Se esisti, rispondi

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Possiamo ancora vedere la luce di stelle
che non esistono più da secoli.
Così ancora ti riempie e folgora
il ricordo di qualcuno che hai amato
per poi vederlo andar via.

Khalil Gibran





<Che amore vorresti?>
La domanda di Ethan mi spiazza e, per qualche motivo a me sconosciuto, mi fa battere forte il cuore.
<Tu vai bene così come sei.>
Lo tranquillizzo, accarezzandogli i capelli.
Siamo ancora distesi sulla sua coperta, in quella stanza vuota del Saudade’s.
Dopo quello che abbiamo condiviso, mi sento stanca, ma anche  felice. È una felicità strana, mai provata prima, mi fa sentire come se avessi il mondo intero chiuso in un pungo.
<Non intendo questo.>
Parla in un sussurro, alzandosi su un gomito per guardarmi meglio.
<Se immagini l’amore, come lo immagini? Come lo vorresti?>
È una domanda insolita, eppure curiosa.
Se penso all’amore, mi vengono in mente un sacco di cose, forse perché lo rivedo dappertutto.
Per me, l’amore si trova in tutto il mondo, volteggia e brilla nell’aria. Bisogna solo saper guardare.
<Lo vorrei...>
Mi prendo un attimo per rifletterci, e so già che parole comuni e scontate non sarebbero adatte.
<Pigro.>
Aggiungo, sorridendo compiaciuta.
<Pigro?>
Ethan sbuffa una risata, e inizia a giocherellare con una ciocca dei miei capelli, sdraiati anche loro sulla coperta.
<Ma non pigro nel vero senso della parola, non noioso e senza voglia.>
<Allora come?>
Mi perdo a guardare il soffitto, mentre lui mi accarezza i capelli e aspetta.
<Senza fretta, senza la premura di dover dare tutto subito. Pigro nel senso di lento, che si concede il tempo di scoprire, piano.>
Gli spiego, e per un attimo mi chiedo se abbia senso. Ma lui non mi giudica, anzi, mi guarda sorridendo.
<E poi, cos’altro?>
<E poi...>
Ci rifletto ancora, accarezzandomi la pancia con le dita.
<Curioso.>
<Ah, si? Cioè?>
Chiede, consapevole che non mi fermerò al semplice significato letterale.
<Cioè che non si ferma all’apparenza, che non pone domande scontate come: “qual è il tuo colore preferito?” Curioso, che abbia la voglia di scoprire quelle parti di me che forse non conosco neppure io.>
Sorrido compiaciuta, vedendo ancora le stelle sul soffitto spoglio.
<Che altro?>
Domanda ancora, mentre io mi rendo conto che lui è esattamente la definizione di ciò che ho appena spiegato.
<Vorrei...vorrei che fosse in grado di stupirsi anche per le cose abituali. Vorrei che si incantasse a guardarmi dormire, o che sorridesse quando mangiando un panino mi coloro la bocca con la salsa.>
A lui scappa da ridere, ma non come se mi stesse prendendo in giro.
<E poi?>
Chiede, senza commentare, e io sorrido mentre mi si forma un nodo allo stomaco.
<E poi vorrei che si innamorasse dei miei occhi, ma non del semplice fatto che siano belli, ma che ci vedesse qualcosa dentro che non vede nessun altro.>
Le sue dita si incastrano tra i miei capelli, e la sua mano libera si posa sulla mia ancora sulla pancia.
<Poi?>
<Vorrei che notasse quanto amo la vita, e il mondo. Vorrei che si accorgesse di quanto amo la musica, così tanto che senza sarei persa, così tanto che la sento scorrere nelle vene. Dovrebbe notare la luce che mi si accende negli occhi quando osservo un bambino giocare, o come mi commuovo quando un vecchietto sorride.>
Ride, guardandomi inclinando la testa.
<In sostanza.>
Mi giro su un fianco, incastrando i nostri sguardi.
<Vorrei che mi amasse per tutte quelle cose che la gente non nota mai in me. Non vorrei che, parlando di me, si limitasse a dire cose tipo “è bella” o “è intelligente”.  Lo vorrei in grado di vedere oltre.>
<Io lo vedo.>
Mi confessa, accarezzandomi una guancia.
<Vedo oltre. Io ti vedo.>
Lo so.
<Ethan?>
<Si?>
<Non lasciarmi andare.>
Si sdrai anche lui su un fianco, e mi attira a sé.
<Sono qui.>
<Non intendo stanotte, intendo mai. Per sempre.>
<Ovunque io vada, Amanda, ti porterò con me. Lo giuro.>
Ed io lo so, è la verità. Perché ormai i nostri cuori si sono ammanettati, e da questo non si può scappare.
Siamo legati, lo saremo sempre. In un modo o nell’altro.

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