Click

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Domani è il giorno.
Se tutto va secondo i nostri piani, domani sapremo dove si nasconde El Rey, e poi…
Dio, non so cosa succederà poi.
Ieri ho restituito il telefono, l’ho affidato a Colin in realtà, chiedendogli di riportarlo ad Ade. Lui di sicuro sa come rintracciarlo meglio di me.
Dopo aver fatto questo, io e Logan, e anche gli altri di sicuro, ci siamo concessi del tempo per “assaggiare un po’ di vita normale”, come dice il serpente.
Noi abbiamo un po’ esagerato, forse, perché a parte il momento in cui mi sono occupata del telefono, abbiamo trascorso tutto il resto delle giornate appiccicati e avvinghiati.
Sesso, amore, risate, coccole, cibo e acqua per sopravvivere.
In fin dei conti, è un buon modo per allontanare i pensieri.
<Allora>
Logan attira la mia attenzione, ed io alzo di poco la testa dal suo petto per guardarlo.
Siamo ancora nudi e avvinghiati sul suo letto, saranno le dieci del mattino, forse, non saprei.
La notte è stata lunga e...movimentata.
<Abbiamo ancora delle questioni da discutere, io e te.>
Si, parlare in effetti non è un attività a cui ci siamo particolarmente dedicati negli ultimi giorni.
<Da dove vorresti iniziare?>
Lo provoco salendo a cavalcioni sul suo corpo nudo, provocandogli un sussulto.
Sorride, come sempre, ed io sono già pronta per dare inizio ad un’altra lunga giornata su questo letto.
<Non così.>
Risponde, spingendomi con attenzione sul materasso e alzandosi dal letto.
Resto delusa, o lo osservo con la fronte corrugata mentre sculetta verso una cassettiera vicino alle finestre.
<Cosa fai?>
Muovo la testa a destra e a sinistra, stesa sui gomiti, cercando di intravedere cosa nasconde dentro il cassetto che ha aperto.
<Voglio giocare.>
Richiude il cassetto dopo averne estratto qualcosa che chiude in un pugno, poi torna indietro e si ferma ai piedi del letto.
<Sai cos’è questo?>
Qualcosa di piccolo e rotondo pende dalle sue dita, legato ad un filo sottile.
Lo osservo cercando di comprenderne l’utilità, ma non credo di averlo mai visto prima. La mia curiosità probabilmente mi si legge in faccia, mentre ancora osservo l’oggetto inclinando la testa, e Logan indossa il sorriso del serpente.
<È un vibratore interno.>
Quasi mi soffoco con la mia stessa saliva, tossisco e sgrano gli occhi.
Sorridendo, lui si avvicina al letto e sale in ginocchio sul materasso.
Io resto immobile a guardarlo, mentre lui mi fa allargare le gambe e si ferma davanti a me.
<Posso?>
Mi chiede, mentre io mi blocco ad osservare più da vicino l’oggetto a forma di uovo.
<Tu vuoi...vuoi...>
Balbetto, cosa che non mi succede mai quando si tratta di parlare di sesso, eppure questa cosa è...nuova.
<Vuoi metterlo dentro di me?>
Lui ride come se fossi appena giunta ad una conclusione scontata.
<È a questo che serve.>
Si siede sul letto, e dalla mano che teneva ancora chiusa a pugno scopre un piccolo telecomando. Avvicina la mano con il palmo aperto verso di me, per lasciarmi osservare meglio il telecomando nero.
Ha in tutto tre pulsanti, uno con il simbolo di accensione o spegnimento, uno con sopra un “+” e un altro con sopra il “-”.
<Questo serve per controllarlo.>
Alzo lo sguardo verso di lui palesemente confusa, porgendogli domande silenziose a cui non do voce.
<Questo va dentro di te.>
Mi spiega, aprendo il palmo della mano su cui sta il piccolo uovo.
<E a questo ci penso io.>
Alza il palmo su cui sta il telecomandato, e improvvisamente mi è tutto più chiaro.
È un gioco, un gioco nelle sue mani.
<Non devi farlo per forza.>
Dice immediatamente, quasi allarmato.
<Solo se vuoi.>
Gli sorrido, perché la sua premura nei miei confronti è così bella da commuovermi.
<Voglio farlo.>
Sentenzio alla fine, tornando a sdraiarmi sulla schiena.
Di sottecchi, riesco a intravedere il sorriso perfido che gli illumina il viso.
<Spero sia stato disinfettato, dall’ultima volta con chissà chi.>
Aggiungo, cercando di rilassarmi.
<Questa è la prima volta per tutti, anche per lui.>
Ammicca, strizzandomi un occhio.
<Stavamo aspettando te.>
Si sistema in mezzo alle mie gambe, e inizia a posarmi morbidi baci su tutto il corpo, partendo dall’ombelico. Arriva ai miei seni e li stuzzica con i denti, facendomi ansimare piano, inclinando la testa all’indietro.
Arriva alla mia bocca, passando prima dal collo con la lingua, e quando reclama le mie labbra per istinto mi inarco sotto di lui.
Intreccia la sua lingua con la mia, e mi bacia con così tanto desiderio che alla fine sento le labbra gonfie.
Quando si allontana dalla mia bocca, non la lascia abbandonata, anzi.
Ci fa scivolare dentro il piccolo uovo argentato, che è freddo e mi fa gemere, ma comunque ci chiudo sopra le labbra.
<Brava.>
Mi sussurra all’orecchio prima di estrarlo dalla mia bocca.
Una volta estratto, la reclama nuovamente, rubandomi i respiri, e prima che me ne accorga le sue dita scivolano dentro di me insieme al piccolo uovo d’argento.
Mi scappa un forte gemito, e per istinto spingo il suo corpo verso di me, graffiandogli la schiena con le unghia.
Ridendo sul mio collo, si allontana dal mio corpo e mi guarda dall’alto mentre io respiro affannosamente.
<Sei pronta?>
Mi chiede, in ginocchio tra le mie gambe.
Ancora troppo presa dal momento, con la speranza di colmare il vuoto lasciato dal suo corpo, mi porto una mano su uno dei seni e annuisco.
Senza smettere di guardarmi, preme uno dei bottoni sul telecomando e mi regala uno spicchio di paradiso.
È una sensazione strana, ma, dannazione, è fantastica.
Come un riflesso involontario, stringo le cosce e avvicino le ginocchia al petto.
<Allora, asso.>
Dice, tranquillissimo dalla sua alta posizione, mentre io evito di contorcermi come un verme.
<Hai flirtato con Ade.>
Sorride come uno che si sta divertendo da pazzi, mentre io gioco con il mio piccolo seno, proprio quello che dovrebbe fare lui invece di sogghignare.
<L’ho fatto.>
Ammetto, tra gli ansimi.
<E ti è piaciuto?>
Chiudo gli occhi e inclino la testa all’indietro, godendomi la carezza della vibrazione. Non rispondo, perché sto per perdermi negli abissi del piacere, mentre le mie mani si muovono e scoprono un corpo che è familiare ed estraneo allo stesso tempo.
<Se non rispondi divento cattivo.>
Dice il mio burattinaio, e all’improvviso la vibrazione si fa di poco più intensa, portandomi a riaprire gli occhi di colpo.
<Allora, ti è piaciuto?>
Cerco di lasciare uscire la voce tra gli ansimi, e per istinto stringo più forte le cosce.
<No.>
Butto fuori in un unico respiro.
<E a che cosa hai pensato mentre parlavi con lui?>
<A te.>
Cerco di parlare con frasi brevi e coincise, perché il piacere che mi sta infestando non mi permette di parlare oltre.
<Cosa pensavi, esattamente?>
Ci metto un po' a rispondere, e lui preme quel dannato bottone che aumenta la vibrazione dentro di me, strappandomi un urlo di piacere.
<Alle tue mani su di me...a te...a te dentro di me.>
<E l’avresti voluto in quel momento? Me, dentro di te?>
<S-si.>
Continuo a giocare con i miei seni, mentre richiudo gli occhi e mi dimeno sotto di lui.
<E adesso, lo vorresti?>
<Dio...si...>
Aumenta un’altra volta la vibrazione, e a questo punto capisco che vuole farmi impazzire.
Stronzo.
<Dimmelo meglio, Amanda.>
Come comandata da un’anima antica e primordiale, trovo le forze per alzarmi di poco dal materasso, lo afferro per le spalle e lo spingo su di me.
<Ti voglio, Logan. Ti voglio dentro di me.>
Sorride ad un soffio dalle mie labbra, sadico, provocatore, bellissimo.
<Prima dimmi un’altra cosa.>
Come se provasse piacere nel vedermi soffrire, vicino al mio orecchio sento il click del bottone e la vibrazione aumenta un’altra volta, facendomi contorcere sotto il suo corpo nudo.
<Chi è Colin?>
Se non fossi in procinto di impazzire, questa domanda mi avrebbe spiazzata e mandata in tilt. Ma io sono già in tilt, per colpa di quel maledetto telecomandato nelle sue mani.
<Colin è uno dei croupier del casinò.>
<E...>
<E amico di Ade.>
Senza alcun preavviso, la sua bocca si abbassa su uno dei miei seni, facendomi avvicinare ancora di più alla follia pura.
<Lo ha portato lui da te?>
Dice, mordendomi un capezzolo e strappandomi un gemito.
<S-si.>
Inclino la testa all’indietro e inarco i fianchi.
<E per quale cazzo di motivo>
Un altro click, e a questo punto sono vicina all’apice.
<non me lo hai detto?>
Vorrei supplicarlo, di smettere, o di torturami più di così, ma a stento riesco a parlare.
<Ti saresti arrabbiato e...>
<E?>
<A me serviva un croupier disperatamente.>
Click.
<Quanto eri disperata?>
<Molto.>
Click.
<E adesso?>
<Adesso sto...sto per impazzire.>
Click.
Click.
Click.
Ma la vibrazione non aumenta, anzi, diminuisce.
Logan si alza da sopra di me, abbandona il piccolo telecomandato sul materasso, e si avvicina all’armadio.
Io mi sento sfinita, sfinita e frustrata, c’ero quasi.
Il tonfo sordo di qualcosa che viene lanciato sul materasso accanto a me mi fa riaprire gli occhi, e quando mi alzo sui gomiti ci ritrovo il mio vestito verde lungo fin sotto al ginocchio, quello con cui sono arrivata ieri sera.
<Che cavolo fai?>
Gli chiedo, rendendomi conto che si sta rivestendo.
<Vestiti.>
Mi ordina, imprigionando quella parte di sé ancora gonfia in un paio di pantaloni neri eleganti.
<Stai scherzando?>
Mi metto seduta sul letto, sudata, accaldata, arrabbiata.
<Mi hai mentito.>
Dice, dandomi le spalle mentre indossa la camicia bianca.
<Non ho mentito, ho omesso.>
Mi difendo, mentre lui si volta e si avvicina al letto con la camicia abbottonata per metà. Appoggia i pugni sul materasso accanto ai miei fianchi e si avvicina alla mia bocca pericolosamente.
<Mentito, omesso, non fa differenza.>
Soffia, sulla mia bocca, ed io deglutisco.
<Resta il fatto che adesso sono incazzato.>
<E che cosa vuoi fare?>
Gli chiedo, e lui sorride, ma si allontana da me.
<Devo lavorare.>
Riprende ad abbottonarsi la camicia, infrangendo tutte le mie fantasie.
<E tu verrai con me.>
Si avvicina un’altra volta all’armadio per recuperare la giacca, ed io mi rassegno.
Pensa di torturarmi portandomi con lui, a guardarlo mentre si pavoneggia nelle vesti del ricco capo sexy? A me sta bene.
Mi alzo dal letto e lo raggiungo, fermandomi davanti a lui con le gambe divaricate.
<Che fai?>
Chiede, ridendo come un cretino.
<Hai detto che devo venire con te.>
<L’ho detto.>
<Bene.>
Indico lo spazio in mezzo alle mie gambe, alzando le sopracciglia per sottolineare l’ovvio.
<Toglimi questo coso.>
Lui sorride, si fa scivolare una mano in tasca, e poi mi supera incamminandosi verso la porta.
<No.>
Dice, lasciandomi immobile con le gambe divaricate.
<Quello lo tieni.>
Sgrano gli occhi e richiudo immediatamente le gambe, mentre lui fa una piccola deviazione e recupera il telecomando da sopra il letto.
<Non ho ancora finito di giocare.>

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