<Lasciami qui.>
Urlo, cercando di sovrastare il vento e il rombo del motore.
<Cosa?>
Logan si gira di poco per sentire meglio la mia voce, e decelera.
<Ho detto di lasciarmi qui.>
Riprovo, sperando che la mia voce riesca ad uscire dal casco integrale che porto, ed entrare nel suo nero lucido.
Lui si guarda attorno, le mani salde sul volante.
<Questa non è casa tua.>
Fa notare, come se io avessi perso d’improvviso il senso dell’orientamento.
<Devo andare a casa di Betty, per restituirle le scarpe, recuperare le mie amate sneakers e tutto il resto.>
E raccontarle anche ogni dettaglio, è ovvio.
<Quelle rosa fluo?>
Mi chiede, e lo vedo sogghignare sotto il casco.
<Lasciami qui, idiota.>
Evito di sorridere anche io, mentre gli do un piccolo colpetto sulla spalla.
Fa come dico, e si accosta al marciapiede. Mi ci vuole un po' di impegno per riuscire a smontare dalla moto, nonostante gli anni trascorsi a cavalcare Revenge, sembro un’anziana signora.
Dopo aver rischiato la frattura della caviglia, due crampi, e lo stiramento di qualche muscolo, riesco a poggiare i piedi per terra.
Mi libero del casco, benedicendo l’aria che adesso mi punzecchia le guance, e lui sembra fare lo stesso.
<Allora?>
Domanda, mentre io gli passo il casco e lui se lo fa scivolare in un gomito.
<Quando mi riprenderai in ostaggio?>
Scherza, come se davvero credesse che sia tutta colpa mia.
<Non prima di Capodanno.>
Un’espressione delusa gli oscura il volto.
<Mi dispiace, ma mancano pochi giorni ormai all’ultimo dell’anno, ho troppo a cui pensare. Non posso permettermi distrazioni.>
Circondandomi la vita con un braccio mi avvicina a sé, facendoci ritrovare faccia a faccia.
<Quindi io sarei una distrazione?>
Sorride, perfido.
<Una distrazione bella e buona.>
Confermo, sicura, incrociandogli le braccia attorno al collo.
<Potrebbe anche essere stimolante, per come la vedo io.>
Si piega e mi posa un unico caldo bacio sul collo.
<Non ci provare, diavolo tentatore.>
Scoppia a ridere, ancora con il naso sul mio collo, ma si allontana per guardarmi.
<Va bene, va bene.>
Mi bacia un’altra volta sotto al mento, e poi mi lascia andare.
<Come vuole lei, mia regina.>
Ride.
<Regina? Mi piace!>
Gli schiaccio un occhio e gli rubo un bacio rapido sulle labbra.
<Tutto qui?>
Mi cattura di nuovo in un abbraccio, e mi schiaccia contro il suo corpo a cavallo della moto.
<Solo un bacio prima del nostro sofferto addio?>
Rido, portandomi una mano alla bocca.
<Se ti do tutto troppo in fretta, poi ti stancherai di me.>
Lo guardo alzando le sopracciglia, facendogli notare l’ovvietà della cosa.
<Non potrei mai stancarmi di te, asso.>
Sorrido, e d’istinto gli catturo la bocca in un bacio. Questa volta per niente rapido, o furtivo. Questa volta lo lascio prendere finché vuole, finché non si sazia.
E quando le nostre lingue smettono di danzare, riprendo aria come se avessi trattenuto il respiro.
<Allora ciao.>
Mi dice, rubandomi un ultimo delicato bacio.
<Ciao, serpente.>
Gli lascio anch’io il mio ultimo bacio, e poi lui mi lascia andare.
Mi allontano quanto basta per dargli un’ultima occhiata, e poi mi avvio verso casa di Betty e Daniel. Decido di non guardarmi indietro, ma non serve per sapere che mi sta osservando mentre mi allontano.
Non appena apro le porte girevoli dell’edificio in cui vivono i miei amici, sento il rombo di un motore. E quando sparisco oltre le porte, lo sento mentre si allontana.
Mi avvio verso l’ascensore con aria sognante, sentendo già la mancanza di qualcosa che non mi è mai appartenuto prima, ma che adesso sembra essere stato mio per tutta la vita.
Quando arrivo davanti la porta dell’appartamento, busso due volte e aspetto.
<Apri tu.>
Sento provenire da dentro, la voce delicata di Betty.
<Sono al cesso, Betty. Vai tu.>
La voce calda di Daniel.
<Non posso.>
Ribatte lei, palesemente più vicina alla porta.
<Perché?>
Chiede il mio amico, dal fondo dell’appartamento.
<Ho appena messo lo smalto.>
<Scherzi, vero?>
La voce di Danny si fa d’improvviso più vicina e affaticata, come se avesse compiuto una piccola corsa per arrivare qui.
<Senti, rincitrullito, non rischierò di rovinarmi le unghia per aprire quella dannata porta.>
<Io stavo sul cesso, Betty, stavo seduto sul fottutissimo cesso.>
Li ascolto litigare da dietro la porta, paziente, assolutamente abituata a questi teatrini.
<Se ti sbrighi ad aprire potrai tornarci.>
Non posso vederla, ma sono sicura che gli ha appena fatto l’occhiolino.
<Un giorno di questi mi farai impazzire.>
<Grande, adoro quando gli uomini impazziscono per me.>
<Bisbetica.>
<Coglione.>
Dopo lo scambio affettuoso di tenere parole, la porta finalmente si apre.
<Gesù!>
Esclama Daniel, con la mano sulla maniglia.
Betty si sporge appena un po' per osservare anche lei la soglia, seduta sul pavimento con le gambe incrociate, le schiena poggiata al divano.
<Che diavolo ti è successo?>
Mi chiede, e in un primo momento non capisco a cosa si riferisce.
Ma quando osservo meglio la faccia disgustata dei miei amici, e seguo la traiettoria dei loro sguardi, capisco.
Entro nell’appartamento con la testa china, osservando anch’io il modo ridicolo in cui sono conciata.
Daniel chiude la porta, e si appoggia allo stipite con le braccia incrociate, mentre io raggiungo Betty e mi lascio ricadere per terra, dall’altro lato del piccolo tavolino da salotto ricoperto di smalti e lime per le unghie.
Entrambi i miei amici mi osservano per qualche minuto, ed io resto muta come se avessi appena commesso un reato. La verità è che non so da dove iniziare.
<Oh, cazzo.>
Alzo il viso per osservare la mia amica, appena in tempo per vederla portarsi una mano alla bocca per nascondere un sorriso.
<Che c’è?>
Chiedo, aggrottando le sopracciglia.
<Hai la faccia da sesso.>
Evito di spalancare la bocca, concentrandomi per non arrossire.
Betty e il suo sesto senso maledetto.
<Guardala Denny, non ha la faccia da sesso?>
Questa volta mi volto verso di lui, e lo vedo mentre studia il mio viso.
<Ha la faccia da sesso.>
Conferma, annuendo, e Betty inizia a battere le mani.
<Lo sapevo.>
Scatta in piedi e si getta su di me, abbracciandomi e facendo ricadere entrambe a gambe all’aria.
<Non avevi appena messo lo smalto?>
Le ricorda Daniel.
<Fottiti, imbecille.>
Che bello l’amore tra i miei amici.
Betty mi libera dall’abbraccio, e si sistema di fronte a me.
<Voglio i dettagli.>
Sorrido timida, mentre lei attende impaziente, con le mani sulle ginocchia incrociate.
<Dio, no.>
Danny si stacca dalla porta e fa qualche passo, ancora con le braccia incrociate.
<Tu torna sul cesso.>
<Col cazzo.>
Libera le braccia e si lascia ricadere anche lui per terra, accanto a Betty. Adesso entrambi attendono un mio resoconto.
<Abbiamo fatto sesso.>
Ammetto alla fine, deglutendo.
<Più di una volta.>
Non mi è mai pesato parlare di certe cose con i miei amici, anzi, ne abbiamo sempre parlato apertamente e senza vergogna. Ma questa volta…
è come se certe cose le sentissi troppo mie per raccontarle, troppo nostre.
<Sei andata lì ieri pomeriggio.>
Fa notare Daniel, rammentando il giorno precedente.
<Avete fatto sesso per tutto questo tempo? Solo sesso?>
Gli occhi di Betty si illuminano, e riprendere a battere le mani.
<Stupendo!>
Esclama, euforica come se fosse successo a lei.
<Ma no.>
Nego la loro teoria.
<Abbiamo anche fatto un bagno.>
Solo in questo momento mi rendo conto del fatto che abbiamo fatto ben poco oltre al sesso. Ma la cosa non mi dispiace affatto.
<Ah, certo, un bagno.>
Daniel guarda prima a destra e poi a sinistra, evitando di sottolineare il fatto.
<E com’è stato?>
Chiede la mia amica, sbarrando gli occhi e venendo più vicina.
<Ci sa fare, non è così?>
Scoppio a ridere, mentre lei annuisce e sorride, convinta.
<Tu hai qualche rotella fuori posto.>
La rimprovera il nostro amico.
<Cosa ne vuoi sapere tu di buon sesso, stupido idiota?>
Incrocio le braccia e mi preparo per l’inizio di un altro round.
<Vorresti una dimostrazione?>
Punto per Danny.
<Piuttosto mi faccio uno shot di cianuro.>
Uno pari, decisamente.
<Certo, perché tu preferisci scoparti quelli con il quoziente intellettivo di un criceto.>
A questo punto Betty si gira per guardarlo sorto, e Daniel le sorride convinto di avere la vittoria in tasca.
<Se così fosse, tu ti saresti già risvegliato nel mio letto una mattina di queste.>
<Dovresti drogarmi e legarmi per farmi arrivare nel tuo letto.>
<Non ti farebbe male una bella scopata, per una volta.>
<E saresti tu? Non farmi ridere.>
<Te la sogni una come me, mio caro.>
<Sai che incubi.>
<Mandy?>
Betty richiama la mia attenzione, mentre io ero presa ad osservarli con gli occhi a fessura, notando dettagli che mi erano sempre sfuggiti.
Forse, in questo momento, ho appena notato qualcosa che loro ignorano ancora.
<Puoi cercarmi su Google il modo più facile e veloce per uccidere una persona, senza lasciare prove?>
Scoppio a ridere, mentre Danny si fa serio di colpo.
<Sei una pazza.>
<Pazza strega del villaggio.>
Betty si rigira per fargli la linguaccia, mentre lui si alza dal pavimento, contrariato.
<Mi fai paura.>
Si incammina verso il corridoio, e Betty sorride soddisfatta.
<Ti conviene chiudere la porta della tua camera a chiave, la notte.>
Lui le fa il dito medio prima di sparire davvero nella sua camera, e lei si da una pacca sulla spalla. Ha decisamente vinto.
<Torniamo a noi.>
Riporta l’attenzione su di me, e mi prende le mani tra le sue.
<Allora, com’è stato?>
Sorrido, ripensando a tutto quello che è successo.
<È stato...>
Cerco le parole adatte per descriverlo, ma parole scontate e terrene sarebbero riduttive.
<Fuoco puro.>
Dico alla fine, sentendo ancora il corpo in fiamme.
<E ghiaccio che ti graffia la pelle.>
Ripenso ai segni che ho lasciato sulla sua schiena, marchi che segnano il mio passaggio.
<Ma anche vita, vita pura. Come morire e poi rinascere.>
Mi tornano in mente i nostri respiri che vibrano all’unisono, le nostre anime invisibili che danzano.
<È stato come fluttuare tra le costellazioni, diventare parte di esse e perdersi nell’universo.>
D’improvviso percepisco le sue mani ancora su di me, il calore del suo tocco e la forza del suo morso.
<È stato così tante cose insieme che...>
La sua bocca che tratta la mia come se fosse la porta per il paradiso, le sua lingua che percorre le colline del mio corpo, e il suo cuore che si incastra con il mio.
<...che mi scoppia il cuore.>
Concludo, ormai schiava dei ricordi, quasi sul punto di iniziare a correre di nuovo da lui.
<Sei felice?>
Mi domanda lei, spiazzandomi e riportandomi alla realtà.
Ci penso un attimo, come se la felicità fosse un’emozione così sconosciuta per me da non riuscire a riconoscerla.
<Ti senti come se avessi trovato il tuo posto nel mondo, come se si stesse inchinando a te?>
Prova a spiegarmi, comprendendo le mie difficoltà.
<Ti senti leggera come una farfalla? Hai l’impressione di poter arrivare toccare la luna compiendo solo un salto?>
Analizzo le sue parole e poi le mie sensazioni, ma fatico ancora a lasciar andare ciò che sento dentro.
<Hai paura?>
Mi chiede alla fine, e questa domanda mi giunge più chiara delle altre.
<Si.>
Ammetto.
<Si, ho paura.>
Lei mi sorride, stringendo un po' di più le mie mani.
<Allora sei felice.>
Sorrido anche io, inclinando la testa.
<Perché?>
<Perché certe cose se non ti fanno paura vuol dire che non sono abbastanza grandi.>
Si rialza dal pavimento, e prende a controllarsi le unghia, per accertarsi che siano ancora tutte intere.
<Che c’entra questo con la felicità?>
Si avvicina al tavolino e recupera una lima, poi inizia a sistemare le unghia di qua e di là.
<Niente fa più paura della felicità.>
Afferma poi, gettando la lima sul tavolino.
<Forse neppure la morte.>
Mentre lei si allontana, io resto sul pavimento a ragionare su ciò che ha appena detto.
È vero.
Per assurdo, spesso ci ritroviamo ad essere terrorizzati dalla felicità.
La cerchiamo per tutta la vita, in lungo e in largo, senza sosta. La cerchiamo nelle persone, nei luoghi, nelle amicizie o nelle passioni.
La vediamo come l’obbiettivo da raggiungere, la meta lontana, la punta dell’iceberg. Trascorriamo il nostro tempo a scalarlo, partendo dagli abissi dell’oceano, in apnea sott’acqua.
Ma, quando effettivamente raggiungiamo la vetta, ci ritroviamo terrorizzati.
Che fare una volta raggiunta la meta? Puoi partire per un altro viaggio, alla ricerca di cosa?
E se, una volta arrivati in cima, ci rendessimo conto di come si stava meglio prima? Se all’improvviso, una volta lì, ci accorgessimo di essere comunque insoddisfatti?
Una vita sprecata, alla ricerca di un diamante, ma quando finalmente lo troviamo si sgretola tra le mani. Quanto vale la felicità, a quel punto?
Potresti comunque dire di essere felice?
È per questo che stimola terrore.
Perché poi, durante la scalata, ti abitui al clima e impari a sopravvivere.
Sai che, qualunque cosa succeda, c’è una meta all’orizzonte e tu non puoi fermarti. Ma una volta tagliato il traguardo, che ti resta?
Forse, ad un certo punto, ti accorgi che la felicità non stava oltre quel traguardo.
Capisci che l’hai trovata più volte durante il tuo viaggio, e magari te la sei persa perché non la ritenevi importante. C’è di più, ti ripeti, può esserci di meglio.
A volte ti abitui così tanto a stare al buio, sotto la pioggia, che l’idea del sole ti terrorizza. È così insegui un sogno disperato, alla ricerca di qualcosa che sai che non arriverà mai. E lo fai perché non vuoi fermarti, perché l’idea di ammettere che la felicità possa trovarsi in altri luoghi ti fa sentire senza uno scopo.
E poi, alla fine, inizi a credere di non meritartela.
Non la merito, ripeti e ripeti, non fa per me.
È così ti abitui a stare senza, e l’idea di trovarla ti fa così paura che smetti di cercarla.
Perché per cosa dovresti lottare poi, una volta trovata quella?
Per questo terrorizza, perché non sappiamo come sarà dopo averla trovata.
Quando esco dall’appartamento di Danny e Betty, qualche ora più tardi, dopo aver pranzato ed essermi goduta la compagnia dei miei amici, osservo il cielo azzurro e sorrido.
Cosa c’è dopo? Mi chiedo.
Il cellulare vibra nella tasca dei miei jeans, dopo aver recuperato lui e i miei vestiti dall’armadio di Betty mi sento decisamente più soddisfatta, e pronta per tornare a casa.
Tiro fuori il cellulare e lo sblocco per recuperare la notifica.
Da: Logan Harris
A: Amanda Martin
Oggetto: in procinto di impazzire
mi manchi già.
Un sorriso spontaneo mi nasce sulle labbra, e quando mi incammino verso casa il vento gioca con i miei capelli.
Da: Amanda Martin
A: Logan Harris
Oggetto: Stupido impaziente
L’ultimo dell’anno, a mezzanotte. Trovami.
E mentre premo il tasto invio, e rimetto il cellulare in tasca, lo comprendo con più chiarezza.
Ho paura.
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Bluff
RomanceLa vita a volte somiglia ad una partita di poker, e Amanda lo sa bene. Per questo motivo ogni giorno mette in pratica gli insegnamenti di Ethan, il suo primo amore. Ethan le ha insegnato tutto sul poker, regole e trucchi, e Amanda custodisce le su...