Sfacciata

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La cosa più difficile è la decisione di agire,
il resto è solo tenacia.

Amelia Earhart



Cammino a passo svelto verso l’ascensore, completamente silenziosa grazie alle scarpe da ginnastica. Dio, ma chi è stato il pazzo che ha inventato i tacchi a spillo? Che spietato strumento di tortura, mi fanno ancora male i piedi.
Per fortuna Tom non ha fatto alcun tipo di problema, ed è venuto a prendermi non appena l’ho chiamato. Sia santificato quell’uomo.
Arrivo al piano di sopra, e prima di uscire dall’ascensore tiro un lungo respiro.
Cerco la calma che mi serve per evitare di uccidere Logan sul posto.
Vorrei davvero farlo, però, perché lo stronzo è sgattaiolato via dalla mia camera e dal Saudade’s prima che io riprendessi conoscenza.
Sarà stata di sicuro una tattica la sua, sfinirmi così che io dormissi a sonno pesante, e lui potesse scappare via senza mantenere le sue promesse.
Non che mi sia dispiaciuta, tutta quella parte sullo sfinirmi.
Che cazzo, quello con lui è il sesso migliore che io abbia mai anche solo immaginato. E ne ho immaginati tanti tipi diversi.
Quella sua confessione avvenuta dopo, però…
Anche lui ha un Ethan, o meglio, la versione femminile del mio Ethan. Che poi non è neanche mio.
In sostanza, anche lui ha una persona speciale, una persona con cui ha fatto l’amore, a differenza di tutte le altre con cui ha solo fatto sesso. Come me.
E anche per lui, come per me, è difficile lasciarla andare completamente.
Lo ha affermato lui stesso, confessando che quella persona è dappertutto ma da nessuna parte. È così anche per me, con Ethan, il suo ricordo è dappertutto ma lui non è da nessuna parte. E così viviamo a metà, tra i ricordi e il presente.
Che supplizio del cazzo.
In ogni caso, mi sono imposta di non pensare alla sua persona speciale, e di non fare domande. Non mi interessa.
Dato che vivo anche io la stessa situazione, so bene come ci si sente, per questo non mi serve chiedere oltre. Per quanto possa essere stata speciale quella persona, ormai è prigioniera del passato. Almeno per me. Spero anche per lui.
Ma non è di certo per questo che mi trovo a casa sua, ora.
Il serpente ha tentato di fregarmi, ma io non ci casco. Abbiamo un accordo, di nuovo, lui ha promesso.
Cammino a testa alta nella casa che ormai porta anche il mio profumo, e non mi serve chiedermi dove possa essere lui, perché come se ci fosse un filo che ci unisce so esattamente dove andare.
Arrivo davanti la porta del suo ufficio, e non ho neanche l’accortezza di bussare, dopo tutto quello che abbiamo fatto ieri notte non credo siano necessari certi convenevoli.
Entro dentro l’ufficio e mi fermo sulla soglia con le braccia conserte, aspettando che lui alzi lo sguardo dai fogli che sta studiando.
Quando lo fa, con una lentezza sfiancante, sulle sue labbra aleggia il solito detestante sorriso.
<Sei in debito, serpente.>
Lo sfido, quando finalmente i suoi occhi arrivano ai miei.
<Di qualunque tipo di debito si tratti, conosco il modo perfetto per ripagarlo.>
Fa per alzarsi, allentando il nodo della cravatta. Perché è così ben vestito in casa sua? Bah.
<Non ti muovere da lì.>
Lo blocco, e lui si rimette di nuovo seduto, sorridendo.
<Innanzitutto, perché sei vestito così?>
Non voglio di certo morire con questo dubbio.
<Stavo lavorando.>
Risponde, accennando ai documenti sparsi sulla scrivania.
<E non potresti farlo in t-shirt? I documenti sono razzisti verso gli abiti casalinghi?>
Aggrotto le sopracciglia, e lui accenna una risata.
<Ero in call con dei soci.>
Alza le sopracciglia come a voler sottolineare l’ovvio.
<Sai cos’è una call?>
Sbuffo una risata, scuotendo la testa.
<Non sarò una ricca stronza come te, ma non vengo dalle caverne.>
Scoppia a ridere, mentre io appaio leggermente infastidita.
<Idiota.>
Lo schernisco, mentre lui ride ancora.
<Torniamo seri.>
Lo rimprovero, interrompendo la sua risata.
<Abbiamo un accordo.>
Gli ricordo.
<Ah, si? Un altro?>
Socchiudo gli occhi a fessura, guardandolo storto. Ha proprio voglia di scherzare.
<Hai promesso di insegnarmi a difendermi e...>
Ci rifletto per un attimo. Non voglio risultare insistente, ma una promessa è una promessa, e lui ha promesso di spiegarmi i casini in cui si trova.
<Devi confessare i tuoi peccati.>
Dico, decisa, annuendo.
E, un’altra volta, lui ride. Tra poco lo strangolo.
<Smettila di ridere di me.>
Aggiungo, infastidita.
<Non rido di te.>
<Ah, no? Allora perché ridi?>
<Perché sei buffa.>
Socchiudo di nuovo gli occhi e lo fulmino.
<E questo non significa ridere di me?>
<Non ti sto prendendo in giro, il fatto che sei buffa è un dato di fatto, e il tuo esserlo mi fa ridere.>
<Logan?>
<Si?>
<Sto per saltarti addosso con l’intenzione di strangolarti.>
<Io mi fermerei alla parte in cui mi salti addosso.>
Arriccia il naso per evitare di ricominciare a ridere, mentre io lo guardo così male che se avessi uno specchio davanti mi spaventerei di me stessa.
Logan si alza, abbandonando definitivamente i fogli sulla scrivania, e riprende a slacciarsi la cravatta.
<Ti stai spogliando?>
Gli chiedo, mentre lui se ne libera.
<Mi sto togliendo la cravatta.>
<Quindi ti stai spogliando.>
Nel frattempo l’abbandona sulla sedia.
<No, mi sto solo togliendo la cravatta.>
Finito questo, inizia a muovere le braccia per liberarsi anche della giacca grigia, perfettamente abbinata ai suoi occhi.
<Adesso ti stai spogliando.>
Ribatto, alzando i palmi delle mani per sottolineare la cosa.
<Non ti è dispiaciuto vedermi nudo, ieri notte.>
Bastardo.
Apro la bocca per rispondere, o per insultarlo, forse.
<Calmati, tigre, sto solo scherzando.>
No, mi sta facendo esasperare, piuttosto.
<E no, non mi sto spogliando. Purtroppo.>
Abbandona la giacca sulla sedia, sopra la cravatta, e mi raggiunge compiendo soltanto due ampie falcate.
Una volta davanti a me, mi ci vuole un secondo per concentrarmi e chiudere la bocca ancora aperta.
<Andiamo.>
Mi dice, facendo scivolare una mano nella mia e trascinandomi fuori.
Raggiungiamo l’ascensore, ed io lo seguo zitta, senza fare domande. Quando le porte si chiudono, dopo che ha ammaccato la freccia in su, inizia ad arrotolarsi le maniche della camicia bianca. Evito di dirgli quanto questo gesto mi faccia sentire caldo e freddo contemporaneamente. Perché, poi? Perché trovo così sexy un uomo con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti? Boh.
Quando le porte dell’ascensore si aprono, affacciandosi sull’ampio spazio semivuoto che conosco bene, dei suoni affaticati giungono fino a noi.
Seguo Logan fuori dall’ascensore, e quando raggiungiamo il materassino rosso troviamo Maverick intento ad ammazzarsi di addominali.
Ha i capelli scombinati, il viso stanco e provato, la pelle lucida di sudore, e il fiato corto.
Non indossa la maglietta, e questo mi fa emettere un fischio alla vista del suo corpo, muscoloso e atletico. Non mi aspettavo niente di diverso, in realtà, i suoi muscoli si intravedono anche da sotto i vestiti neri.
<Buon giorno.>
Ci dice, con l’affanno, interrompendo la serie di addominali.
<Buon giorno a te, bel fusto.>
Scherzo, sorridendo e facendogli l’occhiolino. Lui diventa rosso di imbarazzo, mentre Logan scuote leggermente la testa per nascondere un piccolo sorriso.
<Ho bisogno del tuo aiuto.>
Gli dice, tornando serio e togliendosi le scarpe per salire sul materassino.
<Certo, quello che vuoi.>
Gli conferma la guardia del corpo, mettendosi in piedi e regolarizzando il respiro.
<Togliti le scarpe e vieni qui.>
Dice poi il serpente, rivolgendosi a me, e io sbuffo una risata.
<Per quanto l’idea mi attiri, non sono molto fan dei threesome.>
Maverick diventa tutto rosso una seconda volta, e abbassa subito lo sguardo sui suoi piedi.
<Sfacciata.>
Mi dedica Logan, puntandosi le mani sui fianchi.
Abbasso gli angoli delle labbra verso il basso, e alzo le mani sopra le spalle, sfidandolo a biasimarmi.
<Prima lezione per te.>
Dice, sbottonandosi i primi bottoni del colletto.
<Dovrai difenderti, da entrambi.>
Indica lui e poi Mav, che intanto è tornato tra noi.
<Contemporaneamente.>
Aggiunge, mentre io spalanco un’altra volta la bocca.
<Temo di non avere l’abbigliamento adatto per una lotta corpo a corpo.>
Faccio riferimento ai miei pantaloni di pelle neri, attillati fino a sembrare una seconda pelle.
<Puoi toglierli, se preferisci.>
Dice il cretino, portando Maverick a fissarsi nuovamente i piedi.
<Anche se lo facessi, risulterebbe comunque scomodo muoversi con un filo tra le chiappe.>
<Hai un filo tra le chiappe?>
Maverick rialza il capo di scatto, con le sopracciglia aggrottate.
<Mi riferivo al mio perizoma, Mav.>
<Oh.>
Maverick alza gli occhi al cielo, come se stesse riflettendo.
<Rick.>
Lo richiama Logan, guardandolo storto.
<Si?>
<Smettila.>
<Di fare?>
<Te lo stai immaginando.>
<Affatto.>
Nega lui, alzando le spalle e tornando a fissare il vuoto.
<Falla finita.>
<Non sto facendo niente.>
<Piantala, oppure ti prendo a pugni.>
A questo punto Maverick torna a guardarlo, sorridendo.
<Fammi smettere se ci riesci, coglione.>
Anche se sorridendo, Logan inclina la testa di lato e fa un passo verso l’amico.
<Ehi, Mav.>
Richiamo l’attenzione di entrambi i cretini, interrompendo l’imminente lotta.
<Sai a chi piacciono particolarmente i fili tra le chiappe?>
Lo fisso, mentre lui sgrana gli occhi e ritorna a colorarsi di rosso.
<Così piccoli e sottili che sono quasi teneri.>
Muovo le dita davanti a me come se stessi accarezzando un morbido cucciolo.
<Perfida.>
Mi dice alla fine lui, evitando il mio sguardo, ed evitando di pronunciare il nome della mia amica.
<Touché.>
Dopo aver messo a tacere i bisticci dei due neonati qui, mi convinco e mi tolgo le scarpe. Non appena metto piede sul materassino i ricordi della prima volta affiorano come una carezza. Quanto tempo è passato? Sembra un’altra vita.
<Bene.>
Dico, posizionandomi al centro tra loro.
<Giochiamo.>
Ne sono sicura? No. Me ne pentirò? Di sicuro.
<Occhi e orecchie dappertutto, asso.>
Mi suggerisce Logan, mentre lui e Maverick iniziano a girarmi intorno.
<Non sai chi colpirà per primo, quando lo farà, o da che direzione.>
<Ma non mi dire?>
Ammicco, come se fossi così idiota da non comprenderlo.
Loro continuano a girarmi intorno, ed io mi concentro per tenerli d’occhio entrambi mentre si avvicinano.
Logan a destra, no, Mav a sinistra.
No, è dietro di me, ma Logan è davanti.
Che pessima idea questa, dannazione.
<Ahia.>
Sussulto, quando Logan scatta in avanti e mi colpisce ad una spalla con la mano aperta.
<A che cosa stavi pensando?>
<Ad un modo innovativo per torturarti.>
Inclino la testa sorridendo, rivolta a Logan che ancora mi gira intorno.
<Per quanto io sia curioso, devi smetterla.>
Mentre seguo Logan con lo sguardo, distratta, Maverick avanza alle mie spalle e mi colpisce dietro un ginocchio.
<Ahia.>
Ripeto, patetica.
<Ti ho toccata a malapena.>
Si giustifica, girando e arrivandomi di fronte.
<Il tuo concetto di “a malapena”, è a dir poco distorto.>
Non faccio in tempo a rispondere a Maverick, che Logan mi colpisce un’altra volta alla gamba destra.
<Ancora.>
Protesto, stavolta guardando lui.
<Sei distratta.>
<Siete voi a distrarmi.>
Per fortuna, i lividi che mi sono procurata con quella caduta sono ormai trasparenti. Credevo ci avrebbero impiegato molto più tempo, ma poi mi sono ricordata il nome di una vecchia pomata davvero efficace. Ne tenevo sempre un tubetto in un cassetto del bagno, cinque anni fa, per applicarla su alcuni piccoli lividi violacei che di tanto in tanto coloravano la pelle di Ethan.
Non ho mai chiesto nulla al riguardo, so bene quanto sia difficile parlare delle proprie ferite. La maggior parte delle volte, scorgendo il mio sguardo preoccupato, lui mi rassicurava accarezzandomi i dorsi delle mani mentre io massaggiavo la sua pelle con la pomata. Diceva che gli piaceva andare in bici, ma che le strade di Las Vegas non erano del tutto adatte per questo tipo di hobby.
Forse avrei dovuto chiedere di più, in questo modo non sarei ancora piena di domande ora.
<Dannazione!>
Impreco, mentre Logan mi colpisce un’altra volta.
<Devi concentrarti.>
Mi consiglia.
<Sono concentrata.>
<No, sei bellissima ma non concentrata.>
Sorrido, timida, ma questo mi distrae un’altra volta, dando modo a Meverick di colpirmi di nuovo.
<Bastardo.>
Lo insulto.
<Piano con le parole.>
Mi rimprovera.
D’accordo, adesso basta.
Chiudo gli occhi, mentre loro continuano a girarmi intorno, e respiro.
Inspiro, ed espiro, concentrandomi.
Lascio andare ogni pensiero, mi concentro sul battito del mio cuore e sul rumore del materassino sotto i loro piedi.
<Così, brava.>
Mi incita Logan, alla mia destra.
<Memorizza il suono dei nostri passi, quelli di ognuno di noi sono diversi, riconoscili.>
Va bene, posso farcela.
Mi concentro sul suono, riconoscendo quello di Maverick, più pesante e appena più goffo, e quello di Logan, leggero e silenzioso.
<Concentrati sui respiri, quelli fanno sempre rumore.>
Ha ragione, quello di Maverick è leggermente più affannato, quello di Logan invece è rilassato e appena percettibile.
<Fai attenzione agli spostamenti d’aria, prima di ogni colpo c’è sempre una leggerissima folata di vento.>
E così faccio, mi concentro sulla mia pelle e su quello che sente lei.
Adesso.
Percepisco uno spostamento d’aria vicino allo zigomo sinistro, e mi sposto di scatto verso destra, aprendo gli occhi.
Di fronte a me, Logan mi sorride con un braccio proteso alla mia destra.
L’ho scansato.
<Brava.>
Evito di mettermi a saltellare dalla gioia, però sorrido e mi rimetto in posizione.
<Adesso prova a scansare e attaccare.>
Cavolo, neanche il tempo di esultare che lui complica le cose.
Stavolta non chiudo gli occhi, ma mi concentro comunque sui suoni, e mentre loro mi girano intorno io giro su me stessa. Più lentamente però, in modo da poterli tenere d’occhio entrambi, uno davanti a me e l’altro l’osservo con la coda dell’occhio.
Passi, respiri, spostamenti d’aria.
Adesso.
Mentre Maverick si sporge per colpirmi, lo scanso con una piccola piroetta e allungo un braccio verso Logan.
<Cazzo.>
Sussulta lui, piegandosi a terra con una mano tra le gambe.
A mia discolpa, dico che l’intenzione era quella di colpirlo allo stomaco, ma forse non ho accuratamente calcolato le distanze.
<Oddio, scusa.>
Mi inginocchio davanti a lui, mentre inspira ed espira piano, Maverick sghignazza alle mie spalle.
<Se non la smetti di ridere, al prossimo giro ti becchi un calcio diretto tra i gioielli, e non sarà accidentale questa volta.>
Lo rimprovero, guardandolo di sbieco, e lui si ammutolisce.
<Stai bene?>
Torno a concentrarmi su Logan, che nel frattempo ha calmato il respiro.
<Tranquilla, non mi hai ancora reso impotente. Per ora.>
Sorride, ed io faccio lo stesso.
<Menomale.>
Lo aiuto a rimettersi in piedi, anche se è lui a fare gran parte del lavoro.
Ad un tratto, il suono squillante di quella che sembra essere una sveglia proviene dal polso di Maverick. Lui guarda lo smartwatch con il cinturino nero e lo zittisce con un dito.
<Vi devo salutare.>
Dice, dirigendosi verso l’ascensore senza aggiungere altro.
<Dove va?>
Chiedo a Logan, una volta soli.
<Che vuoi che ne sappia.>
Mi guarda come se fosse scontato non saperlo.
<Che amicizia bizzarra la vostra.>
Fa spallucce.
<Ognuno ha i propri spazi e i propri segreti.>
Mi spiega.
<Che amicizia è se non ci si confessano i segreti?>
<L’amicizia che si ha tra fratelli. Uniti, ma pur sempre sulle proprie.>
Aggrotto le sopracciglia, perché l’amicizia che conosco io è priva di segreti. Almeno la maggior parte del tempo.
<Continuiamo?>
Chiedo poi, cambiando argomento.
<Che ne diresti di un bagno, invece?>
Mi viene vicino e mi cinge la vita.
<Mi hai già fatto sudare abbastanza.>
<Ma stavo appena iniziando a capire.>
Protesto, facendo gli occhi dolci.
<E poi, non è mai morto nessuno per un po' di sudore.>
Sorride di mezzo lato, e a questo punto mi sono già arresa.
<Preferisco espellere tossine praticando un altro tipo di attività.>
Mi attira a sé, premendo il suo corpo contro il mio.
<Ah, si? E di che tipo di attività si tratta?>
Sto al gioco, e lui fa scivolare le mani sul mio sedere.
<Oserei dire acrobatiche.>
Scherza, strappandomi una risata.
<Lei è insaziabile, signor Harris.>
Preme ancora i nostri corpi uno contro l’altro, portando il mio cuore ad accelerare.
<Tutta colpa sua, signorina Martin.>
Mi piace questo gioco.
<E non le andrebbe di praticare quelle attività di cui parla qui, su questo materassino?>
Lo sfido, facendogli luccicare gli occhi.
<Sfacciata.>
Ripete, forse per la centesima volta, ma non ho il tempo di ribattere che la sua bocca è già sulla mia.
La sua lingua mi accarezza il labbro inferiore, ed io le schiudo per lasciargli libero accesso. Divora la mia bocca come se davvero fosse affamato, giocando con la mia lingua e mordicchiandomi le labbra.
Veloce, infila una mano dentro i miei pantaloni, ed io mi chiedo come ci sia riuscito dato che sono così attillati da soffocarmi.
Ma le sue dita accarezzano il pizzo del mio perizoma, lasciando brividi sulla pelle al di sotto. E mentre lui ruba ancora i miei respiri, danzando con la mia lingua, io già mi inarco verso la sua mano.
È incredibile come anche il solo tocco leggero della sua mano mi porti sul punto di impazzire.
Cattivo, continua a giocare con il pizzo delle mie mutandine, senza mai oltrepassarle del tutto, mentre io ansiamo attaccata alla sua bocca.
Mi inarco verso di lui, supplichevole, desiderosa, e quando finalmente supera il pizzo e arriva a quella zona calda e ormai bagnata, abbandono la sua bocca e inclino la testa all’indietro.
Lui si china sul mio collo, portandomi la mano libera dietro la nuca, e traccia un percorso di baci e lingua sulla mia pelle.
Alla fine, con mio enorme sollievo, smette di giocare con me e mi lascia scivolare due dita dentro.
La follia più pura, l’eco dei miei gemiti rimbomba nella stanza semivuota, ed io vorrei solo lasciarmi ricadere sul materassino e fare in modo che prenda da me tutto ciò che vuole.
Ma proprio quando le mie gambe iniziano a tremare, e il suo movimento dentro di me si fa più veloce, portandomi a stringere i denti, si ferma all’improvviso lasciandomi ansimante.
Estrae la mano dai miei pantaloni lentamente, sfiorando meticolosamente ogni centimetro della mia pelle delicata, ed io ipotizzo che sta per succedere qualcosa, qualcosa di più bello di ciò che stava già accadendo.
Ma, invece, lui si ritrae costringendomi a rimettermi dritta sulle mie gambe.
Quando lo guardo, lo trovo a sorridere come un viscido serpente, con gli occhi che luccicano di desiderio e di compiacimento.
<Perché ti sei fermato?>
Chiedo, con il fiato corto.
<Te l’ho detto, voglio fare un bagno.>
Senza aggiungere altro, ma ancora ridendo sornione, si volta e si incammina verso l’ascensore.
<Ma...>
Dico, imbambolata sul dannatissimo materassino rosso, ormai lontano da lui.
<Quello era un assaggio.>
Urla, ancora di spalle, raggiungendo l’ascensore.
<Sei uno stronzo.>
Protesto, mentre le porte si aprono e lui entra dentro la cabina, tornando a guardare nella mia direzione.
<E ti è sempre piaciuto.>
Dall’interno dell’ascensore, si porta una mano in tasca e mi fa l’occhiolino.
Un secondo dopo mi ritrovo a correre verso di lui, abbandonando anche le scarpe.
Stronzo. Stronzo. Stronzo.

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