva appena sotto l’inguine, indugiando, poi scende un’altra volta.
<Cosa si prova a fare questo?>
Le sue dita si chiudono su di me, prendendo la mia pelle e strizzandola con prepotenza.
Sussulto, e i miei occhi si bagnano di lacrime che non voglio lasciare scendere.
L’uomo si avvicina al mio collo con il naso, mentre io ritraggo la testa all’indietro il più possibile, lui inspira il profumo della mia carne.
<Sei così delicata, così intatta. Scommetto che nessuno ti ha mai toccata.>
Il mio cuore batte ad una velocità fuori dal normale, e le urla mi muoiono in gola, mentre l’uomo alza la mia gonna e insidia le sue mani sempre più vicino a tutto ciò che mi appartiene.
Fermati, prego nella mia testa.
Basta, ti supplico.
Poi d’un tratto, un dettaglio di quella storia che viene sempre a cercarmi nel sonno, cambia.
Una carezza sul mio viso che non c’è mai stata, un tocco leggero che mi sfiora la pelle.
Il calore che mi raggiunge non è del mostro, lui non mi sta toccando più, sta svanendo come fumo tra i miei ricordi.
Quella carezza non c’è mai stata, nessuno mi ha salvata, il mostro mi ha rubato tutto.
Ma perché la sento ancora bruciare sul mio viso, ora?Apro gli occhi di scatto, mentre il cuore galoppa all’impazzata.
Un grigio che mi ricorda le nuvole prima di un temporale raggiunge il verde dei miei occhi, e una mano è sospesa tra il mio corpo disteso sul letto ed il suo in piedi accanto ad esso.
Una mano che se ne sta lì immobile, come se avesse appena toccato qualcosa che non avrebbe dovuto toccare.
Come se avesse appena toccato me.
La sua bocca si schiude in un piccolo sorriso, mentre ritrae la mano riportandola al suo posto lungo il fianco.
<Dovresti smetterla di svenire tra le mie braccia, potrei iniziare a credere che sia colpa del mio fascino.>
Inclino la testa di lato, frugando fra i miei ricordi, ricostruendo i momenti precedenti a questo.
Vorrei rispondergli con i miei soliti modi prepotenti, insultarlo o congelarlo con una battuta. Ma non ci riesco.
Il cuore mi batte ancora all’impazzata, e la cicatrice sulla mia gamba ha iniziato a farmi male.
Sto respirando in maniera affannata, e la testa mi pulsa come se ci fosse dentro qualcosa che si muove.
Tutto questo non è per niente strano, mi sento sempre così quando mi risveglio da un incubo, uno di quelli in cui rivivo quella notte.
Ancora e ancora.
Quel ricordo mi perseguita, mi tormenta. Mi toglie il sonno, la fame, la voglia di amare o di lasciarmi amare.
Però ci sono abituata, e ormai mi sono quasi convinta che va bene così.
Non siamo niente senza i nostri ricordi, no?
Questo vale anche per quelli brutti, suppongo, anche se ti rubano ogni singolo respiro. È questo il destino per quelli come me, quelli che sono stati protagonisti di un incubo.
Logan è rimasto in piedi per un po', aspettando una mia risposta, che però non è arrivata.
Lui non sa del mare in tempesta che si sta scatenando dentro di me, non sa che quel ricordo è tornato, mentre lui probabilmente mi riportava al Saudade’s.
Lui non sa, come nessun altro.
Ma quando si rassegna al fatto che non arriverà nessuna risposta, e si volta dandomi le spalle per raggiungere la porta della mia camera, qualcosa urla dentro di me.
<Aspetta.>
Dico, e la mia voce quasi trema.
Lui si ferma di colpo, ma non si volta a guardarmi.
<Puoi...ti va di...si ecco...>
Balbetto rivolta alle sue spalle, e la cosa mi fa sentire così stupida che vorrei colpirmi alla testa per tornare a dormire, per poi dare la colpa al vino domani.
Ma non riuscirei a dormire tanto facilmente, a questo punto, e lo so bene.
Per questo, prendo un lungo respiro e mi impongo di non tremare più.
<Resta.>
Se non fossi certa del suo caratteraccio e della sua incapacità di emozionarsi, direi di averlo visto sobbalzare.
<Solo per un po', se ti va.>
Mi porto le dita fra i capelli, e vorrei stapparmeli ad uno ad uno. Perché cavolo gli sto chiedendo una cosa simile?
<Oppure vai via, non che mi importi ovviamente. È solo che non riuscirei a riprendere sonno, ormai.>
Pessimo salvataggio.
<Perché vuoi che resti?>
Risponde dopo un attimo, dandomi ancora le spalle.
<Te l’ho detto, non riuscirei a riprendere sonno. Non mi va di annoiarmi.>
<Vuoi fare un pigiama party, asso?>
Ma come ho potuto credere che si sarebbe comportato come una persona normale?
<Vaffanculo, puoi anche andartene.>
Ruota appena il capo, guardandomi da sopra la spalla, e anche da quella distanza riesco a vedere il suo fastidioso sorriso di mezzo lato.
Senza proferire parola, si muove nella stanza mentre io lo guardo. Gira intorno al letto e si sdraia sul lato opposto al mio, con un braccio dietro la testa.
Resta zitto e immobile, con lo sguardo perso a guardare il soffitto, e dopo averlo osservato con gli occhi socchiusi mi rassegno.
Mi sistemo sul letto, facendo attenzione che lo spacco del mio vestito non lasci intravedere la cicatrice, mi sdraio sulla schiena e porto le mani in grembo.
Osservo la stanza per un attimo, e solo a quel punto mi rendo conto della piccola lampada accesa sul mio comodino.
<Hai acceso la luce.>
Non lo guardo, non mi muovo, e lui fa lo stesso.
<Ho pensato che ti saresti spaventata se ti fossi svegliata in una stanza buia.>
Già, mi sarei spaventata.
Non c’è niente di peggio per me che svegliarsi accerchiata dal buio.
Perché quando mi risveglio dai miei incubi, solo la luce mi permette di rendermi conto che mi trovo a casa, e non in quello stanzino buio.
<Grazie.>
Non risponde, e tra noi cala il silenzio.
C’è qualcosa in quella situazione che mi provoca una fitta al petto.
Mi sento a mio agio, al sicuro, per nulla scossa dall’imbarazzo. Neppure il silenzio mi disturba, così come la sensazione di un corpo accanto a me nel mio letto.
Nessuno, prima d’ora, se non Betty e Daniel, è mai stato sdraiato accanto a me.
Non dopo Ethan.
<Betty e Daniel?>
Chiedo ad un certo punto, spezzando il silenzio.
<Mi sono assicurato che tornassero a casa.>
<Ma stanno bene? Sanno che mi hai riportata tu qui?>
<Ti preoccupi sempre così tanto per loro?>
Aggrotto le sopracciglia, perché quella domanda mi sembra assurda. Sono i miei migliori amici, è ovvio che mi preoccupo per loro.
<Tu non ti preoccupi per i tuoi amici?>
<Io non ho amici.>
Quelle parole mi colpiscono in pieno, nonostante lo immaginassi già.
È ovvio che non abbia amici.
<E non ti piacerebbe averne?>
<No.>
Ovvio anche questo, che stupida.
<Ti piace startene sempre da solo come un eremita?>
<Si, mi piace particolarmente.>
Mi zittisco, perché la marea di cose che vorrei dire al riguardo lo farebbe impazzire.
<Cos’è che ti disturba il sonno?>
A quella domanda sussulto, chiedendomi se avessi parlato nel sonno mentre mi riportava a casa. A volte succede, a volte urlo quel nome, quello di colui che avrebbe dovuto salvarmi ma che invece mi ha gettato tra gli squali.
Per un attimo, mi chiedo se quelle ombre l’abbiano raggiunto, mentre mi fissava da sopra il mio letto.
<Perché?>
<Ho visto le pillole sul tuo comodino, non riesci a dormire?>
Mi volto per istinto verso il comodino, osservando per un po' il barattolo di pillole arancione.
Non le prendo più già da tempo, non hanno alcun effetto su di me, ciò che mi tormenta di notte è di gran lunga più potente.
<Non sono mie.>
Non so il perché di questa bugia, forse dirgli la verità mi farebbe sentire vulnerabile.
Ethan diceva che ognuno di noi ha dei punti deboli, nel poker e nella vita, e che bisogna prestare attenzione a non rivelarli. L’avversario potrebbe usarli contro di te, in qualsiasi momento.
<Sei una brava bugiarda.>
Mi volto di scatto verso di lui, che se ne sta ancora con il naso all’insù. Il muscolo del suo bicipite è contratto per via della posizione del braccio, e solo adesso mi rendo conto del fatto che non indossa più la giacca, ma solo la camicia.
Ha arrotolato le maniche su fino al gomito, e anche la cravatta è sparita, lasciando il posto alla testa del serpente.
Le sue ciglia nere sono lunghe, e per un attimo resto ipnotizzata dal loro movimento, dal modo in cui si poggiano con delicatezza sulla sua pelle,quando sbatte le palpebre.
<Non sto mentendo.>
Si volta anche lui a guardarmi, ed io sobbalzo come se il suo sguardo mi avesse presa a schiaffi d’improvviso.
O come se lo stessi aspettando da una vita.
<Io dico di si, e dico anche che lo fai spesso.>
<E tu che ne sai? Non mi conosci.>
Sorride appena, e vicino alle sue labbra appare una piccola fossetta che non avevo mai notato prima. Forse perché non l’avevo mai osservato da così vicino.
<Menti ogni giorno, ne sono certo.>
<Ah, si? E in che modo?>
<Sorridi ogni giorno, ti mostri come una ragazza che non ha paura di niente, sempre solare e vogliosa di vivere.>
Se non avessi paura che se ne accorga, tratterrei il respiro.
<Ti preoccupi per gli altri, fingendo che non ti importi se nessuno nota il velo di tristezza che si abbassa sui tuoi occhi, quando ciò che ti tormenta viene a cercarti.>
Schiudo le labbra per bloccare quel flusso di verità mai ammessa che sta uscendo dalla sua bocca, ma mi blocco.
<Fingi che le tue paure non esistano, ma quando ti trovano di notte ti lasci stringere dalla calda mano del terrore. L’indomani, però, ricominci a comportati come se fossi ineluttabile.>
Sposta il braccio da sotto la testa e si alza sui gomiti, senza smettere di guardarmi.
Il grigio dei suoi occhi adesso mi sembra più scuro, più vicino al nero, e mi da l’impressione di poterci cadere dentro.
<La verità è che c’è qualcosa di antico che dimora dentro di te, che ti soffoca i respiri e ti ruba il sonno. Ma tu sei troppo testarda e orgogliosa, non lo ammetterai mai. Perché ormai stai comoda nel tuo dolore, ti senti protetta da lui e credi che passare oltre ti porterebbe a perderti. Ci sono ricordi che ti stanno distruggendo, e non vuoi lasciarli andare.>
Quelle parole mi provocano lo stesso dolore che ho provato quella notte, quando quel coltello è affondato nella mia carne, quando quell’uomo ha rubato tutto ciò che ero e che non sarò mai più.
Per questo mi sento inerme, per questo non riesco a rispondere, non riesco a restituirgli il veleno che mi ha appena sputato addosso.
<Questo non è forse mentire, asso?>
C’è qualcosa di marcio dentro di lui, lo so per certo a questo punto. Si diverte ad individuare le debolezze altrui, cerca i punti deboli, proprio come mi ha insegnato Ethan. E poi, striscia silenzioso come un serpente e ti colpisce proprio lì, proprio dove fa più male.
<Vaffanculo.>
Riesco a dire finalmente, mentre il mio cuore batte ancora troppo veloce.
Lui sorride, ed io odio quella sua adorabile fossetta.
<Come ho detto, troppo testarda e orgogliosa per ammetterlo.>
<Non sai niente di me.>
Il suo sguardo si sposta dai miei occhi al mio naso, ripetutamente, e io mi irrito sempre di più.
<So che hai delle adorabili piccole lentiggini sul naso.>
Piego la testa di lato, perché l’improvviso cambio di argomento ha appena fatto crollare il mio autocontrollo, eliminando definitivamente la paura che fino a qualche minuto fa mi attanagliava lo stomaco.
<Un aspetto di te che non tutti conoscono, suppongo, perché si riescono a vedere solo da così vicino. In quanti sono arrivati così vicini al tuo naso?>
Solo adesso, dopo queste parole, mi rendo conto della reale vicinanza tra noi.
Deve essersi mosso sempre di più verso di me, dopo essersi alzato sui gomiti, ed io ero così accecata dalla rabbia che non me ne sono accorta.
<Solo i più coraggiosi.>
Rispondo, ricambiando il suo sorriso beffardo.
<Non ne dubito.>
Quando i suoi occhi lasciano i miei, un brivido mi risale lungo la schiena. Proprio come quando la sua mano ha lasciato la mia, quel giorno al ristorante. Come se già ne sentissi la mancanza.
Lo guardo mentre in silenzio si dirige verso la porta, e non so se esserne felice.
<In ogni caso, Amanda.>
Dice, fermandosi con la mano sulla maniglia.
<Tutti abbiamo paura di qualcosa.>
Mi ritrovo un’altra volta a trattenere il respiro.
<La paura non ti rende debole, ti rende viva.>
Quando esce dalla stanza, lasciandomi nel silenzio che non è mai pesato così tanto, getto il viso sul cuscino accanto a me e soffoco un urlo.
Dopo aver dato sfogo alla mia frustrazione torno a respirare, e in quel momento me ne accorgo.
Gelsomini.
È rimasto il suo profumo sul cuscino, e improvvisamente il mio letto mi sembra troppo grande per una persona sola.
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Bluff
RomanceLa vita a volte somiglia ad una partita di poker, e Amanda lo sa bene. Per questo motivo ogni giorno mette in pratica gli insegnamenti di Ethan, il suo primo amore. Ethan le ha insegnato tutto sul poker, regole e trucchi, e Amanda custodisce le su...