Francese e pistole

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È più complicato di così.
La carne ci vuol poco a soddisfarla.
È il cuore a essere insaziabile, il cuore che ha bisogno
di amare, di disperarsi, di ardere di un fuoco qualunque…
Ecco ciò che volevamo:
bruciare, lasciarci consumare, divorare i nostri giorni
come fiamme divorano la foresta.

Irène Némirovsky



<Scegline una.>
Sono imbambolata, su gambe malferme, a osservare il piccolo tavolino davanti a me. Tre lucide pistole vi sono posizionate sopra, e Logan mi gira intorno con un sorrisetto preoccupante. Non credevo, tra l’altro, che si sarebbe lasciato convincere tanto facilmente alla fine. A quanto pare so essere più convincente di quanto credo.
<Come faccio a sceglierne una, se non conosco le funzionalità.>
A queste mie parole, il suo sorriso si allarga di più, come se sperasse proprio in questa risposta.
<Esistono quattro tipi diversi di pistole.>
Inizia, girandomi ancora intorno, mentre io prendo a fissare il bersaglio davanti a me, già confusa.
<Quelle manuali, quelle a ripetizione, le semiautomatiche e le automatiche.>
Incredibile quanto mi sembri sexy in questo momento, qui a parlare di pistole, come se non potessi perdere una mano tra qualche istante.
<Le manuali sono le più datate, ma anche le più semplici. Devono essere ricaricate dopo ogni colpo, per questo scomode e per niente utili se ti ritrovi nel bel mezzo di una sparatoria.>
SPARATORIA? Gesù, ma cosa sto facendo?
<Quelle a ripetizione, invece, non devono essere ricaricate ad ogni colpo. Di conseguenza, hai più colpi a disposizione, basta premere il grilletto ripetutamente.>
Si arrotola le maniche della camicia sul gomito e cammina piano verso di me, lo sguardo compiaciuto.
<Le semiautomatiche sono dotate di caricatore estraibile, e di silenziatori. Veloci, pratiche, comode. Hanno dei difetti, però, come per esempio l’impossibilità di sapere se il caricatore è pieno o meno senza estrarlo. Potresti trovarti senza colpi proprio quando ne hai bisogno, e cambiare il caricatore potrebbe richiedere un lasso di tempo che potrebbe costarti la vita.>
Ottimo. Sono finita in un film del cazzo, uno di quelli tragicomici.
<Le automatiche, infine, sono le così dette mitragliatrici. Ciò significa che non è necessaria la ripetuta pressione sul grilletto per sparare più colpi. Sparano a raffica.>
A raffica? Dio mio.
Logan si ferma davanti a me, sul lato opposto del tavolino su cui stanno le pistole. Incrocia le braccia, e alza le sopracciglia come se mi avesse appena spiegato come funzionano i fornelli della cucina.
<Davanti a te hai una Rivoltella Smith & Wesson modello 60, pistola a ripetizione. Una Beretta 92FS Inox, semiautomatica. E una Beretta 93R, mitragliatrice.>
Fisso le tre pistole deglutendo rumorosamente.
<Allora, quale scegli?>
Alzo lo sguardo su di lui, stampandomi in faccia il terrore più puro.
Come fa ad essere così tranquillo? La mia mente sta già partorendo scenari terrificanti, stile mille modi per morire.
<Preferisci farmi fare questo piuttosto che confessare i peccati, vero?>
Sorride, ancora, mentre a me tremano già le mani.
<Facciamo così.>
Inizia, prendendo in mano la semiautomatica.
<Questa qui ha sei colpi.>
Allunga la mano in mezzo a noi e mi porge quella dannata pistola che mi terrorizza.
<Per ogni colpo che spari, potrai farmi una domanda ed io dovrò darti una risposta.>
Una sfida.
Un campo in cui ad entrambi piace giocare, e un irresistibile sapore piccante mi pizzica la lingua.
Mi sforzo per far cessare il tremolio alle mani e, sorridendo, impugno la pistola.
Non appena la mia pelle entra in contatto con l’impugnatura, ricordi sfocati di una buia notte mi tornano alla mente.
È per una buona causa, mi dico.
Sei più forte tu.
Logan gira intorno al tavolino e si posiziona dietro di me, mentre io, come se l’avessi già fatto un sacco di volte, allungo le braccia e posiziono la pistola verso il bersaglio.
Il contatto dei nostri corpi mi rassicura, come se la consapevolezza di averlo vicino ingabbiasse la mia paura.
Una mano calda mi cinge la vita, poi un suo piede si incastra in mezzo ai miei, facendomeli allontanare.
<Uno avanti, l’altro più indietro.>
Mi spiega, guidando i miei movimenti. Poi le sue mani salgono sul mio busto, arrivano alle spalle e le tirano indietro.
<Spalle dritte, mento alto.>
Consiglia, ed io faccio come dice.
<Sei pronta?>
Sussurra vicino al mio orecchio, percorrendomi le braccia con le mani fino ad arrivare alla pistola. Chiude le dita sopra le mie, fermando un dito sul grilletto, proprio sopra al mio.
Deglutisco, mentre qualcosa mi si ferma nello stomaco, provocandomi la nausea.
<Uno.>
Inizia a contare, stringendo le mani contro le mie, e alzando di poco la pistola.
<Due.>
Alzo lo sguardo e fisso il bersaglio. Posso farcela.
<Tre.>
Conclude, premendo il dito indice sul mio e portandomi a premere il grilletto.
Il suono dello sparo mi fa fischiare le orecchie, e quando il proiettile esce dalla pistola vorrei ritrarmi, ma il suo corpo solido dietro di me mi tiene ferma.
Il proiettile viaggia alla velocità della luce, per poi perforare il bersaglio, lontano dal centro, scava un piccolo foro da cui ora esce un raggio di luce.
<Cazzo.>
Bisbiglio, affannata.
<Non male.>
Dice lui, baciandomi il collo.
Evito di dirgli che probabilmente è solo merito suo, piuttosto cerco di calmare il cuore che mi esplode in petto.
<Domanda.>
Mi autorizza, allontanandosi da me mentre io abbasso le braccia e adagio delicatamente la pistola sul tavolino.
Bene, adesso va meglio.
<Dove sei nato?>
Tra tutte le domande che potevo fargli, certamente più interessanti, ho optato proprio per questa? A volte non mi capisco.
Tra l’altro, so perfettamente che la sede della sua azienda è a Seattle, probabilmente sarà nato proprio lì.
<Qui.>
Risponde, spiazzandomi.
<A Las Vegas?>
Chiedo, come se non ricordassi più dove ci troviamo.
<Si, ma sono andato via quando ero molto giovane. Pistola.>
Neppure il tempo di domandare oltre che lui torna a posizionarsi dietro di me.
D’accordo, queste sono le regole del suo gioco.
Recupero la pistola dal tavolino, e proprio come poco fa, mi posiziono.
Questa volta, Logan non fa scivolare un dito sopra il mio posizionato sul grilletto, si limita a cingermi i polsi e a sistemare la traiettoria.
<Quando sei pronta.>
Mi sussurra da sopra una spalla, ed io mi prendo un istante.
Inspiro, espiro, osservo il bersaglio e conto mentalmente.
Uno...due…tre.
Premere il grilletto senza il suo aiuto è risultato più complicato del previsto, ma applicando una leggera pressione in più sono riuscita a sputare fuori il proiettile.
Un dolore mi percorre le braccia come una scossa, ma per fortuna anche stavolta il suo corpo alle mie spalle mi fa scudo.
Proprio come prima, la pallottola viaggia veloce e perfora il bersaglio. Vicino al foro precedente.
Niente male neanche stavolta, e ora il fischio alle orecchie si è fatto meno assordante.
<Domanda.>
Dice, come se non volesse lasciarmi il tempo di riflettere.
Anche questa volta risistemo la pistola sul tavolino, non mi va di tenerla tra le mani. Però lui non si scosta da me, resta alle mie spalle e mi sistema i capelli dietro l’orecchio.
<Dove hai vissuto una volta lasciata Las Vegas?>
Ho così tante curiosità, anche se alcune dovrò metterle da parte per fargli confessare i peccati.
<Qua e là.>
Dice, sfiorandomi una spalla con un bacio.
<Non è una risposta.>
Lo rimprovero.
<Ho vissuto in Italia, in Spagna, e anche in Francia.>
In Spagna? Dio, quanto mi manca.
<Sai parlare il francese?>
Che lingua meravigliosa quella, ho sempre desiderato impararla, peccato io sia una gran pigrona.
<Uno sparo, una domanda. Non fare la furba.>
Lo sento sorridere sul mio collo, ma in effetti ha ragione.
Torno ad impugnare l’arma e questa volta il metallo non mi provoca nessun brivido.
Per la terza volta, mi posiziono, inspiro, espiro, e conto.
Uno...due...tre.
Il suono dello sparo inizia a farsi più familiare, e questa volta mi perdo ad osservare il proiettile che taglia l’aria, come se viaggiasse a rallentatore.
Più vicino al centro. Inizia a piacermi.
<Brava.>
Mi dice, percorrendomi le braccia fino alle spalle, per poi scendere sull’addome.
<Domanda.>
Mi ricorda, e stavolta non tolgo le mani da sopra la pistola mentre l’appoggio sul tavolino.
<Dimmi qualcosa in francese.>
<Hai a disposizione altre quattro domande e te ne giochi una per questo?>
Mi mordicchia un lobo facendomi sussultare.
<Ho la libertà di chiedere ciò che voglio, no?>
Lo sento sorridere tra i miei capelli, e faccio lo stesso.
Giochi malati e perversi, praticamente stiamo diventando una versione di Harley Quinn e Joker senza i capelli colorati.
<Je ne te mérite pas.>
Sussurra, attirandomi a sé con una mano sulla mia pancia.
Dio, con questo accento potrei anche svenire a questo punto.
<Che cosa significa?>
Inclino la testa all’indietro per lasciarlo incastrare meglio nell’incavo tra la mia spalla e il mio collo.
<Sparo.>
Mi ordina, allentando la presa intorno alla mia vita.
Bisogna seguire le regole, dopotutto.
Prendo la pistola, e ormai come se mi venisse automatico, mi posiziono.
Questa volta le sue mani non raggiungono le mie, resta immobile tenendomi stretta.
Deglutisco, respiro, conto.
Uno...due...tre.
Più vicino al centro, sempre più vicino. Questa volta mi compiaccio, e rido nascosta dietro la pistola.
<Domanda.>
Sentenzia, ed io abbasso l’arma solo di poco.
<Chi è che ti cerca?>
Lo sento irrigidirsi alle mie spalle, ma non ho più voglia di sprecare domande inutili. Devo sapere. E poi lo ha promesso.
Il cuore mi batte all’impazzata mentre lui si zittisce, ma comunque mi tiene stretta. Come incentivo, mi premo leggermente all’indietro, e lui chiude la mia maglietta in un pugno.
<Un ricco stronzo messicano.>
Ben consapevole di non poter chiedere oltre, non gli do il tempo di emettere un altro fiato, alzo la pistola, punto, e conto.
Uno...due...tre.
Sempre più vicino.
Ad un tratto il bersaglio mi sembra enorme, e la pistola tra le mie mani sembra aver preso la forma delle mie dita.
<Domanda.>
Dico al suo posto, mentre lui mi sposta i capelli oltre la spalla, per assaporarmi meglio.
<Chi è?>
Ritento.
<Il re della città.>
Vago, troppo vago. Ma non posso fare altre domande, gioco lealmente.
Alzo il mento, punto la pistola, respiro, conto.
Uno...due...tre.
Quasi.
<Stai già diventando più brava di Maverick.>
Scherza, accarezzandomi l’addome.
<Perché ti cerca?>
Chiedo, senza mettere giù la pistola.
<Perché l’ho fatto incazzare.>
Vago, ancora, troppo.
Chiudo un occhio per puntare meglio, mi concentro sul centro del bersaglio, calmo il respiro, conto.
Uno...due...tre.
Premo il grilletto, mi tengo pronta al rimbombo, ma…
La pistola non spara.
Senza scompormi riprovo a premere il grilletto, ma non esce nessun proiettile.
Logan sghignazza sul mio collo.
<Finiti.>
Ride.
<Dammene altri.>
Mi giro di scatto verso di lui, senza mollare la pistola.
<No, basta così.>
Risponde con un sorriso sulle labbra che mi innervosisce.
<Sei stato troppo vago.>
<Nessuna regola lo vietava.>
<Sei uno stronzo.>
Lo spintono allontanandolo da me.
<Avresti dovuto selezionare meglio le tue domande.>
Mi schernisce, ridendo.
<Avrei dovuto usare uno di quei proiettili per spararti un colpo al petto, piuttosto.>
Con ancora la pistola tra le mani, come se ormai fosse un prolungamento del mio braccio, le incrocio e gli faccio la linguaccia.
<Avresti sparato un proiettile nel vuoto.>
Di sicuro, evidentemente non ha un cuore. Che stronzo.
<Vaffanculo, serpente.>
Gli alzo il dito medio, e mi rigiro per posare la pistola, ormai è inutile.
<Vuoi sentire un’altra frase in francese?>
Allettante.
Saluto la pistola e torno a guardarlo, mentre lui si fa scivolare le mani in tasca e il serpente sulla clavicola sibila da sotto la camicia.
Socchiudo gli occhi e lo fisso, aspettando che parli.
<Tu es merveilleuse, mon amour.>
Che cazzo, questo accento è eccitante da fare schifo.
Alzo le spalle e arriccio il naso.
<Qualunque cosa significhi puoi ripeterla mentre facciamo sesso, la prossima volta?>
Sorridendo, fa pochi passi verso di me e mi rapisce in un abbraccio.
Mi fa scivolare la mani sui fianchi, e poi sul sedere, attirandomi a sé e costringendomi a slegare le braccia che tenevo strette al petto.
<Ho detto che hai un brufolo.>
Dice, fissando un punto sul mio viso, vicino al naso.
<Sul serio?>
Sussulto, portandomi una mano su quell’esatto punto, e lui scoppia a ridere.
Si inclina appena e mi ruba un bacio sulle labbra, facendo rilassare i miei lineamenti.
<Devi darmi risposte, Logan.>
Allungo le braccia e le incrocio dietro il suo collo.
<Ti prego.>
Faccio appello alle mie capacità di persuasione, e quando il suo viso si rilassa intuisco di avere la vittoria in tasca.
<Non c’è molto da poter dire.>
Confessa, deglutendo.
<Lui gestisce gli affari più loschi della città, ogni commercio è nelle sue mani, niente entra o esce senza il suo consenso.>
Mi spiega, e anche se non è un argomento usuale o piacevole, il mio cuore lo ringrazia per la verità che finalmente mi sta regalando.
<La città stessa è nelle sue mani.>
Aggiunge poi, rabbuiandosi.
<L’ho fatto incazzare e vuole farmela pagare, ma io non voglio più scappare.>
Alza una mano e mi poggia un palmo sulla guancia, io inclino la testa per aderire meglio al suo tocco.
<Sono stanco di scappare.>
Nei suoi occhi brilla un’emozione che conosco bene.
Tristezza, dolore, temporale.
<Non si scappa più, adesso.>
Sussurro, a lui ma anche a me stessa.
Basta scappare dalle paure, dai tuoni che ci fanno sussultare.
Basta avere paura del fuoco, questo è il momento di diventare fuoco.
Pericoloso, distruttivo, inscalfibile.
<Non si scappa più.>
Mi fa eco lui, accarezzandomi con il pollice.
<Mettiamo fine a questa storia.>
Gli dico, una domanda e una promessa implicite.
<Insieme.>
Aggiungo, e in risposta lui mi bacia.
E questo bacio, lo so per certo, sancisce il patto.
Noi due, fuoco e ghiaccio, diventiamo fiamme e lame affilate.
Lotteremo contro i mostri che vogliono rubarci il futuro, scriveremo la nostra storia, e le daremo un lieto fine.
Basta avere paura, sono fuoco, e sono pronta ad incendiare il mondo.
Per lui.
Per noi.
Per la felicità.

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