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Avevo riaperto gli occhi dopo non so quanto tempo, ero ancora per terra e di fronte a me il muro della mia camera d'albergo. Ci avevo messo qualche istante a ricordare il perché fossi li poi il dolore mi aveva riportato alla realtà e i miei sensi si erano connessi.
Sentivo il rumore della doccia. La luce della stanza era spenta. Non sapevo dove fosse Pietro ma rimanere li voleva dire rischiare di morire e io volevo vivere.

Non so cosa fosse ma sentivo nella testa la mia stessa voce parlarmi "alzati" era il mio istinto di sopravvivenza probabilmente.
Avevo provato a muovermi ma un dolore lancinante era partito dal lato destro del corpo all'altezza delle costole togliendomi il respiro ma dovevo alzarmi.

E allora, incurante del dolore, mi ero messa in piedi. La porta del bagno era chiusa e il rumore del getto della doccia si sentiva bene, Pietro si stava lavando, forse nella speranza di lavarsi la coscienza.
C'era silenzio.
"Scappa" ancora la voce nella mia testa e avevo deciso di ascoltarla ma il dolore mi toglieva la forza di muovermi e ogni passo era agonia.
"Scappa" e allora con tutte le mie forze ero andata verso la porta della camera e l'avevo aperta facendo piano e l'avevo richiusa dietro di me.
"Vai!" Mi ero avviata verso l'ascensore. Avevo fatto quel percorso tante volte in quei giorni ma ora la distanza mi sembrava insormontabile. Il sangue mi annebbiava la vista dell'occhio sinistro e la testa pulsava forte. Sentivo un sapore di ferro anche in bocca.
"Non voltarti".
Avevo provato ad accellerare ma ero lenta ma alla fine ero arrivata all'ascensore.
Lo avevo chiamato continuando a guardare verso la mia stanza pregando che quella porta non si aprisse e che Pietro non mi corresse dietro. Il corridoio era deserto e nessuno lo avrebbe visto.

L'ascensore era arrivato e avevo subito premuto il tasto del piano terra e mi ero messa in un angolo provando a nascondermi e le porte si erano chiuse. Ero solo al secondo piano quindi sarei arrivata subito.
Le porte si erano aperte e davanti a me, finalmente un viso amico, Andrea il preparatore di Charles.

Avevo tirato un sospiro di sollievo vedendolo, forse ero al sicuro "chiamate un'ambulanza" aveva urlato lui entrando nell'ascensore tendendomi la mano che prontamente avevo afferrato.
Era comparsa anche la figura di qualcun'altro dietro Andrea e avevo fatto fatica a metterla a fuoco ma poi avevo riconosciuto Charles e dalla sua espressione avevo capito di essere messa male.
"Prendila in braccio" gli aveva ordinato Andrea e lui era entrato nell'ascensore e mi aveva sollevata facendomi perdere il respiro per qualche secondo per il dolore alle costole "piano che deve avere qualcosa di rotto" aveva detto Andrea e Charles mi guardava con degli occhi indecifrabili.
Pena? Tristezza? Rabbia? Non riuscivo a capire perché ero troppo concentrata sul dolore fisico che stavo provando.
"Spostatevi" aveva urlato Andrea a qualcuno che era seduto sui divanetti su cui Charles mi stava posando delicatamente "dove ti fa male? Avete chiamato l'ambulanza?" Andrea mi parlava ma io non riuscivo a staccare gli occhi da quelli di Charles "Franci chi è stato?" Andrea aveva continuato "Pietro" avevo risposto in un filo di voce "è nella mia stanza" avevo continuato ma facevo fatica a respirare, solo respiri corti ma cosi mi mancava l'aria "dove hai male?" Aveva chiesto ancora Andrea "qui" avevo indicato la zona delle costole a destra "posso guardare?" Mi aveva chiesto lui gentile e avevo annuito, le forze mancavano.

Mi aveva alzato la felpa mettendo in mostra il mio corpo martoriato dai calci "credo che tu abbia almeno due costole rotte" aveva detto e avevo notato un gruppo di persone avvicinarsi "Franci che cazzo è successo?" La voce di Pierre e dietro di lui anche Kika, Carlos, Lando, Max e Lewis. Non volevo parlare.

"Dov'è l'ambulanza?" Aveva continuato a chiedere Andrea "sta arrivando" avevo sentito la voce di una donna rispondere "abbiamo chiamato anche la polizia"
"Franci" avevo riconosciuto la voce di Mara "cosa è successo?" Era in ginocchio di fronte a me "Pietro" le avevo risposto con gli occhi pieni di lacrime e lei mi aveva preso le mani "tranquilla, ci siamo noi qui ora" e le lacrime avevano iniziato a rigarmi le guance.

Erano arrivati i paramedici e gli avevano lasciato lo spazio necessario.
Mi stavano misurando la pressione e qualcuno mi stava guardando la ferita alla testa "dove hai male?" Aveva chiesto il ragazzo accanto a me "ovunque" avevo risposto "chi è stato?" Aveva chiesto il poliziotto dietro al paramedico "Pietro" avevo detto per la centesima volta "chi è Pietro?" Aveva chiesto lui "il suo ex che la minaccia da mesi ma nessuno ha fatto un cazzo perché non era una situazione di pericolo! Ora cosa dite? È una situazione di pericolo?"
Aveva urlato Mara arrabbiata "dov'è questo ragazzo?" Aveva chiesto lui a me "nella mia stanza" avevo detto ma io volevo solo chiudere gli occhi "dobbiamo andare in ospedale, rimani sveglia" mi aveva detto il paramedico e insieme al suo collega mi avevano presa e caricata sulla barella "vengo con voi" aveva detto Mara e mi aveva preso per mano.

Mentre uscivamo dall'albergo avevo visto tutti i presenti guardarmi con occhi teneri.
Tutti i piloti e tutta la squadra di Sky si era radunata nella reception.
Avevo visto Federica piangere ma avevo accennato un sorriso per tranquillizzarla ma ero stanca e avevo chiuso gli occhi appoggiandomi alla barella.

Love me - Hate me - Kiss meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora