A volte mi capita di non riuscire ad identificare le emozioni che mi abitano dentro.
Mi capita di guardarmi nel profondo, alla disperata ricerca di un sentimento preciso, di qualcosa che prende il sopravvento su tutto il resto.
A volte non trovo niente, però.
Ci sono delle volte in cui non riesco a capire se sento dentro la felicità, la tristezza, o magari solo un po' di noia.
Alcune volte non trovo niente dentro di me, non sento niente.
Ci sono giorni in cui mi sento solo un involucro vuoto, un ammasso di carne e ossa che cammina, che si aggira per il mondo come uno spettro senza nome.
A volte mi capita di dimenticare il sapore delle mie lacrime, oppure il suono della mia risata.
Tutto diventa spento, come se il mondo perdesse i colori, oppure io guardassi tutto con disinteresse e distacco.
Mi capita spesso, in realtà, più di quanto voglia ammettere.
Praticamente mi sveglio una mattina a caso e non trovo piacere nel fare niente, tutte le mie passioni diventano prive di senso, tutto quello che di solito mi piace diventa noioso.
E così mi trascino su gambe che si muovono da sole, e guardo il mondo attraverso occhi che sembrano non appartenermi.
Eppure, in quei giorni con Logan, ho sentito tutto.
Ho assaporato ogni emozione, quelle belle e quelle brutte. Ho pianto, ho riso, ho avuto paura, ho scoperto il coraggio.
E non mi sentivo così da tanto tempo, così tanto che tutte queste emozioni insieme mi hanno quasi sopraffatta.
Non lo vedo da due giorni, e ogni tanto, durante notti prive di sonno, vorrei urlare il suo nome. Urlarlo forte, con la speranza che lui riesca a sentirmi ovunque si trovi.
La presenza di Maverick, almeno, serve a ricordami che non ho sognato quei giorni, quelle emozioni.
E le decine di colloqui che papà ha fissato per farmi impazzire mi aiutano a togliermi dalla mente gli occhi d’argento del serpente.
<Mi stai ancora ascoltando?>
Alzo la testa dal palmo della mano su cui stava appoggiata, mentre le mie palpebre lottavano per non chiudersi.
<Ma certo che ti sto ascoltando...>
Abbasso lo sguardo sul curriculum del ragazzo di fronte a me, il settimo di oggi.
Sbircio il suo nome perché l’ho dimenticato nel momento stesso in cui si è seduto.
<...Jo>
Abbozzo un sorriso nella sua direzione.
<Allora, hai mai fatto il croupier prima d’ora?>
Il ragazzo si sistema sulla sedia, nervoso. Avrà più o meno la mia età, ma dai vestiti che indossa assomiglia più che altro ad un pensionato, per non palare dei capelli tenuti all’indietro da uno spessissimo strato di gel.
<Oh no, mai. Ma imparo in fretta, te l’assicuro. Pensa che sono stato il primo della mia famiglia ad imparare a scrivere.>
Mi rivolge un sorriso smagliante, mentre io cerco di non tradurre in espressioni facciali i pensieri che mi invadono la mentre.
<Ah, si?>
Chiedo, cercando di sorridere.
<Proprio così. I miei quattro fratelli maggiori, Jess, Jody, Jaime e Allan, devono ancora imparare.>
Sorride ancora, ma stavolta io aggrotto le sopracciglia.
<Perché Allan?>
<Come prego?>
<Perché tuo fratello si chiama Allan?>
Adesso anche lui sta aggrottando le sopracciglia.
<Temo di non capire.>
<Avete tutti dei nomi che iniziano con la lettera J, perché lui ne ha uno che inizia con la A?>
Jo muove gli occhi una volta a destra e una a sinistra, come se ci stesse riflettendo.
<Non ne ho idea, in realtà, non ci ho mai pensato.>
<Oh, d’accordo.>
Concludo, sistemando il suo curriculum sotto a tutti gli altri.
<Il colloquio è terminato, grazie per essere venuto.>
Mi alzo dalla mia scrivania e mi avvio ad aprirgli la porta dell’ufficio.
<Ma...>
Jo si alza e si ferma a qualche passo da me.
<Ho ottenuto il lavoro?>
<Purtroppo no, Jo, mi spiace.>
Lui si fa scivolare le mani in tasca e si incammina verso l’uscita con lo sguardo rivolto alle sue scarpe.
<Posso chiederti perché?>
Domanda, prima di uscire.
<Perché ci serve qualcuno che non sappia scrivere, ahimè.>
<Capisco.>
Quasi mi sento in colpa per la battuta per niente divertente, e che lui non ha neppure capito.
Esce dal mio ufficio in silenzio, l’espressione di chi ha appena perso qualcosa in cui sperava da morire.
Vorrei poterlo aiutare, lui come tutti gli altri che si sono presentati negli ultimi giorni, ma purtroppo mi serve qualcuno di esperto.
Qualcuno che non darà a mio padre la possibilità di rinfacciarmi di averlo assunto.
Maverick fa capolino dalla porta, mentre io mi ero imbambolata con la mano sulla maniglia.
<A me ha fatto ridere.>
Dice sorridendo, riferendosi alla mia battuta.
Ricambio il suo sorriso, uscendo dall’ufficio e richiudendomi la porta alle spalle.
<Prendiamoci una pausa.>
Gli dico, mentre mi incammino verso il casinò e il bar.
Troviamo Daniel dietro al bancone, ma di Betty non c’è traccia, ed io non ricordo mai i loro turni a memoria, perciò non saprei dire se arriverà.
Faccio cenno al mio amico di versare due bicchieri di una qualsiasi cosa, uno per me e uno per Maverick che nel frattempo si è seduto sullo sgabello accanto al mio.
<Come stanno andando i colloqui?>
Mi chiede Danny, mentre finisce di riempirmi il bicchiere.
<Alla grande.>
Prendo un abbondante sorso, e mi sento di già rigenerata dalle bollicine.
<Figurati che Jo, l’ultimo candidato di oggi, nonché il migliore se vuoi sapere la mia, è stato il primo della sua famiglia ad imparare a scrivere.>
<Ma non mi dire.>
Maverick quasi sghignazza al mio fianco, e Danny sorride, mentre io annuisco fiera.
<Eh già. Pensa che Jess, Jody, Jaime e Allan, i suoi fratelli, devono ancora imparare.>
Questo è il turno di Daniel di aggrottare le sopracciglia.
<Perché uno di loro ha un nome con la A, mentre gli altri ne hanno uno con la J?>
Maverick sghignazza ancora al mio fianco.
<E chi lo sa, amico mio.>
Danny scoppia a ridere scuotendo la testa, io sorseggio dal mio bicchiere, rinfrescandomi la gola.
<Tutto tranquillo qui?>
<Oh, si. Solo quei due, per adesso.>
Dice, indicando due persone sedute ad uno dei piccoli tavoli da bar poco più in là.
Io e Maverick ruotiamo sui nostri sgabelli nello stesso istante, girandoci a guardare il punto indicato da Daniel.
<Cazzo.>
Maverick impreca quasi in un sussurro, mentre io sbuffo una risata.
<Li conoscete?>
<No.>
La guardia del corpo risponde per entrambi, mentre io prendo il mio bicchiere e scendo dal mio sgabello.
<Non ti azzardare.>
Mi afferra il gomito, ed io gli rivolgo un sorriso da sopra la spalla.
<Togli quella mano da lì, Mav, oppure ti depositerò un bel pugno sul naso. Anche al costo di rompermi tutte e cinque le dita.>
Daniel ride alle mie spalle, mentre Maverick lascia andare il mio braccio e avvicina la mano al suo fianco, proprio dove so per certo che si trova la pistola coperta dalla giacca nera.
Mi incammino verso il tavolo, ben consapevole dello sguardo attento che mi segue alle mie spalle.
<Come va, signori?>
Due occhi color miele, furbi e scaltri, si posano su di me.
<Ciao, zucchero.>
Ade mi sorride, dal basso della sua sedia, ed io ricambio con il sorriso più viscido che ho.
Gli allungo la mano destra, e come se l’avessimo già fatto milioni di volte, lui la stringe e ci deposita sopra un delicato bacio.
<Cosa ti porta qui, dio degli inferi?>
Lui accavalla le gambe e congiunge le mani sul tavolo, i suoi riccioli d’oro risplendono colpiti dalla luce.
<Gira voce che cercate un nuovo croupier, che fine ha fatto il precedente?>
Il nostro scambio di sorrisi velenosi non accenna ad interrompersi.
<Ha visto come divento quando mi arrabbio e si è spaventato.>
<Oh>
Prende un sorso di vino bianco dal suo bicchiere e si passa la lingua sulle labbra per raccogliere l’ultima goccia.
<Credevo che Logan l’avesse morso.>
Quasi come se fosse a conoscenza del nomignolo che gli riservo. Gli sorrido carina, e lui mi fa l’occhiolino.
<Ti serve qualcosa?>
Taglio corto.
<No, zucchero, è a te che serve.>
<Ah, si? E di cosa avrei bisogno?>
<Di un nuovo croupier, mi sembra che l’abbiamo già stabilito.>
Accenna una risata.
<Lui è Colin.>
Indica il ragazzo seduto di fronte a lui, e solo a questo punto io lo osservo.
Avrà più o meno l’età di Logan, e quando si alza per stringermi la mano deduco che lo supera in altezza di qualche centimetro.
Ha le spalle larghe, e i bicipiti muscolosi si intravedono anche da sotto il maglioncino blu. Ha i capelli color castagna, e gli occhi così chiari da sembrare fatti di ghiaccio.
<Molto piacere.>
Mi sorride, ed io mi ritrovo a fare lo stesso mentre gli stringo la mano.
A questo punto Ade svuota il suo bicchiere e si alza.
<Colin ha lavorato nei migliori casinò di Las Vegas, è il meglio a cui tu possa ambire.>
Poso nuovamente il mio sguardo sul dio degli inferi e incrocio le braccia al petto.
<E perché adesso è qui, se può ambire a posti migliori di questo?>
<Perché io so dargli ottimi consigli.>
Si incammina verso l’uscita, con le mani in tasca, lasciandomi impalata accanto a questo Colin.
<E perché mi aiuteresti?>
Ade si ferma a pochi passi dalla porta e si rigira per guardarmi.
<Perché sono gentile, zucchero, cos’altro sennò?>
Sorride ed esce.
Mi volto verso Colin, che è rimasto fermo e zitto al mio fianco, e quando lo guardo lo ritrovo a sorridermi.
<Vuoi dare un’occhiata al mio curriculum?>
Dice, porgendomi alcuni fogli.
<No.>
Gli rispondo dandogli le spalle e iniziando a camminare verso Daniel e Maverick.
<Cominci domani, adesso vattene.>
Raggiungo il bar, e vedo Maverick tenere gli occhi addosso a qualcosa che si muove alle mie spalle, lo segue finché non sparisce oltre la porta.
A questo punto prende a guardare me, mentre mi risiedo sullo sgabello e svuoto il mio bicchiere. Fa per aprire bocca e dirmi qualcosa, con lo sguardo in allarme, ma non gliene do il tempo.
<Prova a raccontare questa storia a Logan e ti faccio castrare.>
L’uomo dagli occhi color caramello ricaccia indietro le parole che stava per dire e svuota anche lui il suo bicchiere.
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Bluff
RomanceLa vita a volte somiglia ad una partita di poker, e Amanda lo sa bene. Per questo motivo ogni giorno mette in pratica gli insegnamenti di Ethan, il suo primo amore. Ethan le ha insegnato tutto sul poker, regole e trucchi, e Amanda custodisce le su...